Maher Shawamreh, comunico attraverso la danza tutte le culture del mondo

Parliamo di Palestina, questa volta in forma di arte. Un territorio sotto occupazione che vive le inclusioni armate ogni giorno ed ogni notte oggi ci racconta, attraverso la voce del maestro di danza e direttore della scuola di arte di Ramallah, Maher Shawamreh come comunicare la pace attraverso l’estensione dell’ anima superando così i confini dell’ intolleranza e della guerra. Maher racconta in questa intervista il suo amore per le arti, insegnando quotidianamente con il sostegno dei suoi collaboratori del teatro Orient & Dance a bambini e ragazzi la comunicazione attraverso le vibrazioni del corpo e della musica, un uomo cresciuto in uno stato d’assedio è riuscito a  creare in questa era moderna la capacità di dissolvere le parole dando vita, sul palcoscenico, ad una pace in grado di unire culture e lingue differenti. Come maestro ed artista di alto livello gli è stato consentito in questi anni di approdare in occidente attraverso i suoi spettacoli vantando così collaborazioni con artisti di svariati paesi, questo suo sapersi confrontare ed approcciare alle arti gli ha consentito di elevarsi sempre più a livello tecnico, comunicando agli spettatori la libertà attraverso la comunicazione del corpo.

Maher Shawamreh

Credits Maher Shawamreh

Quando ha avuto inizio la tua carriera nella danza e cosa ti ha fatto comprendere che fosse la tua via?

Quando ero più giovane scelsi di studiare ingegneria elettrica, la mia carriera nella danza contemporanea, invece, è iniziata ufficialmente nel 1996. Iniziai così, nel 1999, a fare qualche spettacolo in varie zone della Palestina ed altri paesi, nel mentre riuscii a mantenermi lavorando nelle officine. Negli anni seguenti, iniziarono Interpretazioni importanti con il sostegno di artisti del calibro di Mahmoud Darwish e Ghassan Kanafani. Mi resi presto conto che non mi era più consentito fuggire o distrarmi, la danza era oramai parte della mia vita e della mia mente. Tengo a chiarire a voi oggi che per me ballare non è vita, bensì è una via che mi permette di ritrovare la mia identità ed essere me stesso divenendo così parte dell’ universo, entrando in contatto con Dio. L’ uomo che sono oggi mi ha permesso di comprendere che il ballo è una cura, una medicina miracolosa.

Nel tempo gli artisti si sono dimostrati i più validi comunicatori di pace, perché pensi questo accada?

Gli esseri umani comunicano tra loro in lingue differenti, francese, arabo, italiano, spagnolo…comporta a non comprendersi totalmente e ricercare così significati differenti. L’Arte è un linguaggio universale e non ha bisogno di una grammatica specifica per essere compreso, altresì la danza rappresenta il linguaggio del corpo, muovendo sensazioni e vibrazioni essa entra in fusione tra natura ed anima. Si crea così una comunicazione con lo spirito mosso da Dio e senti che esso ti ama, mettendoti in comunicazione con la tua pace interiore. Nel momento in cui un corpo danza Dio mette in moto l’ universo, la creazione diviene il movimento stesso dando così vita ad una danza permanente. La danza e la musica danno origine all’immortalità sia per chi la sta interpretando sia per chi ne è solo osservatore.

Maher Shawamreh

Credits Maher Shawamreh

Come immagineresti uno spettacolo di danza con artisti occidentali e palestinesi? Quale musica sceglieresti? 

Come vi ho accennato prima, la danza è l’ estensione della parola di Dio attraversando il nostro corpo e dando vita ai nostri sensi, possiamo condividerla in tutte le lingue del mondo restando in ascolto possiamo sfiorare le nostre anime. Siamo in grado di riflettere noi stessi ballando, senza paura e condividendo nello stesso istante culture e lingue differenti. Questo è ciò che io cerco di trasmettere attraverso la mia arte, amo danzare con la musica dal vivo spostando non solo il mio corpo ma anche la mia anima, attraversando il pubblico che osserva la mia danza, sono convinto che essa non debba avere confini, la terra, gli alberi di ulivo, l’aquila, le rocce, il mare… una donna anziana. Bisognerebbe esprimersi liberamente nel mezzo di un mercato per compensare una mancanza interiore e lasciare che le arti possano compensarti. Insomma … questa è la mia musica in parole.

Maher Shawamreh

Credits Maher Shawamreh

Che segreto utilizzi con i tuoi studenti per rimuovere la paura di non farcela ?

I miei studenti devono essere soddisfatti di se stessi e cancellare tutto dalla mente quando danzano, solo così si puo’ essere sicuri di eliminare le tensioni, ho imparato ad estraniarmi dallo stress fuggendo lontano, quando entro in sala e vedo il primo studente tutte le mie sensazioni tornano positive ed io esisto in quel singolo momento. Se si parla di danza la collera è una parte dell’ essere umano che tende a perdersi nei movimenti, arrivando così a dissolversi totalmente. La danza è in grado di creare tolleranza e danzare senza anima è come allontanare la vita da se stessi e dal mondo che ci circonda.

Hai mai avuto paura che uno dei tuoi studenti potesse essere portato via dai militari israeliani?

Noi non abbiamo paura, siamo nati nell’ occupazione.

 

Antonietta Chiodo

Antonietta Chiodo

Antonietta Chiodo, nata a Roma nel 1976, cresciuta a Milano, nel 2003 si trasferisce a Torino collaborando con il Gruppo Abele, denunciando tra l’altro le detenzioni carcerarie dei minori e gli stati di abbandono delle popolazioni colpite dall’ AIDS. Continua il lavoro di ricerca con associazioni legate alla tutela dei minori e delle donne rifugiate in Italia, collaborando tra l’altro alla stesura di un libro della studiosa italiana Milena Rampoldi contro le MGF. Continua a scrivere articoli per il portale internazionale ProMosaik, focalizzando soprattutto sulla Palestina. Nel 2011 trascorre due mesi ad Aleppo, al fianco della popolazione colpita dalla guerra con attivisti e dottori europei volontari. Tra il 2012 ed il 2013 in Brasile sostiene la formazione culturale dei bambini delle Favelas. Scrive per Pressenza, e tutt’oggi per ProMosaik e Social News. Tra il 2014 e il 2015 segue gli sbarchi dei profughi in Calabria e le sparizioni dei bambini non accompagnati. Nell’autunno del 2016 si reca in un campo profughi palestinese. Ritornata in Italia, in collaborazione con l’attivista Dario Lo Scalzo, giornalista e video maker, prenderà vita il progetto “La Pace dei Bimbi” che la vedrà nei mesi da Aprile a Luglio 2017 impegnata nei campi profughi della Cisgiordania per far sentire la voce dei bambini, cresciuti sotto l’occupazione israeliana. 

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