Lo ius soli e il dibattito italiano

Dal 2015, da quando il decreto legge per cambiare la legislazione in materia di cittadinanza è stato approvato dalla Camera, il concetto di ius soli è entrato a far parte degli argomenti principe del dibattito politico. Secondo alcune stime ISTAT e della Fondazione Leone Moressa, che studia i fenomeni migratori, il numero di minori stranieri che potrebbe beneficiare di questa legge è di circa un milione tra chi è nato e chi invece ha già completato un ciclo di studi nel nostro Paese. Ma cos’è lo ius soli?

Lo ius soli è un’istituzione giuridica che prevede l’ottenimento della cittadinanza del Paese in cui si nasce senza tener conto della nazionalità dei genitori. Lo ius soli “puro” appena descritto in realtà non è molto usato; nell’Unione Europea, ad esempio, non è previsto in nessun Stato a differenza invece degli Stati Uniti.

Per chiarire un po’ le idee però dobbiamo tener conto che lo ius soli proposto nel decreto di legge del partito democratico, che nel 2017 si è arenato per la mancanza dei numeri necessari all’approvazione, non è quello appunto detto “puro” ma “temperato”.

La cittadinanza non è quindi, come era stato contestato, data automaticamente alla nascita a chiunque nasca nel nostro territorio, ma permetterebbe a bambini e ragazzi stranieri, nati o vissuti in Italia per molto tempo, di poter usufruire di alcuni diritti per adesso preclusi. Su questa legge è stata fatta una pesante opposizione a scopi politici sfruttando la disinformazione per quanto riguarda le linee previste veramente dal decreto. Questo, infatti, non prevede l’acquisizione della cittadinanza per i bambini nati in Italia da rifugiati appena sbarcati sulle nostre coste; come non prevede che essa venga data a chi non vive in modo stabile nel nostro Paese (pensiamo agli studenti che vengono nel nostro Paese solo per scambi universitari).

https://www.ilfoglio.it/pensieri-non-convenzionali/2018/03/13/video/ahmed-ius-soli-cure-stranieri-residenti-183836/

L’iter legislativo e la mancata approvazione del decreto

La proposta di cambiare la legislazione in ambito di cittadinanza risale al 2013 quando il Movimento 5 Stelle presentò una proposta di legge sullo ius soli. Ripreso dal Partito Democratico venne presentato alla camera dove, grazie alla maggioranza dei votanti a favore, venne approvato nel 2015. Per vederlo arrivare al senato dobbiamo aspettare però il 2017 quando il 23 dicembre venne fissata la votazione per l’approvazione del decreto. Ed è proprio in questo periodo che il dibattito politico su questo decreto si infiamma, tra chi è favorevole e chi invece si dimostra contrario; spesso aumentano anche la disinformazione della popolazione nei confronti dei contenuti del decreto. Spesso, infatti, si è fatto leva sulla paura della popolazione e sui flussi migratori per contrastare il decreto. Secondo la maggior parte delle opinioni contrarie questo avrebbe dato la cittadinanza anche a chi nasceva da una donna appena sbarcata in Italia da un barcone. In realtà, come abbiamo visto, questo non è previsto dal decreto che anzi richiede che il bambino straniero possa ottenere la cittadinanza solo se i genitori hanno vissuto per diversi anni, e in modo stabile, nel nostro Paese. Questa contrarietà ha portato alla mancanza dei numeri necessari all’approvazione, ma anche alla sola possibilità di discutere il decreto. Il 23 dicembre, infatti, in senato mancavano almeno 33 senatori per raggiungere il quorum necessario all’inizio della seduta e quindi il decreto è stato messo da parte ancora prima di venir votato.

La discussione venne quindi rinviata dopo il 4 marzo 2018 a discrezione del governo che sarebbe entrato in carica. Purtroppo vista la situazione attuale, e i partiti attualmente di maggioranza, sembra improbabile che il decreto venga riproposto nell’immediato futuro.

La legislazione attuale

Per capire meglio il dibattito che si è instaurato intorno a questo tema dobbiamo però prima capire cosa prevede la legge in vigore e i cambiamenti che il decreto vorrebbe apportare. La legislazione attuale è del 1992 quando una legge fissò lo ius sanguinis (diritto di sangue) come il parametro per l’ottenimento automatico della cittadinanza. Questo istituto prevede che solo chi nasce da entrambi o da almeno un genitore di origine italiana può ottenere direttamente già alla nascita la cittadinanza italiana. Quindi, per la legislazione attuale in realtà non è tenuto in considerazione il territorio in cui si nasce, che può essere anche lontano da quello italiano, ma solo la nazionalità dei genitori. Spesso quindi può diventare cittadino italiano anche chi in Italia non c’è mai stato, e neanche magari mai ci sarà, ma per il solo essere parte di una famiglia di origini italiane può ottenere di diritto la cittadinanza. Per chi invece nasce nel nostro Paese, o ci arriva ancora bambino, ma ha genitori stranieri la faccenda si complica un po’. In questo caso infatti la cittadinanza può essere richiesta e ottenuta solo al compimento della maggiore età. Alla maggiore età però deve essere collegato anche l’aver vissuto “ininterrottamente e legalmente” sul territorio italiano per almeno 10 anni per cittadini extra comunitari e 4 per i cittadini comunitari. Con tutte le problematiche che questo parametro può comportare tra cui i costi ingenti, si arriva a qualche centinaia di euro per ogni richiesta, che le famiglie devono affrontare.

Ius soli e ius culturae

Il decreto legge presentato prevede invece un aggiornamento dell’attuale legge; in modo da conformarsi al cambiamento della società italiana e includere e tutelare il sempre maggior numero di bambini e ragazzi stranieri residenti da anni in Italia. La legge prevedeva infatti lo ius soli, che avrebbe riguardato solo i bambini nati in Italia, e lo ius culturae.

Partendo con ordine, lo ius soli prevede quindi l’ottenimento della cittadinanza a chi nasce in Italia da genitori stranieri ma solo se uno dei due genitori vive stabilmente e legalmente in Italia da almeno 5 anni. Se il genitore non proviene dall’Unione Europea per ottenere la cittadinanza del figlio deve rispettare altri 3 parametri. La legge prevede infatti che il genitore straniero, ma residente da almeno 5 anni, debba superare un test di conoscenza della lingua italiana, debba disporre di un alloggio considerato consono e a norma di legge e debba avere un reddito superiore all’importo annuo dell’assegno sociale. Lo ius culturae invece lega la cittadinanza al compimento di un ciclo di studi nel nostro Paese. Il bambino straniero, ma nato o arrivato in Italia entro i 12 anni, potrà infatti chiedere la cittadinanza dopo aver frequentato 5 anni in una scuola italiana e aver completato almeno un ciclo di studi (elementari o medie). Lo ius culturae si applica anche a coloro che sono arrivati in Italia tra i 12 e i 18 anni ma con parametri diversi. Questi ragazzi infatti possono ottenere la cittadinanza solo se hanno abitato sul territorio italiano per almeno 6 anni e se hanno completato almeno un ciclo di studi. Parametri di cittadinanza simili sono presenti anche in molti Paesi europei come Irlanda e Inghilterra dove vige uno ius soli simile per caratteristiche a quello proposto in Italia.

Il decreto prevede anche che alcune categorie di persone siano escluse dalla possibilità di ottenere la cittadinanza per i propri figli. Non è previsto infatti che questa venga garantita ai figli dei richiedenti di protezione internazionale o umanitaria, ai titolari di permessi di soggiorno di breve durata e a tutti coloro che soggiornano nel nostro Paese per motivi di studio o formazione professionale.

Vanessa Crivellaro

Mi chiamo Vanessa ho 21 anni e abito in provincia di Padova, studio scienze politiche, relazioni internazionali e diritti umani all'università di Padova. Le mie più grandi passioni sono la lettura e i viaggi. Sono su social news perché trovo che gli argomenti trattati siano molto interessanti e spesso non molto conosciuti. Penso che i diritti umani siano di vitale importanza e mi piacerebbe vedere un maggior impegno nella loro protezione. 

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