Animali incidentati: l’obbligo di soccorso

Sempre più spesso la cronaca riporta casi di pirati della strada che investono animali e, invece di fermarsi e soccorrerli, si danno alla fuga. L’ultimo fatto in ordine di tempo è accaduto il giorno di Ferragosto a Pozzuolo (UD): un automobilista è fuggito dopo aver investito un pitbull tornando sul luogo dell’incidente una ventina di minuti dopo solo per recuperare alcuni pezzi dell’auto – tra cui la targa – che si erano staccati nell’impatto. Alcuni testimoni hanno contattato il servizio veterinario dell’ASS ma per l’animale purtroppo non c’era più nulla da fare. Questa triste vicenda offre lo spunto per affrontare il tema dell’omissione di soccorso ad animali in caso di incidente stradale.  Ancor oggi purtroppo, a distanza di oltre otto anni dall’entrata in vigore della nuova disciplina, sono tante le persone che dimostrano di non conoscere i propri obblighi.

Il soccorso stradale agli animali feriti è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico a decorrere dal 13 agosto 2010, data di entrata in vigore della legge 29 luglio 2010 n. 120 modificativa del Codice della Strada.

Il nostro approfondimento si concentra sull’articolo 31 della citata legge che ha aggiunto all’articolo 189 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 il comma 9 -bis. La prima parte del nuovo comma statuisce che “l’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, da cui derivi danno a uno o più animali d’affezione, da reddito o protetti, ha l’obbligo di fermarsi e di porre in atto ogni misura idonea ad assicurare un tempestivo intervento di soccorso agli animali che abbiano subito il danno”. La sanzione amministrativa prevista a presidio degli obblighi di cui sopra consiste nel pagamento di una somma da euro 413 ad euro 1.658. Sono destinatari dei medesimi obblighi (fermarsi e fare tutto il possibile per assicurare un tempestivo soccorso all’animale ferito) anche le persone coinvolte in un incidente. Per costoro, in caso di inadempimento, la seconda parte del comma 9-bis prevede una sanzione amministrativa da euro 83 ad euro 331. Per garantire il tempestivo intervento di soccorso richiesto dalla legge è necessario contattare il servizio veterinario dell’azienda sanitaria locale territorialmente competente; ove istituito, è possibile contattare il numero di pronto soccorso specifico e pubblico per animali feriti. Se si assiste ad un’omissione di soccorso bisogna, invece, coinvolgere le Forze di polizia (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizia locale).

Sotto il profilo della certezza del diritto, suscita qualche perplessità la scelta operata dal legislatore nell’individuazione degli animali oggetto di tutela della nuova disposizione; ai fini della configurabilità della responsabilità ex articolo 189, comma 9 -bis del Codice della Strada il mancato soccorso deve riguardare –  dice la norma – “uno o più animali d’affezione, da reddito o protetti”. Ed è proprio questa tripartizione a creare un po’ di confusione. Una definizione di animali d’affezione è contenuta nella Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia sottoscritta a Strasburgo il 13 novembre 1987 che all’articolo 1 così dispone: “per animale da compagnia si intende ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia”. Un’elencazione degli animali da compagnia è invece contenuta nell’allegato I del Regolamento (UE) n. 576/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio: cani, gatti, furetti, invertebrati ( escluse api, bombi, molluschi e crostacei), animali acquatici ornamentali, anfibi, rettili, uccelli (esemplari di specie avicole diverse da quelle di cui all’articolo 2 della direttiva 2009/158/CE),  roditori e conigli diversi da quelli destinati alla produzione alimentare e definiti «lagomorfi» . Altre definizioni possono essere contenute nelle leggi regionali o nei regolamenti comunali (ad esempio, per il Friuli – Venezia Giulia vedasi l’art. 1, comma 1 lettera a) della legge regionale 20/ 2012).

Non meno complicato appare individuare le altre due categorie. In base al criterio di interpretazione letterale, con la locuzione “animali da reddito” ci si riferisce a quelli da allevamento: bovini, ovini, caprini, suini, conigli, volatili da cortile, api. Per gli animali protetti il riferimento normativo è la Convenzione per la conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa adottata a Berna il 19 settembre 1979. In particolare, l’Allegato II elenca le “specie di fauna rigorosamente protette” mentre l’Allegato III è dedicato alle “specie di fauna protette”.

Quanto fin qui esposto in merito all’omissione di soccorso di animali inerisce al diritto civile. In taluni casi la condotta del pirata della strada può essere punita ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 544 bis c.p. in tema di uccisione di animali (o animalicidio così chiamato anche con un neologismo di matrice dottrinale) ovvero dell’articolo 544 ter c.p. in tema di maltrattamento di animali.

L’articolo 544 bis c.p. punisce con la reclusione da quattro mesi a due anni chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale. L’articolo successivo, invece, punisce chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche; la pena prevista è la reclusione da tre a diciotto mesi o la multa da 5.000 a 30.000 euro, aumentata della metà se dai fatti deriva la morte dell’animale.

Sulla configurabilità, in forma  omissiva, del reato di uccisione di animali segnaliamo la sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. III del 9 giugno 2011 n. 29543. Questi i fatti: l’imputata, dopo aver investito accidentalmente un gatto, senza necessità né giustificazione alcuna, ometteva di prestare all’animale le dovute cure ed impediva ai proprietari di accedere nel cortile per recuperare l’animale e trasportarlo presso un veterinario, cagionandone così la morte sopravvenuta dopo due giorni di agonia. Nei confronti dell’imputata il Pubblico Ministero aveva richiesto l’emissione di un decreto penale di condanna in relazione alla fattispecie criminosa di cui all’articolo 544 ter c.p. Secondo il GIP del Tribunale di Busto Arsizio il comportamento omissivo tenuto dall’imputata non integrava la fattispecie ascrittale e per questi motivi emetteva sentenza di non doversi procedere. Avverso tale sentenza proponeva ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte territoriale per violazione di legge. Gli Ermellini hanno riconosciuto la fondatezza del ricorso ed annullato la sentenza impugnata attribuendo ai fatti una diversa qualificazione giuridica: sussistendo sia l’evento morte dell’animale sia l’elemento psicologico dell’illecito penale, la fattispecie è stata ricondotta al reato di uccisione di animali previsto e punito dall’ art. 544 bis c.p.

Appena un cenno in questa sede, per completezza di trattazione, alla responsabilità del detentore di un animale domestico che causa danni a terzi:  costui infatti potrà essere chiamato a rispondere per omessa custodia e mal governo di animali. Dei danni causati dagli animali selvatici risponde invece l’ente pubblico.

Le disposizioni normative in parte qui richiamate testimoniano la crescente attenzione del legislatore all’animal law; auspicabile in futuro superare l’approccio antropocentrico in favore di una tutela degli animali in quanto esseri senzienti e non, come accade oggi, in quanto destinatari del sentimento di pietà dell’uomo.

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