Glifosato, l’erbicida più utilizzato al mondo, tra polemiche e incertezze

Gli Stati membri dell’Unione europea hanno rinnovato per cinque anni l’autorizzazione all’utilizzo del glifosato, l’erbicida più utilizzato al mondo, da anni oggetto di sospetti e timori. Anni di polemiche sull’uso del composto chimico in agricoltura, che molti ritengono essere cancerogeno per l’uomo. Anche le Agenzie internazionali (come l’Autorità europea per la sicurezza alimentare EFSA, l’Agenzia europea delle sostanze chimiche ECHA, L’Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti US EPA, L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro IARC) danno pareri contrastanti in merito alla cancerogenicità e genotossicità del composto chimico e questo rende ancora più difficile capire quali possano essere gli effetti sulla salute dei cittadini e come prevenire le possibili conseguenze nocive a lungo termine per l’esposizione alla sostanza, sia per chi usa l’erbicida nei propri campi, sia per i consumatori dei prodotti provenienti da coltivazioni in cui è stato utilizzato il composto per eliminare le piante infestanti prima della semina.

Cos’è il glifosato e come agisce

Prima di affrontare ogni altra questione è bene capire cosa sia il glifosato e come esso agisca quando viene applicato sulle piante infestanti. Si tratta di un derivato fosfonometil dell’aminoacido glicina (gruppo fosfato, dunque un insieme di atomi legati tra loro, che caratterizzano una molecola). È un composto solido cristallino, bianco e inodore.

Il glifosato è stato sintetizzato nel 1950 da un chimico svizzero, il Dr. Henri Martin, che lavorava per la Cilag, piccola compagnia farmaceutica svizzera, poi acquisita dal gigante farmaceutico americano “Johnson & Johnson”, ma la scoperta del chimico svizzero non fu oggetto di pubblicazione.

La Monsanto, multinazionale agricola di biotecnologie agrarie, scoprì a sua volta la sostanza chimica in modo indipendente negli anni ’70, durante le ricerche sullo sviluppo di composti come potenziali agenti addolcitori dell’acqua, con i quali si diminuisce la concentrazione di calcio e magnesio che formano le incrostazioni di calcare sulle superfici. Alcuni mostravano un certo potere erbicida e il chimico John E. Franz venne incaricato dall’azienda di ricercare dei composti analoghi con maggiore efficacia: il glifosato fu scoperto nel corso di queste ricerche

Oggi il glifosato viene prodotto dalla Monsanto ed è il principio attivo dell’erbicida Roundup e dal 2001, anno di scadenza del brevetto, il composto chimico è prodotto da molte altre aziende. Si tratta di un diserbante fogliare, dunque assorbito dalle parti verdi della pianta; sistemico, “poiché una volta penetrato, il principio attivo si muove verso i punti di attiva crescita, causando una lenta morte della pianta dalle sue radici più profonde per mancanza di aminoacidi essenziali” e infine non selettivo poiché distrugge ogni organismo vegetale, come descrive anche la Monsanto sulla pagina web dedicata al prodotto.

Glifosato sì, glifosato no? La posizione dell’Italia

La situazione di stallo creatasi nei mesi passati in merito all’approvazione, o meno, del rinnovo sull’uso e commercializzazione del glifosato a livello europeo ha avuto una svolta nella votazione di lunedì 27 novembre, con 18 Stati favorevoli al rinnovo, 9 contrari e 1 astenuto;. È stata in questa occasione la Germania, che fino ad allora aveva mantenuto una posizione neutrale, ad avere un ruolo decisivo, col suo voto favorevole, nel raggiungere la maggioranza qualificata per l’approvazione del rinnovo.

L’Italia ha espresso un voto contrario e il Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, ha dichiarato: “Abbiamo votato contro il rinnovo oggi perché siamo convinti che l’utilizzo di questa sostanza vada limitato. L’Italia già adotta disciplinari produttivi che limitano l’uso del glifosato a soglie inferiori del 25% rispetto a quelle definite in Europa, al fine di portare il nostro Paese all’utilizzo zero del glifosato entro il 2020“, dunque contribuire allo sviluppo sostenibile del Paese.

Infatti nel nostro Paese è in vigore, dal 22 agosto del 2016, il Decreto del Ministero della Salute che vieta l’impiego del glifosato “nelle aree frequentate dalla popolazione o dai gruppi vulnerabili” (come ad esempio i bambini), dunque in “parchi, giardini, campi sportivi e aree ricreative, cortili e aree verdi all’interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini e aree adiacenti alle strutture sanitarie” e definisce la “revoca dell’impiego in pre-raccolta al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura”.

Sulla posizione presa dall’Italia è intervenuta positivamente anche la Coldiretti, che ha sottolineato il fatto che sia necessario prendere tutte le precauzioni in materia, anche sull’ingresso nel Paese di prodotti importati dall’estero trattati col glifosato, come il grano proveniente dal Canada, dove si fa un uso intensivo della sostanza nella fase di pre-raccolta.

decisione UE glifosato

Il glifosato è davvero cancerogeno? Valutazioni contrastanti

Le valutazioni in merito alla genotossicità (danni e mutazioni nel DNA) e cancerogenicità del glifosato sono contrastanti: L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare EFSA nelle sue valutazioni definisce improbabile la genotossicità della sostanza chimica, la quale, secondo gli studi effettuati dai suoi scienziati, non danneggia il DNA e non provoca il cancro. La IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, nell’ambito dell’Organizzazione mondiale della sanità, ha invece classificato il glifosato nella categoria 2A, dunque come probabile cancerogeno per gli esseri umani, come esposto nella Monografia 112, su organofosfati, insetticidi ed erbicidi.

La IARC è stata accusata dall’agenzia di stampa Reuters, in un articolo scritto da Kate Kelland, di aver cancellato le prove che il glifosato non sia cancerogeno dalla bozza sulla revisione della sostanza chimica perché queste erano in contrasto con le conclusioni finali dell’Agenzia. La Kelland inoltre criticata fortemente la mancanza di trasparenza da parte della IARC, in particolare per aver distorto i risultati finali delle ricerche del proprio gruppo scientifico e di altri studi presi in considerazione, presentati nel rapporto finale come prove della cancerogenicità del composto chimico.

D’altro canto, l’EFSA ha dichiarato di aver avuto accesso a una “corposa massa di evidenze scientifiche”, ma è importante specificare che tra queste vi sono anche quelle della stessa Monsanto, nel dossier presentato per la richiesta di rinnovo per l’utilizzo e la commercializzazione dei propri prodotti contenenti il composto chimico.

È stato inoltre evidenziato dalla ONG austriaca Global 2000 che molti passaggi del rapporto ufficiale dell’EFSA, in particolare nella sezione in cui si valuta la tossicità del glifosato, sono stati copiati parola per parola dal dossier presentato dalla Monsanto, come riporta “Le Monde” in una sua inchiesta. Questo comporta ragionevolmente che le valutazioni in merito alla tossicità della sostanza non siano pienamente oggettive come dovrebbero, da parte di entrambe le Agenzie.

Il principio di precauzione nell’Unione europea

È fondamentale che, alla base delle valutazioni sul glifosato ed in particolare in merito a possibili caratteristiche genotossiche e cancerogene, vi siano studi scientifici indipendenti, oggettivi (fatto non del tutto scontato, come si può constatare) che includano l’analisi e l’esame di altri studi che rispettino queste stesse caratteristiche, per una valutazione scientifica che sia la più completa possibile.

Queste sono caratteristiche essenziali per definire un principio importante per i diritti umani e, in particolare, per il diritto a uno sviluppo sostenibile, ossia il principio di precauzione, sancito dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) all’articolo 191, che ha lo scopo ultimo di garantire un alto livello di protezione dell’ambiente, proprio attraverso misure preventive in caso di rischio, naturale o artificiale. In conclusione, i rapporti delle varie agenzie attualmente a disposizione non consentono una valutazione scientifica obiettiva.

Infine le varie Agenzie preposte per la ricerca scientifica hanno il compito di seguire un metodo rigoroso e fondato su dati oggettivi, il più possibile autonomi rispetto agli interessi soggettivi dei vari attori coinvolti, come la Monsanto nel caso del glifosato. In questo caso l’interesse e le pressioni fatte dalla multinazionale su molti scienziati hanno ostacolato la ricerca e distorto di conseguenza i risultati finali a favore del proprio prodotto.

Il principio di precauzione sia quindi alla base dell’azione dell’Unione Europea, nell’orientare la propria azione e quella degli Stati membri, per un maggior controllo sul lavoro delle proprie Agenzie, come nel caso dell’EFSA, e verso una sempre maggiore garanzia per la salute dei suoi cittadini, obiettivo che deve essere sempre al primo posto nell’agenda delle sue istituzioni.

 

Cristina Piga

Nata a Sassari il 30 giugno del 1995, studentessa in Scienze politiche, Relazioni internazionali e Diritti Umani. Scrive fin da piccola racconti e poesie. Fa le sue prime fotografie con una vecchia analogica, senza mai più smettere di catturare attimi. Ama la cucina e la cultura orientale. Scopre Social News in ambito accademico e ne diventa lettrice, per poi fare domanda come tirocinante. I diritti umani sono espressione dell’uomo in quanto tale. Considerarli come un “concetto”, da cui possono derivare centinaia di interpretazioni e definizioni, non basta per renderli concreti ed effettivi per ogni essere umano. Lo studio dei diritti umani è essenziale per capire tutte le “facce” dei diritti umani e per difenderli nel modo più efficace possibile. 

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