Come funziona la legge elettorale in Italia?

Ci siamo lasciati con qualche domanda: in Italia come funziona la legge elettorale? quali sono i vincoli costituzionali del nostro sistema elettivo? Siamo per la governabilità o la rappresentatività?

E’ arrivato il momento di rispondere.

La legge elettorale in Italia

parlamento legge elettorale

La Costituzione repubblicana contiene, almeno per il Senato, alcune indicazioni circa le modalità di elezione dei nostri rappresentanti: l’art. 57 della Costituzione, infatti prevede che i senatori siano eletti su base regionale; ma la legge elettorale italiana non ha rilevanza costituzionale e viene approvata come legge ordinaria, è quindi modificabile con le maggioranze parlamentari previste per qualsiasi altra legge dello Stato.

Questo è il motivo per cui molte sono state le leggi elettorali che si sono avvicendate nel tempo, ispirate sia a formule proporzionali che maggioritarie.

Storicamente il sistema proporzionale, con correttivi di vario genere, è stato quello maggiormente utilizzato, fatta eccezione per il c.d. Mattarellum, ovvero per la legge elettorale elaborata dall’odierno Presidente della Repubblica di impostazione maggioritaria entrata in vigore nel 1993 e poi abrogata nel 2005, quando venne sostituita dalla c.d. legge Calderoli.

Al momento, però, la situazione italiana della legge elettorale è particolarmente critica: infatti la legge elettorale c.d. Italicum (entrata in vigore nel luglio del 2016) è valida solo per l’elezione dei deputati, approvata sul presupposto che con la riforma costituzionale i senatori non sarebbero più stati eletti direttamente dai cittadini. Bocciata però con il referendum la modifica costituzionale, se si andasse a votare domani, avremmo due sistemi elettorali diversi:

  • l’Italicum per la Camera dei deputati
  • il c.d. Consultellum (cioè la legge elettorale riformata dalla sentenza della Corte costituzionale che ha abrogato alcune parti della legge elettorale Calderoli, meglio nota come Porcellum) per il senato.

Vediamo nel dettaglio i due sistemi.

L’Italicum

L’Italicum è un sistema elettorale proporzionale che, per favorire la governabilità, prevede alcuni correttivi :

  • doppio turno,
  • soglia di sbarramento
  • un premio di maggioranza.

Sono previsti cento collegi elettorali plurinominali, con capilista bloccati, per i restanti candidati è possibile esprimere le proprie preferenze, nel massimo di due: in questo caso, però, l’elettore dovrà votare per una donna e per un uomo, pena l’annullamento della seconda preferenza (c.d. preferenza di genere).

La lista o il partito che ottiene più del 40 per cento al primo turno (o che vince al ballottaggio se nessuno dei partiti raggiunge tale soglia al primo turno) prende il premio di maggioranza: 340 seggi su 630. I 290 seggi rimanenti saranno assegnati agli altri partiti. Se nessuno riesce a superare il 40 per cento si procede al ballottaggio tra i due partiti o liste che hanno ottenuto il maggior numero di voti al primo turno. La soglia di sbarramento minimo per entrare in parlamento è fissata al 3 per cento.

Il Consultellum

Il c.d. Consultellum è un sistema elettorale proporzionale puro con un voto di preferenza, esso prevede uno sbarramento dell’8 per cento per i singoli partiti e del 20 per cento per le coalizioni. È di fatto la parte della legge Calderoli residuata  dopo la sentenza della Corte Costituzionale che il 4 dicembre 2013 ha definito incostituzionali alcune sue parti, ovvreo quelle che assegnavano un premio di maggioranza indipendente dal raggiungimento di una soglia minima di voti e che prevedevano la presenza di lunghe liste bloccate senza preferenze (le quali non rendevano i candidati riconoscibili all’elettore).

Se queste erano state le indicazioni della Consulta, un’eventuale nuova legge elettorale avrebbe dovuto tenere conto dei principi costituzionali fatti valere contro la legge Calderoli.

I ricorsi contro l’Italicum e le prospettive di riforma

Le maggiori critiche all’Italicum riprendono le indicazioni provenienti proprio dalla Corte Costituzionale:

  • premio di maggioranza troppo alto, che secondo alcuni sarebbe incostituzionale perché non garantirebbe l’indipendenza del potere legislativo dal potere esecutivo e un’adeguata rappresentatività dell’opposizione
  • i capilista sono bloccati e sono scelti dal partito e non dagli elettori.

Inoltre, è necessario modificare l’Italicum per includervi l’elezione dei senatori ed evitare che si vada a votare con due diverse leggi elettorali che quasi certamente porterebbero a due Camere con composizioni molto diverse se non diametralmente opposte.

In ogni caso anche la nuova legge elettorale è stata posta al vaglio della Corte Costituzionale e l’udienza sulla sua legittimità costituzionale è stata fissata al 24 gennaio 2017. I  ricorsi, poi riuniti, sono stati presentati dai tribunali di Messina, Torino e Perugia e riguardano nove punti della legge, tra cui il ballottaggio, la soglia di sbarramento e il premio di maggioranza.

Inizialmente la Consulta avrebbe dovuto esprimersi il 4 ottobre, ma ha fatto slittare la decisione a dopo il referendum costituzionale per non interferire con la decisione degli elettori sulla riforma.

Il parlamento, molto probabilmente, aspetterà la decisione della Corte Costituzionale prima di modificare la legge elettorale, anche se le notizie di stampa parlano con insistenza della possibilità di riprendere il c.d Mattarellum, esempio sostanzialmente di sistema misto (tendenzialmente maggioritario con una correzione proporzionale) così composto:

  1. maggioritario a turno unico per la ripartizione del 75% dei seggi parlamentari;
  2. recupero proporzionale dei più votati non eletti per il Senato attraverso un meccanismo di calcolo denominato “scorporo” per il rimanente 25% dei seggi assegnati al Senato;
  3. proporzionale con liste bloccate per il rimanente 25% dei seggi assegnati alla Camera;
  4. sbarramento del 4% alla Camera.

Il sistema così concepito riusce tre diverse modalità di ripartizione dei seggi (quota maggioritaria di Camera e Senato, recupero proporzionale al Senato, quota proporzionale alla Camera).

Nel dibattito su quale sistema scegliere sono presenti due esigenze differenti.

Da un lato i singoli partiti hanno preferenze di tipo “tattico”: alcuni partiti, non molto radicati sul territorio, preferiscono i sistemi proporzionali  nei quali non è necessario andare allo scontro diretto per conquistare il seggio, mentre quelli che al contrario hanno una storica organizzazione territoriale  preferiscono un sistema maggioritario, dove  far valere la propria forza, concentrata in varie zone del paese e che può permetterne la vittoria in numerosi collegi.

L’altra esigenza è quella di garantire una governabilità nonostante la distribuzione attuale dei consensi,  polarizzata in 3/4  partiti o coalizioni di medie dimensioni che si dividono la gran parte dei voti senza però raggiungere singolarmente la maggioranza: in questa situazione, se si vogliono evitare le c.d.  “grandi coalizioni”, diventa in qualche modo necessario applicare una qualche forzatura attraverso i premi di maggioranza, oppure scegliere un sistema maggioritario simile a quello in vigore nel Regno Unito.

La frammentazione esistente nel paese non può che rispecchiarsi nel Parlamento ed il sistema elettorale, da questo punto di vista, non può modificare la situazione di fatto se non , come abbiamo visto, attraverso una correzione fittizia che finirebbe per assegnare la maggioranza dei seggi ad una forza parlamentare in misura ben superiore agli effettivi consensi espressi in suo favore dagli elettori.

Chi può veramente fare la differenza è ciascuno di noi votando in maniera consapevole ed informata, poichè nessuno strumento , per quanto ben fatto, nelle mani sbagliate produrrà buoni risultati.

 

Gea Arcella, notaio e responsabile editoriale di Auxilia Onlus

Gea Arcella

Nata a Pompei, dopo gli studi classici svolti a Torre Annunziata, si è laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Trieste nel 1987. Nel 2007 ha conseguito con lode un master di II livello presso l'Università “Tor Vergata” di Roma in Comunicazione Istituzionale con supporto digitale. E' notaio in provincia di Udine e prima della nomina a notaio ha svolto per alcuni anni la professione di avvocato. Per curiosità intellettuale si è avvicinata al mondo di Internet e delle nuove tecnologie e dal 2001 collabora con il Consiglio Nazionale del Notariato quale componente della Commissione Informatica . Già professore a contratto presso l'Università Carlo Bò di Urbino di Informatica giuridica e cultore della materia presso la cattedra di diritto Civile della medesima Università, attualmente è docente presso la Scuola di Notariato Triveneto e Presso la Scuola delle Professioni legali di Padova di Informatica giuridica e svolge attività formative sia interne che esterne al Notariato. E' socia di diverse associazioni sia culturali che orientate al sociale, crede che compito di chi ha ricevuto è restituire, a partire dalla propria comunità. 

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