#ttff18. In Libre la storia di Cedric. Esempio di fratellanza verso i migranti

Di Maria Grazia Sanna

Un racconto sotto certi punti di vista toccante e allo stesso tempo ricco di spunti di riflessione: è Libre, il documentario in proiezione lo scorso sabato 13 ottobre presso il cinema Lumiere a Bologna in occasione del Terra di tutti film Festival. Il mediometraggio, realizzato dal regista francese Michel Toesca, narra infatti la storia di Cedric, una persona comune che cerca di aiutare i migranti a raggiungere il paese di Macron, attraverso la Roya, una valle al sud della Francia.

Libre o meglio libertà

Nel 2015, la Francia ha deciso infatti di sospendere gli accordi Schenghen ripristinando i controlli nelle frontiere e quindi di rinviare tutti coloro che non avevano dei documenti regolari. Da quel momento in poi la Valle è diventata uno dei posti più frequentati per riuscire a raggiungere il territorio francese e fare richiesta d’asilo. Qui si incrociano le storie di Cedric e dei diversi eritrei e sudani che sperano di non essere rinviati in Italia. Quest’uomo decide infatti di accoglierli come fossero parte della sua famiglia: gli dà un rifugio e i rudimenti per poter costruire una nuova vita, tra cui delle lezioni base di lingua francese.

Libre si trasforma dunque, come dice anche il titolo stesso, in un vero e proprio grido di libertà, che colpisce sopratutto per la determinazione con cui viene lanciato. Lo si vede in particolare in una scena, in cui Cedric si trova su un treno con una delle famiglie. Durante l’intervento della polizia, non esita un attimo a schierarsi in loro difesa: chiede di far scendere solo lui dal treno e lasciar continuare il viaggio alla famiglia. Queste e altre immagini rendono il documentario a tratti commuovente. Inoltre emerge anche una certa sensibilità dello stesso registra Michel Toesca, nei confronti del tema. Egli stesso, pur rimanendo sempre nascosto dietro la telecamera, partecipa quando occorre, riuscendo anche sdrammatizzare la situazione evidentemente tesa.

Cedric e il conflitto tra legge e moralità

Tuttavia, al di là del lato emozionante, è opportuno sottolineare l’enfasi data al conflitto innescatosi tra legge e moralità. Se infatti per Cedric aiutare quei migranti risponde ad un giustificato senso di accoglienza e fratellanza, per la legge si tratta di un reato. Scopriamo quasi subito che Cedric è accusato di favorire la traversata illegale: egli rischia per questo motivo di essere condannato alla prigione, nonostante il suo gesto sia nato esclusivamente da un forte senso di solidarietà e umanità.

Cedric

Credits photo: glistatigenerali.com

Il documentario, in questo senso, può essere letto come una testimonianza di quanto in generale sta succedendo in altri stati d’Europa. Tra questi l’Italia. Con l’ultimo decreto sicurezza e immigrazione approvato dal Parlamento, ad esempio, non è più data per scontata l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte di chi abbia sposato un italiano. Allo stesso tempo si prevede un aumento dei fondi dedicati al rimpatrio dei migranti. Ma anche la Romania. Un uomo moldavo è stato recentemente arrestato con l’accusa di favorire l’immigrazione clandestina. E i paesi scandinavi. La Svezia ha limitato il ricongiungimento familiare e ridotto il periodo di permesso temporaneo da 3 anni a 13 mesi. La Norvegia invece è lo stato con il più alto numero di rimpatri di afghani.

“noi sappiamo che la Francia non è razzista, abbiamo sentito la televisione, i telegiornali”

Concludendo, alla luce della situazione attuale, il merito del regista diviene quello di portare una storia che si oppone a quanto sempre più spesso vediamo nei telegiornali: una cronaca di un uomo che si oppone alla politica del terrore e dell’esclusione. Inoltre sempre Michel Toesca mostra in maniera sottile quanto i media e la politica possano influenzare la nostra percezione della realtà.

A tal proposito, rimangono impresse le parole uno dei migranti intervistati nel documentario: “noi sappiamo che la Francia non è razzista, abbiamo sentito la televisione, i telegiornali; i controlli ci sono perché vogliono mettere il loro paese in sicurezza”. Ma come lo stesso regista dice in risposta al ragazzo, qual è il vero legame tra sicurezza e immigrazione? Siamo certi che in questo modo si stia proteggendo il paese o si tratta solo di un’ideologia basata sul razzismo?. Domanda retorica.

 

Maria Grazia Sanna

Nata a Sassari il 14/08/1991, attualmente studio Comunicazione pubblica e d'impresa a Bologna e scrivo per Social News cercando di trovare connubio tra teoria e pratica. Appassionata di viaggi, cultura e politiche, ricerco sempre nuovi stimoli nelle esperienze quotidiane e in quelle all'estero. Ho vissuto in Francia come tirocinante, in Belgio come studentessa Erasmus e a Londra come ragazza alla pari ma questo è solo l'inizio. 

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