Come difenderci dagli attentati terroristici

Anche «La Svezia è stata attaccata, si è trattato di un atto terroristico», ha dichiarato il premier Stefan Lofven mentre i soccorritori cominciavano il tragico conteggio delle vittime. Quattro i morti secondo la polizia, almeno 15 i feriti. Il portavoce della polizia della, Lars Bystrom, dichiara che il sospetto arrestato è l’autore dell’ennesimo attentato scatenato sulla popolazione europea: “La persona in questione e’ stata arrestata in qualità di colpevole… in questo caso il guidatore”. L’uomo è un 39enne uzbeko, noto alle autorità svedesi dallo scorso anno, ieri ha rubato un camion ed è piombato a tutta velocità tra i passanti nella zona dello shopping pedonale di Stoccolma alle tre del pomeriggio.

Questo attentato è solo l’ultimo di una serie di attacchi, provocati da estremisti islamici, registrati dal marzo 2016 a oggi in Europa. Sono ancora impressi nella mente gli episodi in Belgio, Francia, Germania, Regno Unito e Russia. Nel 2016 gli attacchi terroristici sono aumentati del 14%. Lo afferma l’ultimo rapporto di Aon per la consulenza globale della gestione dei rischi. Nel 2016, in tutto il mondo, si sono verificati 4.151 attentati terroristici contro i 3.633 del 2015. L’aumento più rilevante è in Europa, dove l’anno scorso ci sono stati 96 attacchi contro i 35 dell’anno precedente, anche se dobbiamo considerare che gli attentati in Occidente rappresentano solo il 3% di quelli mondiali. Mentre Medio Oriente e Nord Africa sono i paesi con più alto o altissimo rischio di attentati, soprattutto alle comunità mussulmane sciite, cristiane copte e maronite.

Bisogna però considerare che in Europa, benchè il numero sia in crescita, la forza distruttiva degli attentati è in netto calo, sia come numero di decessi provocati negli attacchi e sia come capacità strategica e tecnologica dell’organizzazione estremista islamica. Infatti i terroristi sono sempre più “lupi solitari” senza un’organizzazione e una strategia alle spalle ed agiscono da soli e senza grandi pianificazioni. Queste figure possono essere addestrate e manipolate dall’ISIS, possono far parte di gruppi online stimolati da ideologie salafite oppure sono persone isolate, psicolabili che si immolano per emulazione. Inoltre nei mesi e negli anni futuri potremmo trovare, come artefici di attentati, anche ex miliziani dell’ISIS disposti a tutto per aver perso ogni scopo e riferimento dopo la sconfitta della Stato islamico e degli altri gruppi jihadisti.

Fino ad ora la maggior parte dei terroristi erano naturalizzati da anni in Europa, piccoli criminali, noti alle autorità di polizia, senza che abbiano mai dato impressione di poter commettere attentati. Masood nel regno Unito, Anis Amri l’attentatore di Berlino, Ziyed Ben Belgacem in Francia non erano ritenuti a rischio di radicalizzazione. In altri casi ci si è imbattuti in giovani uomini o ragazzi di seconda generazione, figli di immigrati, che non hanno avuto il corretto supporto di integrazione ed hanno subito la dissociazione fra la cultura familiare originaria dei paesi arabi e quella della società in cui vivevano. Quest’ultimo aspetto crea uno disturbo psicologico o psichiatrico di personalità per la perdita di una definizione culturale, il coinvolgimento in attività di microcriminalità, istiti suicidi e la ricerca di riferimenti antisociali e antigovernativi. In ogni caso bisogna prendere atto che nella maggior parte dei casi il nemico è interno all’Europa, essendo gran parte degli attentati perpetrata da cittadini europei di fede musulmana entrati in contatto con gruppi estremisti.

Tutti questi aspetti rendono difficile la prevenzione e l’attività di intelligence. Le forze dell’ordine sono spesso in difficoltà per l’enorme numero di persone da sorvegliare. Anche l’utilizzo di mezzi e armi facilmente reperibili, come coltelli o camion da lanciare su una folla rende difficile percepire i soggetti a rischio di devianza. In Francia, secondo le autorità, sono più di 16mila le persone che potrebbero essersi radicalizzate. In Germania il numero degli estremisti islamisti è 1.600, di cui 570 considerati in grado di compiere un attentato terroristico. In Svezia un network di moschee e organizzazioni islamiche sono collegate ad organizzazioni jihadiste internazionali. La mobilitazione di jihadisti svedesi per unirsi alle file dello Stato Islamico è stata tra le più grandi d’Europa, circa 300.

Per queste ragioni molti paesi europei hanno cominciato da tempo ad avviare programmi da affiancare all’attività di intelligence, come il favorire il dialogo inter-religioso o supporti psichiatrici destinati a coloro che hanno già adottato posizioni estremiste. Numerosi dovrebbero essere i provvedimenti da prendere, sia di prevenzione nell’ambito della scuola nell’adolescenza, sia come gestione dei servizi sociali di famiglie a rischio radicalizzazione, sia nell’ambito delle comunità religiose che devono segnalare le personalità devianti. Sono però i governi che devono prendere rigidi provvedimenti sulle reti di collegamento fra moschee e Jihadisti, se queste esistono, e di espulsione per espellere i predicatori d’odio o di intolleranza, anche semplicemente di genere. Per esempio erano sempre più frequenti le denunce da parte di organizzazioni di donne musulmane svedesi di forti pressioni operate dai fondamentalisti che obbligavano le donne del quartiere a indossare il velo e a non uscire di casa se non sono accompagnate.

A meno che non si preveda la possibilità di costruire muri e confini impenetrabili su migliaia di Km o di espellere tutte le persone di fede islamica, di nessuna utilità sono i movimenti nazionalisti e populisti che contribuiscono ad asprire l’odio, il divario sociale e culturale e la frammentazione della società europea. Certo un grave problema è quello dell’identificazione dei richiedenti asilo, molti profughi sono addestrati a sfuggire alle fotosegnalazioni e al rilevamento delle impronte digitali per poter arrivare nei paesi del Nord Europa. Ma l’Europa ha come unica soluzione quello di unirsi contro l’estremismo islamico e non di dividersi in staterelli. Questi sarebbero facilmente manipolabili e ricattabili sia militarmente che finanziariamente dalle super potenze e in primis dalla Russia che tenta di introdursi nella politica europea creando accordi con Le Pen, Grillo, Salvini, Farage.

Secondo le informazioni di intelligence i rischi maggiori di attentati in territorio europeo per il 2017 sono segnalati in Turchia. La Francia, il Belgio, Svezia e il Regno Unito sono tra fra i paesi europei che hanno fornito più “foreign fighters” allo Stato Islamico e quindi anche a rischio di ricevere rientri degli stessi una volta che l’Isis sarà sconfitto.  Per quanto riguarda l’Italia, questo è unico paese ancora senza attentati islamici su suo territorio, probabilmente per il basso numero di popolazione di seconda generazione, cioè figli di immigrati arabi. In futuro il centro-nord è caratterizzato da un livello di rischio basso, il sud medio, il maggior rischio è segnalato per lo Stato del Vaticano, più volte oggetto di ripetute minacce dell’Isis. Per quanto riguarda la protezione legislativa in Italia sono stati inseriti nel codice penale nuovi reati, come quello che punisce i “foreign fighters” e i “lupi solitari”.

Dobbiamo considerare però che per sconfiggere il terrorismo, in una società fluida come quella globalizzata, dove la nostra libertà è anche quella garantita dai diritti di privacy e di spostamento, è necessario eliminare i presupposti che lo hanno fatto nascere. Il caso svedese, dove il welfere è ottimamente finanziato e sostenuto, evidenza che il fondamentalismo islamista, per l’intrinseco odio verso la civiltà occidentale, abbia come scopo quello di introdursi per destabilizzare e distruggere l’unità e i diritti da noi conquistati in secoli di guerre e sofferenze. Non possiamo però far finta di non riconoscere che la responsabilità a tutto questo e anche lo strascico delle guerre statunitensi in medio oriente, la necessità di una integrazione islamica sunnita e sciita, lo strapotere economico delle potenze energetiche e il loro rifiuto alla tutela dei diritti umani elementari. L’influenza della Russia nel tentativo di dominare l’Europa orientale per lo sfruttamento e la distribuzione del Gas. Gli effettti sulla popolazione delle dittature siriane, irachene e libiche. Il ruolo dell’Iran, dell’Egitto e infine anche e soprattutto quello di Israele.

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