Quando la violenza razziale diventa strumento politico

La tornata elettorale dello scorso 4 marzo ha sancito per la Lega Nord un successo insperato fino a pochi anni fa. Raccogliendo oltre il 17% dei consensi, Matteo Salvini e i suoi hanno sbaragliato la concorrenza, andando ad affermarsi quale maggiore partito di centrodestra e infliggendo un importante distacco di tre punti percentuali all’ormai storica alleata Forza Italia, da tempo guida dell’ala conservatrice. I risultati emersi dalle urne testimoniano l’avanzata prepotente di quelle forze populiste ed estremiste che, tra l’altro, fanno della rabbia e del risentimento nei confronti degli immigrati un loro fondamentale punto di forza, fomentando l’odio razziale, la xenofobia e incitando a gesti brutali e discriminatori nei confronti di quanti siano riconosciuti come “diversi”.

Raid razzista di Macerata: un esempio tra tanti

Quando, a fine gennaio, il corpo della diciottenne romana Pamela Mastropietro è stato ritrovato fatto a pezzi e nascosto in due trolley nelle campagne marchigiane attorno a Pollenza, gli inquirenti hanno individuato come responsabili dell’orribile omicidio tre nigeriani residenti a Macerata. Pochi giorni dopo l’arresto di Innocent Oseghale, che si ritiene essere il principale colpevole del delitto, il ventottenne Luca Traini, che non conosceva Pamela e di cui aveva sentito parlare, probabilmente, solo in seguito all’accaduto, ha sparato all’impazzata da un’auto in corsa nella zona in cui risiedeva Oseghale, in un appartamento condiviso con altri immigrati provenienti dall’Africa occidentale. Dopo aver seminato il panico tra la folla e ferito sei persone, tutte straniere, Traini è sceso dall’auto, si è legato una bandiera tricolore attorno alle spalle e, salito sul monumento ai caduti, ha fatto il saluto fascista, prima di essere fermato dalle forze dell’ordine e portato via.

I fatti di Macerata hanno certamente suscitato un grande clamore mediatico, ma sono solamente un esempio tra tanti di comportamenti violenti fomentati dall’odio e della xenofobia. E se in alcun modo si può negare l’atroce gravità dell’omicidio perpetrato dal nigeriano, per nessun motivo il raid razzista di Traini dovrebbe provocare minore sconcerto, né tantomeno trovare qualsiasi tipo di giustificazione o attenuante.

Il razzismo come cultura politica, la paura come strumento di propaganda

Il successo della Lega alle elezioni del 4 marzo ha sancito la vittoria della retorica nazionalista e anti-immigrati. Lo stesso autore della sparatoria di Macerata era un attivo militante nelle file leghiste, tanto da essere stato candidato al consiglio comunale di Corridonia nella lista affiliata al partito di Matteo Salvini appena un anno fa. L’odio propagandato dall’estrema destra incita a gesti scellerati e crudeli e li giustifica in nome della difesa della patria, necessaria, agli occhi dei militanti, per proteggere i valori “italiani” dall’invasione straniera. Lo stesso leader del carroccio, all’indomani del raid di Traini, pur riconoscendo che “chiunque spari è un delinquente”, ha affermato che la responsabilità dell’accaduto, nonché di qualsiasi altro atto di violenza, è di chi ha permesso che l’Italia si sia trasformata in un grande “campo profughi”. Il capro espiatorio, insomma, nelle parole di Matteo Salvini, sono comunque gli immigrati, anche quando diventano essi stessi vittime di agguati e ritorsioni.

Risulta evidente che quanto propagandato dalla Lega Nord stride con la logica e il buon senso e che in nessun modo una simile retorica, pur dimostrandosi un eccezionale, seppur non innovativo, strumento per raccogliere consensi elettorali, potrà mai portare alla pace e alla giustizia sociale che i suoi seguaci invocano.

Immigrazione demonizzata: come gli italiani percepiscono il fenomeno

Il Rapporto Italia 2018, pubblicato da Eurispes (l’Istituto di Studi Politici, Economici e Sociali) alla fine di gennaio, ha messo in evidenza la tendenza diffusa tra gli italiani a sopravvalutare la presenza degli immigrati nel nostro Paese e come questa sia avvertita come un possibile pericolo. Se gli stranieri sono solamente l’8% della popolazione, per la maggioranza degli intervistati questi sarebbero il doppio o addirittura il triplo del dato reale (per il 25,4% almeno un residente su quattro sarebbe straniero). Allo stesso modo, mentre solo il 3% della popolazione italiana è di fede islamica, ben due terzi degli intervistati credono che i musulmani siano molti di più. Sempre nel rapporto, si legge che un terzo degli italiani ammette di “guardare con maggior sospetto le persone dai tratti mediorientali”. Unendo questi dati a quanto riportato da un’altra indagine, quella condotta dall’Istituto Affari Internazionali (“Gli italiani e la politica estera 2017”, pubblicata lo scorso novembre), lo scenario che emerge appare alquanto preoccupante. Lo studio mostra, infatti, come gran parte dell’opinione pubblica italiana veda stretti legami tra l’immigrazione irregolare e il terrorismo e sia favorevole a rigide politiche di respingimento dei migranti (il 37,6% si è dichiarato d’accordo anche “se ciò significa esporre i migranti a trattamenti disumani nei Paesi di origine o di transito”).

Per quanto non si possa negare che i barconi carichi di profughi in cerca di salvezza sulle coste del Mediterraneo possano senz’altro fungere da perfetti cavalli di Troia e garantire l’accesso all’Italia (e all’Europa) a malintenzionati o a possibili terroristi, non si deve dimenticare che questi costituirebbero solo una frazione millesimale sul totale degli arrivi e, soprattutto, che la stragrande maggioranza degli sbarchi è costituita da persone in fuga da situazioni disperate, che non cerca il martirio, bensì la speranza di un futuro migliore.

L’invenzione del male: quando la politica giustifica l’odio

La campagna elettorale di Matteo Salvini ha fatto leva su questo diffuso sentimento di paura nei confronti degli immigrati, con l’aiuto indiretto dei media di parte che molto spesso amplificano proprio quegli stessi timori. Così, gli italiani finiscono per sentirsi minacciati da un qualcosa di inesistente, o che esiste solo in misura molto minore di quanto gli addetti ai lavori vogliano far credere, e si sentono legittimati a chiedere misure estreme per arginare questo presunto pericolo incombente. Ma, a ben vedere, per quanto diversi in termini di motivazioni, pianificazione e vastità, nulla separa gli attentati suicidi dei terroristi dell’ISIS da gesti scellerati quali quello che, a inizio febbraio, ha insanguinato le vie di Macerata. L’indignazione nei confronti di persone che, mosse dall’odio e fomentate dall’ideologia, si scagliano contro vittime innocenti non dovrebbe essere minore quando il colpevole è un cittadino italiano. Né il colore della pelle, né il Dio in cui si crede, né il far parte della maggioranza e di sentire un qualsivoglia dovere morale di proteggere la propria cultura, nulla di tutto questo potrà mai giustificare una simile violenza. Il male resta male e, come tale, va condannato.

Alessia Biondi

Nata a Parma nel 1994 e residente a Vicenza, attualmente studio Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Diritti Umani all’Università di Padova e collaboro con SocialNews come parte di un progetto inerente al mio programma di studi. Da sempre appassionata di scrittura, lingue e viaggi ho tenuto per diversi anni un mio blog personale su questi temi. Mi interesso di diritti umani, storia e attualità e coltivo una grande passione per l’Estremo Oriente e le sue culture. 

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