Squalo: è davvero un animale pericoloso?

Al mondo si registrano più vittime, ogni anno, a causa della caduta di noci di cocco che non per il morso di un pescecane.

(Mario Tozzi)

Presente negli oceani e nei mari di tutto il mondo con oltre cinquecento specie riconosciute, lo squalo (Selachimorpha) è un pesce cartilagineo predatore la cui importanza per l’ecosistema marino è intrinsecamente legata al suo valore biologico. Le incredibili qualità predatrici lo collocano al vertice della catena alimentare marina rendendolo responsabile di un delicato e fondamentale ruolo nella regolazione dell’equilibrio dei fondali: esso permette il giusto rapporto nella conservazione delle altre specie, nutrendosi in special modo degli animali vecchi o malati e diminuendo così di fatto la proliferazione di potenziali malattie infettive.

Appare chiaro dunque come la sua scomparsa comporterebbe un drastico disequilibrio nella catena trofica: senza un predatore a capo della catena alimentare i pesci erbivori aumenterebbero a dismisura, spezzando il delicato equilibrio dei fondali marini con inimmaginabili conseguenze per tutto l’ecosistema.

Purtroppo l’importanza di questo animale deve fare quotidianamente i conti con la sua possibile estinzione: la pratica di pesca intensiva denominata “finning che negli ultimi anni ha decimato le popolazioni di squali presenti negli oceani di tutto il mondo insieme all’irrazionale paura che l’uomo prova da sempre nei confronti di questi pesci, hanno suggellato un verdetto al quale non sembra esserci all’apparenza appello. Il “finning” si pratica di norma quando l’animale pescato è ancora vivo: dopo averlo issato a bordo, allo squalo vengono recise le pettorali e la pinna dorsale, poi viene rigettato in mare dove si adagia sul fondale marino morendo soffocato e diventando a sua volta preda di altri squali.

FILE – In this Jan. 3, 2013 file photo, a worker collects pieces of shark fins dried on the rooftop of a factory building in Hong Kong. For centuries, shark fin, usually served as soup, has been a coveted delicacy in Chinese cooking. In the United States, members of the fishing industry say they will dig in against 2016 legislation in Congress that proponents believe will help shut down the country’s shark fin industry for good. (AP Photo/Kin Cheung, File)

Perché si ha il terrore di questi animali e perché l’uomo li caccia in modo così indiscriminato?

L’uomo fin dalle sue origini ha sempre guardato con timore i mari e i suoi abissi intessendo storie e racconti di ogni tipo riguardo agli esseri che li abitano. Con l’avvento del cinema lo squalo è diventato suo malgrado antagonista indiscusso di diverse pellicole il cui apice per successo si raggiunse nel 1975 quando uscì “Lo Squalo” (The Jaws) che influenzò negativamente la percezione nei suoi confronti facendolo apparire come animale mangia-uomini crudele e spietato. Niente di più falso, poiché per decine di milioni di persone che frequentano i mari in cui si segnala la presenza di questi animali, avvengono in media ogni anno sessantacinque attacchi dei quali soltanto cinque o sei mortali. Questi incidenti capitano spesso perché lo squalo scambia i bagnanti per foche o leoni marini poiché la loro forma in acqua è pressoché identica: si tratta quindi di un’interpretazione errata da parte dell’animale che applica la tattica predatoria abituale su una preda sbagliata. Quando lo squalo si avvicina alle coste succede raramente che attacchi gli esseri umani, se nota la loro presenza si limita perlopiù ad andarsene o a restare incuriosito nelle vicinanze; gli attacchi veri e propri come detto sono molto rari.

A paragone, l’uomo uccide con la già citata pratica del “finning”, ovvero la rimozione delle pinne che servono per produrre una zuppa richiestissima dal mercato orientale, circa cento milioni di esemplari l’anno. Cento milioni ogni anno!

Non è certamente stato il film di Spielberg a fomentare questo tipo di mattanza, essa è opera di fantasia. Tuttavia accenna a un avvenimento eccezionale avvenuto nella realtà (La vicenda dello Uss Indianapolis, incrociatore della marina statunitense famoso per essere stato affondato da un sommergibile giapponese nelle acque del pacifico durante la seconda guerra mondiale; i superstiti per quattro giorni in balia del mare in attesa dell’arrivo dei soccorsi furono vittime di ripetuti attacchi di squalo) che purtroppo inserito nel contesto fantasioso riesce nell’intento di  consolidare la storia e di produrre efficacemente suo malgrado uno stereotipo che persiste tuttora. I successivi rifacimenti e rimaneggiamenti hanno poi con il tempo alimentato nell’opinione pubblica l’idea della fiera cattiva che si nutre di uomini e per la quale possiamo tranquillamente rinunciare a provare empatia; anche se non direttamente minacciati, la percezione che abbiamo di questo animale è di un essere malvagio e come tale fagocitiamo passivamente il male che gli facciamo quasi allo stesso modo di quando sappiamo che un sanguinario serial killer è stato appena giustiziato.

Come già detto si tratta di una paura irrazionale, ancestrale nelle sue origini e alimentata in seguito da esigenze di copione ma che di fatto giustifica il senso di indifferenza che spiega come al pari di altre specie la possibile estinzione dello squalo sia trattata con più superficialità dall’opinione pubblica rispetto ad altre il cui rischio è lo stesso ma a cui viene data certamente più attenzione.  

Il bollettino dei pescecani uccisi ogni anno che non è certo un segreto ai più, dovrebbe quindi evocare almeno un minimo di ragionamento sul fatto che forse sarebbe finalmente giunto il momento di mostrare al mondo lo squalo per quello che è: non quello che finora ci ha mostrato la celluloide ma un animale del quale non aver paura, non un sanguinario killer nemico dell’uomo ma una specie importantissima che ora giace sull’orlo dell’estinzione e il cui quotidiano sterminio attraverso la sua pesca indiscriminata, se non fermato, rischia di compromettere per sempre l’habitat marino e conseguentemente quello terrestre.

Note: Ci sono dei documentari che testimoniano la vera natura degli Squali, fra tutti “Sharkwater” (2006) per la regia di Rob Stewart. Nonostante il buon successo di pubblico e la vincita di numerosi premi internazionali il pregiudizio e la brutta fama sui pescecani continua ad aleggiare nell’opinione pubblica di tutto il mondo.

 

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