Spot Forze Armate 2018: quello che l’Italia sa ma che non può vedere

“Sono andato dove gli altri non volevano andare, ho portato a termine quello che gli altri non volevano fare, ho sentito il freddo morso della paura, ho gioito per un tenero abbraccio d’amore, ho vissuto quei momenti che gli altri preferiscono dimenticare, ma quando giungerà la mia ora agli altri potrò dire che sono orgoglioso per tutto quello che sono stato: un soldato”. Queste le parole che accompagnano il video preparato dal Ministero della Difesa in vista delle celebrazioni per il 4 novembre, giornata dedicata alla fine della Prima Guerra Mondiale e Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate del nostro Paese. I versi sono ispirati da una poesia di George L. Skypeck, ex veterano di guerra statunitense, artista e poeta da sempre impegnato nella commemorazione dei caduti delle diverse guerre.

Trentasei secondi di polemiche

In molte testate giornalistiche è apparsa la notizia, in queste ultime settimane, circa la bocciatura da parte del Governo in carica del suddetto filmato. Le motivazioni dietro questa decisione risultano essere legate al troppo realismo delle immagini, la maggior parte improntate su scenari bellici o comunque operativi. Il video, infatti, anche se di pochi secondi (precisamente trentasei) mostra, senza censura, le attività compiute dai nostri militari in tutti i teatri operativi, da quello marino a quello terrestre, anche se in concomitanza di esercitazioni nazionali o internazionali.

Le attuali attività addestrative infatti, in quanto improntate sulla necessità di preparare coloro che partecipano a situazioni complesse e sempre più simili alla realtà della guerra, sono l’occasione per mostrare al pubblico ciò che le nostre Forze armate, effettivamente, fanno tutti i giorni.

La sequenza delle immagini guida lo spettatore nelle realtà che un militare si trova a dover affrontare: il soccorso dell’equipaggio di un’imbarcazione in balia delle onde, l’evacuazione di un ferito per mezzo di elicottero sotto il fuoco nemico, la tragica morte di un compagno in un teatro operativo, il raid fulmineo del Gruppo Intervento Speciale (GIS) dei Carabinieri intenti a liberare una bambina presa in ostaggio. La voce narrante si fa portatrice dei pensieri degli uomini e delle donne delle nostre Forze Armate e accompagna il susseguirsi delle scene invitando il pubblico a riflettere su alcuni aspetti, primo dei quali la scelta volontaria del cittadino non solo a entrare in quel mondo ma anche di dover affrontare situazioni e lavorare in luoghi estremamente ostili.

Il primo video: un minuto nel cuore delle missioni  

Il video preso in esame risulta essere una versione modificata di un altro, della durata di un minuto, che presenta contenuti eliminati, successivamente, nello spot di trenta secondi. Secondo indiscrezioni il video era già stato montato quando a presiedere il Dicastero della Difesa c’era l’ex Ministro Roberta Pinotti, la quale però si era dichiarata scettica circa i contenuti del cortometraggio. Con la fine del Governo Gentiloni, il video non è stato più modificato ed è passato in eredità al nuovo Esecutivo.    

L’impostazione è la stessa, ma in questo è presente anche il lato umano del soldato, la paura, la speranza, ma anche la volontà di interagire con i popoli dei territori in cui i nostri militari sono chiamati a operare. Nonostante il già citato veto, gli articoli online scritti da diverse testate sull’argomento e l’iniziativa di alcuni politici, i quali hanno provveduto a pubblicare il video sulle proprie pagine social, hanno stimolato l’interesse del pubblico e ne hanno garantito la sua diffusione virale.

Cosa vuole vedere il popolo italiano quando si parla di Forze Armate?

Se da una parte durante le manifestazioni o gli open day delle caserme, in concomitanza di anniversari o celebrazioni in genere, il pubblico che vi partecipa è sempre numeroso, segno della vicinanza e della curiosità nei confronti del mondo militare, dall’altra i segnali di un malessere e di una marcata incomprensione risultano presenti e assai diffusi. Se la società chiede, soprattutto in questi ultimi anni caratterizzati da scenari sempre più dinamici e di crisi, un futuro fondato sulla pace e sulla solidarietà internazionale, di sicuro censurare ciò che l’Esercito, l’Aeronautica, la Marina e l’Arma dei Carabinieri sono chiamati a fare, non rappresenta la risposta migliore a questo appello.

Libro Bianco della Difesa: carta canta

Il Libro Bianco della Difesa, ovvero il rapporto ufficiale pubblicato dal Governo che illustra tutto quello che concerne l’ambito delle Forze armate in una prospettiva di lungo periodo, ci permette di fotografare la situazione odierna del settore. Attualmente è in vigore il documento elaborato dal Ministro Pinotti nel 2015, il quale fornisce alcuni spunti su cui riflettere. Sotto la voce Compiti e missioni delle Forze armate vengono presentati, secondo un ordine d’importanza, i compiti assegnati. Al primo posto la difesa dello Stato, non solo inteso come Territorio Nazionale, ma anche dei suoi interessi, dell’integrità delle zone sotto sovranità italiana (come le ambasciate) e dei connazionali all’estero. Al secondo la partecipazione per garantire la difesa degli spazi euro – atlantici ed euro – mediterranei, al terzo le missioni internazionali fuori area. Infine, al quarto posto, il contributo del braccio militare dello Stato per eventi di particolare emergenza e di pubblica calamità. A fronte degli oltre 7000 militari impiegati in patria (esempi di tali missioni possono essere “Strade Sicure” che garantisce la presenza costante di militari nelle città italiane e i numerosi interventi in concomitanza di calamità naturali come terremoti o alluvioni) a confronto con i 6000 al di fuori dei confini nazionali, è lecito chiedersi quale sia la vera priorità.

La qualità e la competenza dei nostri soldati, per quello che realmente fanno in teatro operativo, sono più apprezzate all’estero che in Italia. E queste attività non comprendono solo il confronto armato con le forze che sono considerate ostili, ma anche il dialogo e l’aiuto alla popolazione locale con esiti positivi come il filmato più lungo mostra. Infatti non si può provvedere alla stabilizzazione (o almeno al tentativo di rendere più stabile un Paese) se non si parte dalle esigenze della popolazione, come le cure mediche e l’istruzione.

Di che colore è la realtà?

In questi giorni un famoso regista statunitense, Peter Jackson, ha presentato il suo ultimo film. Non l’ennesimo Marvel o il sequel del Signore degli Anelli ma il risultato di un enorme lavoro – il nome del documentario è “They Shall Not Grow Old” – in cui il regista ha provveduto a restaurare digitalmente e a colorare vecchi filmati della Prima Guerra Mondiale offrendo la possibilità allo spettatore di poter vedere scene di vita quotidiana in trincea e di portare lo stesso osservatore nella cruda realtà della guerra. 

A corollario di questa riflessione è necessario porsi una domanda: nel 2018 bisogna regredire al bianco e nero per poter, in qualche modo, “addolcire” la nuda e brutale verità che i nostri militari si trovano a dover affrontare?

Enrico Malgarotto

Enrico Malgarotto nato il 19/01/93 a Venezia, ho conseguito la maturità classica e la laurea in Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Diritti Umani presso l’Università di Padova. Da sempre ho maturato vivo interesse per l’aviazione, la storia e le relazioni internazionali, perfezionato poi con il percorso di studi. Su SocialNews desidero condividere esperienze e conoscenze, con l’opportunità di approfondire la tematica dei diritti umani, che considero come il fondamento del vivere civile, da altre prospettive. 

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