Plastica negli oceani. Arrivano gli strumenti per liberarsene

Erano i primi anni Sessanta quando la plastica entrò nella moda, nell’arte e nei salotti come un materiale rivoluzionario. Oggi, a distanza di poco più di mezzo secolo, questo materiale è diventato uno dei maggiori pericoli per gli oceani. Secondo un recente documento dell’Unep, infatti, almeno 8 milioni di tonnellate di questo finiscono negli oceani. Tale massa di rifiuti costituisce un pericolo per le specie animali che possono morire ingerendone i frammenti. Per tale ragione, soprattutto nel 2018, gli studiosi hanno iniziato ad ideare degli strumenti idonei a spazzare via la plastica dagli oceani.

L’ocean Array Cleanup

Tra questi vi è innanzitutto l’Ocean Array Cleanup. Ideato da Boyan Slat, tale strumento è costituito da una catena di barriere galleggianti lunghe due chilometri e poste in favore della corrente, senza reti. Queste convogliano la plastica verso delle piattaforme che funzionano come un imbuto. Scopo di questo mezzo è quello di raccogliere almeno 5mila chili al mese di materiale presente negli oceani, che dovrà essere puntualmente portato via da una barca.

In questo modo Boyan Slat si aspetta di smaltire entro cinque anni almeno la metà del Pacific Trash Vortex. Tuttavia questo non basta se si continuano a produrre tonnellate di plastica. Tra le diverse soluzioni auspicate vi è quella di agire alla radice, limitandone innanzitutto la produzione.

plastica

La direttiva UE per ridurre la produzione di plastica

Una direttiva dell’Ue ha stabilito entro il 2025 il bando per cannucce, piatti e posate di plastica usa e getta e l’incremento del riciclo delle bottiglie. Mentre per i contenitori per bevande in plastica saranno ammessi solo se i tappi e i coperchi restano attaccati al contenitore. Tutto ciò per evitare che vi sia dispersione di micro-materiali nell’ambiente. Tuttavia tale direttiva non include ancora le reti da pesca, che sono causa del 27% dell’inquinamento marino, così come altri materiali come gli assorbenti, considerati per ora non sostituibili. 

Al di là delle mancanze notate all’interno della direttiva, si tratta comunque di un primo passo avanti verso un oceano meno inquinato.

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