Giulio Regeni, dopo due anni, senza verità

Sono passati due anni dalla morte di Giulio Regeni, il ricercatore friulano ucciso a Il CairoDel caso si è parlato tanto, la verità è stata invocata tramite tv, dai giornali, da quegli striscioni con lo sfondo giallo con scritto “Verità per Giulio Regeni” appesi sulle facciate di molti palazzi comunali italiani e centinaia di scuole, enti, stabilimenti. Purtroppo, nonostante l’evidenza dei fatti, non si può ancora ritenere neppure lontanamente possibile alcun procedimento giudiziario o alcuna condanna a carico dei responsabili.

Per poter comprendere la gravità della vicenda è fondamentale avere un’idea della realtà attuale dell’Egitto, Paese dal 2013 guidato da un governo militare golpista ferocemente repressivo. Giuseppe Acconcia, docente di Scienza politica e dottore di ricerca all’Università di Londra (Goldsmiths), per anni corrispondente dal Medio Oriente per il Manifesto e altri quotidiani, autore di “Egitto. Democrazia militare”, grazie alla sua esperienza sul tema può fornire qualche contributo per avere una visione più chiara delle cose.

In un rapporto di Amnesty International del luglio 2016 viene rivelato che gli arresti di dissidenti o presunti tali in Egitto sono stati più di trentaquattromila dal 2013, mentre centinaia di persone sono state vittime di sparizioni forzate. Questi dati possono ritenersi corrispondenti alla realtà?

Credo che i numeri siano ancora più alti. Le responsabilità delle continue violazioni dei diritti umani in Egitto coinvolgono l’intero sistema di potere egiziano che ha voluto deporre la Fratellanza musulmana con il golpe militare del 2013. Al-Sisi è al vertice di questi meccanismi repressivi ma dai militari alla polizia tutti sono impegnati in arresti, torture e sparizioni forzate.

A marzo ci saranno le elezioni in Egitto e con ogni probabilità Al Sisi verrà riconfermato alla guida del paese. Ritiene che la repressione operata dal regime continuerà indisturbata?

Le elezioni di marzo hanno un risultato già scritto. Purtroppo gli egiziani non sono molto felici di questo stato di cose: stato di emergenza nel Sinai, censura dei media, leggi anti-proteste, leggi anti-terrorismo. Ricordiamo che solo nelle scorse settimane sono state eseguite quindici condanne a morte delle centinaia decise in seguito al golpe del 2013, non solo grandi attivisti ed esperti come Alaa Abdel Fattah, Mahienour el-Masry, Ismail Iskandarani continuano a restare in carcere per nuove condanne.

Sebbene non si sia arrivati ancora a una verità giudiziaria sul caso Regeni, la verità storica parla chiaro: Giulio è stato rapito, torturato e ucciso da apparati di sicurezza egiziani. Perché i governi italiani in questi due anni non hanno condannato con forza l’omicidio e i tentativi di depistaggio, e anzi, hanno fatto tornare l’ambasciatore italiano a Il Cairo? Quanto influiscono i rapporti dell’Egitto con la Libia nella passività delle autorità italiane verso la ricerca della giustizia?

Nel caso Regeni, esistono delle gravi responsabilità delle autorità italiane. L’ex premier Matteo Renzi aveva accolto a Roma al-Sisi come il modello della lotta al terrorismo. Quando il giovane ricercatore friulano scomparve non ci fu una reazione adeguata da parte delle autorità italiane che attesero troppo tempo prima di intervenire per chiederne il rilascio. Italia e Unione europea hanno sempre messo gli interessi economici con il Cairo in primo piano rispetto alla costante violazione dei diritti umani in corso nel paese.

In che termini si parla del caso Regeni nella capitale egiziana? Come è affrontata la questione dalla stampa del Paese?

Purtroppo in Egitto tutti i media indipendenti o anti-regime sono stati chiusi o messi a tacere. Un caso su tutti è la sede locale di al-Jazeera, la tv del Qatar che aveva sostenuto i Fratelli musulmani quando sono stati al potere (2012-2013), chiusa in seguito al colpo di stato. Al-Sisi ha ritenuto spesso la stampa responsabile della crisi diplomatica con l’Italia in seguito al caso Regeni. In realtà la stampa filo-regime in Egitto non ha fatto altro che contribuire ai depistaggi e alle manipolazioni volute dalle autorità locali.

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse
29-03-2016 Roma
Politica
Senato. Conferenza stampa dei genitori di Giulio Regeni
Nella foto Luigi Manconi, Paola Regeni, Claudio Regeni, Alesandra Ballerini mostrano uno striscione
Photo Fabio Cimaglia / LaPresse
29-03-2016 Rome (Italy)
Politic
Senate. Press Conference by Giulio Regeni’s parents
In the pic Luigi Manconi, Paola Regeni, Claudio Regeni

Verità per Giulio. Ma basta con la retorica ipocrita

Tutti conosciamo il caso Regeni. O quantomeno tutti dovremmo. Perché la storia di Giulio non è mera cronaca nera internazionale, ma un altro lampante esempio di quanto ancora oggi in Italia la realpolitik e la ragion di Stato siano spesso al di sopra della difesa dei cittadini e, soprattutto, della giustizia. Senza dubbio la verità va ancora cercata, richiesta, pretesa. Ma senza perdere di vista la realtà dei fatti.

Nel racconto degli ultimi sviluppi del caso, la vicenda viene delineata con i tratti di una spy story inglese nella quale i colpevoli vengono ricercati a Cambridge. Il silenzio dell’ateneo, i tanti “non ricordo” della tutor Maha Abdelrahman alle domande delle autorità giudiziarie italiane ottenuti dopo ben tre rogatorie, l’assegnazione di un tema di ricerca consapevolmente rischioso, certo non sono elementi trascurabili, che legittimamente suscitano indignazione. Ma Giulio venne torturato per giorni e ucciso da professionisti al servizio dello Stato egiziano, presso il quale il governo Gentiloni non ha esitato a rimandare l’ambasciatore italiano lo scorso agosto.

L’Egitto è un partner strategico per l’Italia, troppo importante per compromettere i rapporti esigendo chiarezza su ciò che è accaduto due anni fa. e i nomi di chi ha ucciso uno studente universitario, un ragazzo come tanti altri che lo scorso 15 gennaio non ha potuto compiere il suo trentesimo compleanno.

La madre di Giulio, dopo aver visto il corpo senza vita del figlio, dichiarò: “L’hanno usato come se fosse una lavagna. Ho riconosciuto Giulio dalla punta del naso. Su quel viso ho visto tutto il male del mondo”. A nulla sono serviti gli appelli della famiglia a tutte le autorità, perfino al Pontefice, per far luce sui colpevoli. Gli autori di quel male non sono ancora stati puniti. Ed è fondamentale, per non perdere il senso della realtà, ricordare che finché la volontà di far luce sulla vicenda e gli sforzi per raggiungerla non si intensificheranno, nessuna fiaccolata, nessuno striscione, nessuna sacrosanta richiesta di verità potrà avere la meglio.

Irene Cosul Cuffaro

rene Cosul Cuffaro nasce a Padova nel 1992. Fin da piccola è chiaro che la sua caratteristica più grande è la curiosità, che la spinge sempre a leggere, informarsi e discutere. Laureata in scienze politiche, relazioni internazionali e diritti umani, studia un anno presso l’Università di Siviglia grazie al progetto Erasmus e lavora a Granada, prima di laurearsi al corso di laurea magistrale Studi Europei. Amante dei viaggi e sempre alla scoperta di posti e culture nuove, si interessa principalmente alla storia, alle tematiche di genere, all’attualità. I diritti umani sono per lei, oltre a oggetto di studio, un elemento inviolabile di ogni essere umano, un tema di dibattito appassionante e stimolante. 

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