Terra di Tutti Film Festival: uno spazio agli invisibili dei media mainstream

A partire dal 13 sino al 15 ottobre si terrà presso Bologna Terra di tutti Film Festival, un concorso per corto e mediometraggi che darà spazio agli invisibili del circolo mediatico: volti di donne e uomini che vivono nei paesi del Terzo mondo e che continuano a lottare per avere i loro diritti.

Terra di Tutti Film Festival, concorso di cinema sociale, presentato ieri, 11 ottobre, presso il cinema lumière di Bologna e che si svolgerà tra il 13 e il 15 ottobre, è molto più di una semplice rassegna di corto e mediometraggi, 20 in concorso più 15 fuori concorso: è il tentativo di dar voce a figure residenti in un mondo lontano, quello del Medio Oriente, dell’Asia e dell’America Latina e il cui tratto comune, così come affermato dalla direttrice artistica Stefania Piccinelli (GVC) e ribadito da Jonathan Ferramola (Cospe) è “l’invisibilità sui media mainstream”.

Sono spesso queste voci, infatti, a mancare nelle cronache giornaliere quando ci si accinge a parlare di questioni come i conflitti in Medio Oriente oppure le questioni ambientali in America Latina o ancora le emergenze migrazioni nel Mediterraneo.

Terra di tutti Film Festival, nato nel 2007, tenta invece di portare a Bologna e, da quest’anno anche a Firenze, quei documentari che in qualche modo sono riusciti a raccontare molti volti omessi dalle comunicazioni di massa. Si veda, a titolo di esempio, sul tema del conflitto, Syrie, la révolution confisquée di Paul Moreira: a parlare, in questo caso, è un gruppo di combattenti dell’esercito libano siriano. Questi provano a rispondere ad una domanda fondamentale sulla questione siriana: come la rivoluzione democratica e moderata di questo paese è arrivata a trasformarsi in un guerra jihadista? Questa non solo, col tempo, ha cancellato le speranze di una democrazia, così come idealizzate da molti giovani siriani, ma ha contribuito a rendere questi territori le radici di una radicalizzazione che si è espansa in Europa sotto forma di terrorismo.

Credits photo: Terra di tutti film festival

Accanto a questo, sulla problematica del Mediterraneo si segnala uno dei film-documentario fuori concorso Astral. Di produzione catalana e non spagnola – come ci tiene a sottolineare Stefania Piccinelli – Astral di Michele Angioini entra nel cuore di questa vicenda, mostrando direttamente un gruppo di volontari che soccorrono migliaia di migranti, a rischio di naufragio, tra le onde del burrascoso Mediterraneo.

Credits photo: Terra di tutti Film Festival

Lo scopo è infatti quello di raccontare com’è nata la necessità da parte di alcune Ong di mettersi in mare. Questo darebbe a Terra di Tutti Film Festival di mostrare un altro volto di queste organizzazioni, specie dopo gli ultimi scandali che le hanno coinvolte.

Ma la vera novità di questa XI edizione di Terra di Tutti Film Festival è quella di rendere la donna un tema portante per costruire la narrazione di diritti negati in diverse regioni del Medio Oriente.

Ogni giorno del concorso verrà dato infatti spazio ai volti femminili: da quello di Soukeina di Laura Sípan, sahrawi desaparecido in una carcere marocchina illegale per ben 12 anni;

Credits photo: Terra di Tutti Film Festival

a quello di alcune donne rifugiate in Libano e costrette a crescere i propri figli rimanendo nei campi profughi in The Mother Refugees di Dima Al Joundi.

Da non perdere tra i titoli dedicati al gap di genere (qui il programma completo), Herat Football club di Stefano Liberti e Mario Poeta, il racconto di un gruppo di ragazze afghane che possono permettersi di praticare uno sport prettamente maschile, come il calcio, soltanto se tengono il velo o ancora Blooms in the concrete di Karine Morales e Caroline Péricard, che narra di alcune ragazze tunisine con una passione in comune, la street art.

Ad accomunare questi due documentari è infatti la rappresentazione di un forte desiderio di emanciparsi da parte delle donne in questi luoghi utilizzando, in questo caso, due passioni diversissime tra di loro.

“È nato tutto da una foto che ho visto su una rivista di una giovane afghana che faceva i graffiti su un muro a Kabul. Ho pensato che ci volesse coraggio per essere una donna e fare ciò, soprattutto nel momento dello scatto della foto, avvenuto nel 2009. Così ho deciso di andare in Egitto e lì a piazza Kahir, ho visto dei graffiti fatti da un gruppo di donne che volevano rivendicare i loro diritti” – ha spiegato una delle produttrici Karime Morales, ospite per la presentazione di Terra di Tutti Film Festival.

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