“Il diritto ad evadere riflettendo”, conosciamo Davide Stocovaz

Essere esordienti oggi è difficile. Soprattutto in un ambito cinematografico e letterario. Proprio per questo quando inizia ad emergere un autore interessante è bello pensare che si è tra i primi a dargli fiducia. Ad appena trentun anni, Davide Stocovaz, nell’arco del 2016, trova la pubblicazione di tre romanzi per tre case editrici diverse. Precedentemente lo stesso autore, in veste di sceneggiatore e regista, ha realizzato due cortometraggi: “Arturo” e “La Gabbia Oscura”.

Arturo Cannarozzo

Davide Stocovaz

Veduta del set del cortometraggio Arturo.

Ma cos’è che lo distingue dal resto degli esordienti che si buttano nel cinema o a scrivere romanzi?

Certamente, con questa doppia specializzazione, ha sviluppato una scrittura molto icastica, frasi brevi e taglienti a supportare un montaggio delle scene che rende scorrevole la lettura. Ma a colpire è qualcos’altro. Qualcosa che lo stesso autore chiama “il diritto a evadere riflettendo”.

Ma andiamo per gradi. Davide Stocovaz non è ancora un autore né un regista affermato. Forse nella sua città natale, Trieste, qualcuno lo associa ancora al vincitore del Primo Premio Internazionale per la Sceneggiatura Mattador, dedicato a Matteo Caenazzo, ottenuto nel 2010.

Oppure ha avuto la fortuna di vedere “Arturo”, il suo primo cortometraggio. È la storia del rapporto che si crea tra una signora anziana e la propria solitudine, in chiave ironica.

Il suo secondo cortometraggio “La Gabbia Oscura” toglie quasi del tutto l’ironia, per affrontare un tema complesso e delicato come l’esordio psicotico. Lo stile rasenta l’horror, ma l’immedesimazione dello spettatore è potente, anche grazie all’ottima interpretazione di Giulio Settimo. Durante quei 24 minuti, lo spettatore è letteralmente immerso in una realtà filmica dove il mondo del protagonista viene stravolto, lasciando attonito anche lo spettatore.

Ma nel frattempo, Davide segue un lento apprendistato nella scrittura di racconti e di due romanzi. Aspetta parecchio prima di vederli pubblicati, tutti quest’anno. Fino ad ora la narrazione cinematografica è stata al servizio di due tematiche sociali importanti: la solitudine di un’anziana signora (solitudine con la quale convive in un modo inedito e comico) e l’esordio psicotico di un giovane ragazzo.

Ma se chiedeste all’autore cosa voleva raccontare con il primo libro, Zanne nelle tenebre (Gds Edizioni), vi risponderebbe così: “A prima vista, il romanzo risulta un horror d’azione con un subplot sentimentale, ma scavando un po’ nel profondo, nella psicologia del personaggio, ci si rende conto che vengono affrontate le tematiche dell’ambizione, della sete di fama e di denaro, risultanti così forti e intense da portare il protagonista al suo crollo sia psichico che fisico. Un po’ come succede in un mondo capitalista, a chi infine cede agli impulsi che la società propone.”

Insomma, ambizioso nella sua semplicità. Quello che lo tiene insieme è lo stile snello e immediato, che fa dell’essenzialità della parola la sua forza. Evasione che costringe a riflettere.

Zanne nelle tenebre copertina Davide Stovocaz

Così con il secondo romanzo Ombra di Morte (Edizioni Montag) affina la capacità di fare evadere il lettore. Affrontando il delicato tema della lotta tra uomo e animale, Davide Stocovaz descrive una città tranquilla come Trieste alle prese con un problema decisamente inconsueto: un serpente letale semine il panico e la morte nella città, mettendo in luce le sue contraddizioni. L’ironia e la capacità di immergere il lettore nella storia, lo portano a riflettere sull’assurdità del mondo moderno. Il serpente viene dipinto come il male da estirpare con ogni mezzo dal capo della polizia, ma allo stesso tempo lo scrittore lancia il dubbio: e se i veri animali fossimo noi?

Ad ottobre per la Franco Puzzo Editore uscirà anche “La voce ed altri racconti”. Se nei romanzi l’apprendistato di questo giovane autore può dirsi cominciato bene, nei racconti emerge la forza e la semplicità narrativa. E, perché no, brilla la sua fantasia che si incontra con diverse tematiche riflessive, dalle rinunce di un uomo che ha perso molto, essendo schiavo del suo lavoro (La voce), ad una riflessione potente sulle atrocità delle Foibe, che ancora restano come cicatrici sul Carso (L’albero del Male).

Per concludere, l’opera di Davide Stocovaz è un’affermazione del “diritto a evadere riflettendo”. Non per una scelta di poetica ragionata, ma perché l’autore ragiona e scrive così.

Arturo Cannarozzo

collaboratore di SocialNews e content curator di @uxilia Onlus

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