Silvio Muccino, a testa in su e sorriso smagliante!

“Una volta una mia amica mi ha scritto alla fine di una lettera: “ti spero felice e a testa in su”. Ecco forse la mia foto oggi è proprio questa: una foto in cui sorrido e guardo in alto”, questa è la foto scelta dal’attore, regista e scrittore Silvio Muccino per ritrarre se stesso.

L’autore è in libreria con il suo ultimo libro “Quando eravamo eroi”, edito da La Nave di Teseo.

E’ un romanzo che parla anche dell’amore per se stessi. Sono molteplici, comunque i temi affrontati; più di tutti, forse, il cambiamento. E’ il primo libro da solista per Silvio Muccino che ha dato, forse, una nuova prospettiva alla sua vita. Da Roma si è trasferito in Umbria, in un posto immerso nella natura e citando un film cult come Into the wild: “Cosa fai quando sei lì nella natura? Cosa fai? Vivi!”

Intervista all’autore Silvio Muccino.

Se fossi un camaleonte in che occasione ti mimetizzeresti e che cosa o che sentimento utilizzeresti per mimetizzarti?

“Che io ricordi, ho sempre cercato di mimetizzarmi solo durante le “occasioni pubbliche” nascondendomi dietro un rigoroso atteggiamento professionale, concedendo il minimo, lo stretto necessario. Lo facevo perché mi sentivo esposto. Ma “quando eravamo eroi” ha compiuto tanti piccoli miracoli nella mia vita e tra questi c’è (forse il più bello) quello di non sentire più il bisogno di difendermi. Portare in giro questa storia mi ha dato una sicurezza che non ho mai conosciuto, mi ha regalato il piacere di raccontarmi, mettermi a nudo e mostrarmi a chi mi viene a sentire esattamente come ho fatto con chi mi legge. Senza filtri o protezioni. Forse le due cose sono intimamente connesse.”

Teseo per sconfiggere il Minotauro entra nel labirinto e per ritrovare la strada si aiuta con un filo. Qual è stato nella tua vita il Minotauro da sconfiggere e cosa o chi ha rappresentato il filo?

“È una bellissima domanda perché in questi ultimi dieci anni mi è successo più volte di entrare nel mio labirinto e ho scoperto che il minotauro è spesso più di uno. È ciò che in quel momento ci permettiamo di affrontare. Forse il primo tra tutti quelli che ho fronteggiato è stato forse proprio “Silvio Muccino” il personaggio pubblico. Sentivo che era una figura imperante che non mi permetteva di crescere, di cambiare, di evolvere. Il mio filo è stato in un certo senso vivere secondo una nuova scala di valori, allontanarmi da lui, scommettere su me stesso più che sulla mia immagine. Andare contro le aspettative e coltivare una vita che non fosse fatta solo di scelte lavorative.”

Come nasce “Quando eravamo eroi”?

“Credo che in un certo senso nasca proprio da quello che ho appena detto. Nasce da un bisogno di libertà creativa, nasce dalla necessità di raccontarmi e raccontare il mondo che vivo con occhi nuovi. La scrittura in questo senso mi ha permesso un grande lusso, quello di sentirmi un esordiente privo di bagaglio. E la storia, ovviamente, parla di cambiamento e soprattutto di identità. La ricerca della propria identità non è solo ciò che mi ha spinto su questa nuova strada, ma anche ciò che muove ogni mio personaggio.”

Il tuo “eroe” preferito? Perché?

“I miei eroi preferiti non sono eroi. O meglio, lo sono nell’accezione più umana del termine. Mi innamoro sempre della zona d’ombra dei personaggi, di ciò che li rende fragili, vulnerabili, tormentati. Gli eroi per me sono quelli che riescono a trasformare queste debolezze in punti di forza. Come l’Holden Caulfield di Salinger. Il momento in cui lui attraversando la strada sperimenta per la prima volta quello che sembra un attacco di panico è una delle pagine che in questo senso più mi hanno colpito. La capacità di certi personaggi di fronteggiare il dolore e trasformarlo è ciò che per me li rende eroi.”

Alex, il protagonista del libro, dopo diversi anni richiama i suoi vecchi amici. Tu saresti pronto fare la stessa cosa con i tuoi vecchi amici?

“Credo di sì e credo che involontariamente l’ho già fatto scrivendo loro non una lettera, come Alex, ma un libro. Quando eravamo eroi è stato un modo per riprendere il filo non solo con amici che avevo perso di vista e che proprio in questo periodo sto ritrovando, ma anche con me stesso. Questo romanzo d’altra parte lo si può leggere non solo come una storia di amicizia tra persone, ma come una storia d’amicizia con noi stessi. Alex impiega più di trent’anni per fare amicizia con sé stesso ma alla fine ci riesce. E credo anche io di esserci riuscito.”

Il cambiamento è…

“Vita. Un albero cambia da un giorno all’altro, figuriamoci noi. È solo il nostro bisogno di controllo che ci rende così refrattari all’idea del cambiamento. E non mi riferisco solo al nostro, ma soprattutto a quello degli altri. Gli chiediamo di non cambiare mai perché abbiamo bisogno che loro siano il nostro punto fermo in questa vita in cui tutto si muove sotto i nostri piedi e tutto ci chiede di cambiare.”

 

Elisangela Annunziato

Elisangela Annunziato nasce a Salvador de Bahia in Brasile, ma da piccola viene adottata da una famiglia italiana. Ha effettuato diversi corsi tra cui un corso di formazione in “Organizzazione Eventi Culturali” a Firenze. Dopo la laurea conseguita presso l’università Federico II di Napoli, a ventidue anni, lascia tutto e va per motivi di lavoro negli Emirati Arabi Uniti. Tornata in Italia collabora con diverse associazioni nell’organizzazione di eventi culturali, editoriali e musicali. Da sempre impegnata nel sociale – è stata anche volontaria in Africa- idea e crea “Ti preparo un caffé”, blog che vuole raccontare l’incontro con “il diverso” (da te). E’ la sua scommessa. Oggi é una giornalista pubblicista, autrice del libro Il sogno di Francesca che tratta il tema dell’adozione. 

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