La questione curda, il nuovo nodo della guerra in Siria

Lo scorso mese gli Stati Uniti hanno annunciato la creazione di una nuova forza di sicurezza nel territorio controllato dai curdi siriani lungo il confine con la Turchia. Il presidente turco Erdogan ha subito risposto che avrebbe annientato questo nuovo “esercito di terrore” curdo. E la Siria è ripiombata nuovamente negli orrori di una guerra civile senza fine.

Barin Kobane è una donna combattente curda, il 28 gennaio viene uccisa durante il nuovo conflitto contro i turchi, faceva parte delle Unità di protezione popolare femminili (YPG). Il suo corpo è stato filmato e pubblicato in un video di propaganda turco. Hanno mutilato i seni, devastato l’addome e poi hanno esposto il cadavere come un trofeo proprio perchè donna. Una donna che non si era adattata al ruolo che l’islam prevede per il genere femminile. “Barin non si è arresa. Ha combattuto fino alla morte”, ha dichiarato Amad Kandal, portavoce delle Ypj, ricordando come lei avesse preso parte alla battaglia di Kobane nel 2014 conto l’ISIS.

Ma per comprendere cosa sta succedendo dobbiamo capire meglio lo scacchiere militare attuale. Le forze siriane a guida curda hanno raggiunto la città di Tel Abyad al confine turco. Il controllo di Tel Abyad da parte del YPG curdo (Unità di protezione popolare) e di piccoli gruppi ribelli siriani evidenzia come i curdi siriani controllano efficacemente il confine turco-siriano.

La Turchia, dal canto suo, ha combattuto i Curdi per decenni nella parte sud-orientale del paese. In particolare sta combattendo contro il Partito dei lavoratori del Kurdistan, o PKK, che ha radici separatiste. Considera il PKK un’organizzazione terroristica e vede i gruppi curdi armati siriani come un’estensione del PKK. I curdi siriani a loro volta sostengono che il loro esercito, le Unità di protezione popolare (YPG), non abbia legami con il PKK, ma è evidente che i legami esistono e che le due formazioni condividono lo stesso obiettivo a lungo termine: uno stato curdo indipendente . Non dimentichiamo il referendum curdo del 25 settembre, che ha prodotto un “sì” schiacciante per l’indipendenza, osteggiato dal governo centrale dell’Iraq e dei vicini Stati quali Iran e Turchia.

La Turchia, quindi, preoccupata per l’ingerenza curda ai propri confini, ha lanciato un’operazione militare nel nord della Siria. Le truppe di terra turche hanno attraversato il confine in Siria insieme a migliaia di combattenti dell’Esercito Siriano Libero (FSA), come parte della cosiddetta Operazione Ramo d’Olivo. Hanno inoltre già annunciato ulteriori operazioni con l’intenzione di eliminare il resto delle forze siriane a guida curda. In particolare, il presidente della Turchia Erdogan, ha affermato che l’operazione ad Afrin sarà seguita da una spinta nella città settentrionale di Manbij, dove sono presenti sia i combattenti curdi siriani ma anche plotoni statunitensi.

A man inspects a site hit by what activists said were airstrikes by forces loyal to Syria’s President Bashar al-Assad, in the Douma neighborhood of Damascus, Syria November 7, 2015. REUTERS/Bassam Khabieh

E’ incredibile come il mondo si sia già dimenticato delle eroiche azioni militari curde contro lo Stato Islamico, che hanno impedito all’ISIS di espandersi a nord-est. Si, gli Stati Uniti e tutte le forze militari alleate hanno usato i curdi per eliminare le truppe di Daesh nella Siria orientale. Gli Stati Uniti hanno fatto affidamento sull’YPG come componente fondamentale della guerra contro lo Stato islamico, e hanno sempre sostenuto le milizie curde nella Siria settentrionale lungo il confine con la Turchia.

Ma ora Washington e l’Europa abbandonano gli alleati curdi a favore della Turchia. Questa è un importante Paese in Medio Oriente, un alleato della NATO – dotato del secondo più grande esercito dell’alleanza – che controlla gli stretti che consentono l’accesso navale russo al Mediterraneo. E proprio in questi giorni Erdogan è stato accolto in Italia con tutti gli onori. l’Italia sta per confrontarsi in un dibattito elettorale dominato dal tema dell’immigrazione di cui la Turchia è un avamposto di contenimento nella rotta balcanica. L’Italia ha inoltre bisogno della Turchia per stabilizzare la Libia e per varie questione energetiche di cui la principale è il gasdotto Tap.

Anche i russi lanciano inviti alla moderazione, il che significa che anche loro non fermeranno i turchi. L’intervento russo nel 2015 ha cambiato le sorti del favore del presidente Bashar al-Assad. Grazie a loro, alla fine del 2016, l’esercito siriano ha preso Aleppo, uno dei principali campi di battaglia nel conflitto. Le forze fedeli al presidente Assad hanno quindi riguadagnato la maggior parte del territorio siriano ad eccezione della zona nord orientale ancora sotto il controllo curdo. Il regime di Damasco odia il fatto che sul suo territorio ci siano carri armati turchi, ma accetta la politica di non intervento di Mosca perché dipende ancora dal sostegno militare russo e iraniano. Tuttavia i curdi siriani hanno chiesto al governo di Bashar al-Assad di inviare truppe per aiutarli a difendersi dall’assalto turco, rivolgendo aiuto allo stesso Governo dal quale volevano separarsi e rendendo ancora più difficile l’equilibrio dell’area.

La dura realtà è che la guerra civile siriana sembra non finire mai, gli attori principali si combattono l’un l’altro, si tradiscono continuamente. La verità è che tutti mentono, ognuno ha obiettivi diversi e nascosti e nessuno sembra voler ripristinare la sicurezza nella regione. Ma per ottenere una pace duratura forse dovremmo pensare ad una strategia geopolitica per porre fine alla terribile crisi secolare che colpisce i curdi in Siria, Iraq e Turchia.

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