Caccia: uno sport obsoleto in cui siamo tutti bersagli

Sabato 15 settembre oltre 1500 persone provenienti da tutta Italia si sono date appuntamento a Firenze in Piazza Indipendenza per partecipare alla manifestazione nazionale contro la caccia. Un lungo corteo che ha percorso le vie del centro per dire “BASTA CACCIA”.

La manifestazione è stata organizzata dalla LAC Lega Abolizione Caccia,  
ma sono state numerose le sigle animaliste che hanno aderito alla protesta: LAV, LIPU, WWF, LEAL, LEIDA, ENPA, SOS GAIA, L.I.D.A.

In rappresentanza del 68,5% degli italiani che, secondo i dati contenuti nel rapporto Italia 2016 dell’EURISPES, sono contrari alla caccia, i manifestanti sono scesi in piazza per chiedere l’abolizione di quello che, per i più, oggi è solo un hobby obsoleto, violento e molto pericoloso per gli animali, per le persone e per l’ambiente.

Significativo lo striscione realizzato dalla sezione LAC del Friuli – Venezia Giulia “cacciatori 1%, non cacciatori 99% ma siamo tutti bersagli”. Sì perché, nonostante il numero dei cacciatori sia in costante diminuzione e rappresenti  meno dell’1% della popolazione, elevatissimo è il numero delle vittime che la caccia provoca ogni anno. In Italia negli anni ‘80 i cacciatori erano più di 1.700.000; nel 2016 le licenze di caccia si sono ridotte a poco più di un terzo.

Quello che invece non diminuisce ma che ogni anno rappresenta un vero e proprio bollettino di guerra è il numero delle vittime che questo “sport” provoca. La stagione venatoria 2017/2018 (iniziata il 17 settembre 2017 e terminata il 31 gennaio 2018, comprese le pre aperture concesse da 16 regioni), ha causato 115 vittime, tra cui tre minori: 81 cacciatori (di cui 20 morti e 61 feriti) e 34 civili non cacciatori (di cui 10 morti e 24 feriti).

Stesso tragico copione pare avere anche la stagione venatoria 2018/2019: domenica 16 settembre nel padovano un ottantenne é morto a causa di un malore; una settimana dopo, nel bresciano, un uomo di 58 anni é rimasto ferito da un colpo di fucile partito accidentalmente dall’arma di un compagno di caccia.

Ad essere presi a fucilate, perché scambiati per prede, sono stati anche i volontari impegnati nelle ricerche della piccola Iushra, la bambina autistica scomparsa il 19 luglio scorso durante un’escursione nei boschi di Serle (Brescia). A nulla sono valse le richieste dell’amministrazione comunale di sospendere la caccia – per motivi di sicurezza – nelle zone interessate dalle ricerche. Colpito anche un drone dei vigili del fuoco che sorvolava il Monte Falena di Botticino.

“Bisogna forse aspettare che qualcuno si faccia male in modo serio o, peggio, che qualcuno muoia prima di intervenire?»: queste le parole pronunciate dal padre di un bambino di 10 anni impallinato da un cacciatore domenica 16 settembre mentre stava giocando nel cortile di casa a Cesena.

Purtroppo, ciò che si temeva potesse succedere è accaduto nella mattinata di domenica 30 settembre ad Apricale, nell’imperiese: a perdere la vita è stato il diciottenne Nathan Labolani, ferito mortalmente dai colpi di fucile di un cacciatore che lo ha scambiato per un cinghiale.

Ammontano invece a quasi mezzo miliardo le vittime animali della caccia a cui va aggiunto un numero imprecisato di animali domestici, come il povero Silvestro, un gatto bianco e rosso ucciso il 12 dicembre 2015 durante una battuta di caccia perché scambiato per un esemplare di volpe.
A Pontassieve (FI) un cacciatore ha ucciso Marisa, la gatta di Claudio Barbetti che ha affidato a Facebook il suo sfogo “Lunedì 17 scorso un cacciatore ha sparato alla nostra gattina Marisa. Frontalmente, mentre lei probabilmente lo guardava curiosa come faceva sempre, a pochi metri da casa. A Pontassieve, località Pievecchia. Se ne avete voglia, fate girare questo post perché certe cose vanno denunciate. Grazie“.

A volte leggendo i titoli di certi articoli si potrebbe pensare ad una macabra barzelletta; invece é tutto vero: 24 ottobre 2017 Bagnone (Massa Carrara) “Gli sembra un cinghiale e spara a un cacciatore“; 31 ottobre 2017 “Sossano: spara alla lepre ma “abbatte” una ciclista”; 21 settembre 2017 “Il consiglio di Enel. Cacciatori, non sparate vicino alle linee elettriche“.

Un grosso passo avanti nel cammino per l’abolizione della caccia, potrebbe essere l’abrogazione dell’articolo 842 del codice civile che prevede un limite legale al diritto di proprietà. Di fronte ad un cacciatore, infatti, il diritto di proprietà si comprime: il proprietario di un fondo non può impedire l’ingresso al cacciatore a meno che non lo chiuda nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o non vi siano colture in atto suscettibili di danno. Ai sensi dell’articolo 15 della legge 157/1992, il privato cittadino che voglia vietare l’esercizio della caccia su un fondo di sua proprietà deve, a proprie spese, recintarlo con un muro o con una rete metallica di altezza non inferiore a 1,2 metri oppure deve presentare richiesta motivata al presidente della giunta regionale entro 30 giorni dalla pubblicazione del piano faunistico (che avviene di norma ogni cinque anni).

In riferimento alla seconda preclusione prevista dall’articolo 842 c.c. alla pratica della caccia all’interno di un fondo (presenza di colture in atto suscettibili di danno) dovrebbe far riflettere il fatto che le specie che generalmente causano la maggior parte dei danni all’agricoltura siano proprio quelle maggiormente immesse a scopo venatorio. In pratica si tratta di un problema, diventato in alcune zone, vera emergenza la cui soluzione viene affidata proprio a chi quel problema lo ha creato ossia il cacciatore: animali immessi sul territorio per essere cacciati diventano poi nuovamente vittime dei piani di contenimento perché causano – tra gli altri – danni alle colture.

Forse, a prescindere da ogni considerazione etica, sarebbe tempo di aggiornare nel senso della modernità e della rappresentatività, una norma che appare oggi molto lontana dalle esigenze che portarono,  oltre cinquant’anni fa, alla sua emanazione.

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