Venezuela al collasso, un paese ormai estraneo al suo popolo

Il Venezuela è immerso in una vera e propria crisi interna, iniziata velatamente nel 2013, ma che ha raggiunto l’apice negli ultimi mesi. Una recessione che investe ogni settore, da quello istituzionale ed economico, a quello sociale e umanitario. Proteste, arresti ingiustificati e reazioni violente contro i manifestanti antigovernativi sono all’ordine del giorno.

Il 24 maggio 2017, il procuratore generale Luisa Ortega Díaz ha confermato che, a partire dai primi giorni di aprile, momento dal quale le contestazioni si sono fortemente intensificate, ‘’sono state uccise 55 persone e che altrettante 1000 sono state ferite nel corso delle manifestazioni’’. Un tempo ritenuto uno dei paesi più ricchi dell’America Latina, il Venezuela vive un periodo di grande incertezza legato a più fattori, ma in primis alle difficoltà del presidente Nicolás Maduro, che sembra non essere in grado di riportare il paese alla stabilità. È in atto anche un vero e proprio tentativo di occultamento mediatico e di repressione del dissenso da parte del governo che, invece di cercare soluzioni concrete, scarica le proprie inadempienze sull’opposizione, accusata di voler ‘’destabilizzare la nazione’’. Un rapporto di Amnesty International fornisce, infatti, una lista di azioni arbitrarie intraprese dalle autorità venezuelane per reprimere la libertà di espressione, come arresti, senza mandati, per “reati contro la madrepatria” nei confronti degli attivisti e l’uso della detenzione preventiva. Nel frattempo, la popolazione muore di fame ed emigra in altri paesi per fuggire dalla povertà.

nicolas maduro venezuela

 

Il “dopo-Chávez” e l’elezione di Nicolás Maduro

Prima dell’attuale Presidente, il Venezuela è stato governato per ben 13 anni da Hugo Chávez (1999-2012), ideatore della ‘’rivoluzione bolivariana’’. Imperterrito leader del Partito Socialista Unito del Venezuela, con la sua visione di socialismo democratico anti-imperialista conquistò la devozione delle classi sociali più deboli. Sfruttando, infatti, le ingenti risorse petrolifere del paese, riuscì a garantire una serie di riforme sociali e la riduzione della povertà e dell’analfabetismo. Poco prima di morire, l’amato presidente aveva invitato il popolo venezuelano a votare per il suo erede, Nicolás Maduro, che avrebbe continuato la rivoluzione. Dalla sua elezione nel 2013 però, tra l’altro ottenuta con un margine molto stretto (1,6%) – quasi un presagio di quello che sarebbe successo in seguito – la crisi si è inasprita. Fin dall’inizio, la sua guida si è rivelata inadatta a gestire i cambiamenti che stavano avvenendo nel paese. Quando, nei primi mesi del 2015, gli scaffali dei supermercati hanno iniziato a svuotarsi, il Presidente commentò la tragica situazione economica con un ‘’Dio provvederà’’. Poco legato a soluzioni reali – come la creazione di un Ministero per la felicità suprema – questo leader senza carisma sta tentando in tutti i modi di aggrapparsi al potere con forza, nonostante non ci siano le condizioni per la governabilità.

La politica venezuelana è, infatti, bloccata in un impasse dal dicembre 2015, quando le opposizioni, riunite in una coalizione, hanno ottenuto ben 112 seggi su 167 nelle elezioni per il rinnovo del Parlamento. Nel marzo 2017 è stata presentata anche una mozione per la messa in stato di accusa di Maduro. Sebbene sia stata approvata con un’ampia maggioranza, ha ottenuto solamente come conseguenza l’intervento della Corte Suprema, che ha esautorato il Parlamento dalle sue funzioni, lasciando pieni poteri al Presidente.

Attentato alla democrazia

Questa ’chiara rottura dell’ordine costituzionale’’, è saltata poi grazie allo stesso Presidente che da un lato sta perdendo i consensi anche tra i fedelissimi di Chávez, dall’altro non si dimostra intenzionato a indire le elezioni anticipate richieste dal popolo, che scende continuamente in piazza a protestare. Al malcontento, i militari reagiscono con arresti ingiustificati, botte, gas lacrimogeni e sparando a caso sulla popolazione. Fra i tanti, lo scorso 3 giugno, è stato ucciso il 28enne Yoiner Peña mentre tornava a casa. Trovatosi nel bel mezzo di una dimostrazione antigovernativa, uscito dalla metro, fu colpito accidentalmente da un proiettile vagante.  

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Nuclei antisommossa della polizia di stato che bloccano le persone nel corso di una manifestazione a Caracas, 2015

 

Ad aumentare la tensione, ci pensano le bande dei colectivos, difensori estremi della rivoluzione bolivariana e che si oppongono con violenza ai manifestanti. Nonostante sia in minoranza, Maduro detiene ancora un forte potere grazie allo stato di emergenza, auto-proclamato senza il consenso del Parlamento, e al sistema di corruzione che aleggia negli apparati statali. Ciò gli ha permesso, tramite via traverse, di sospendere il referendum per la sua destituzione organizzato dall’opposizione e di bloccare le elezioni amministrative e regionali del 2016 per timore di un’ulteriore sconfitta elettorale. Le sorti della democrazia sono sempre più instabili da quando, lo scorso 2 giugno, la Corte Suprema venezuelana ha dichiarato che il Presidente ha il diritto di convocare l’Assemblea costituente per la modifica della costituzione senza il referendum popolare.

Anni di scelte errate: la dirompente crisi economica

L’economia venezuelana si trova in un baratro senza fine. Lo Stato, totalmente a corto di fondi, è costretto a stampare sempre più banconote per finanziare la spesa pubblica, ma questo circolo vizioso non fa altro che togliere valore alla moneta e aumentare l’inflazione (arrivata già all’800%). Inoltre, pochi giorni fa, la Banca centrale ha svalutato il bolivar – la moneta venezuelana – del 63,9% rispetto al dollaro. Giusto per far capire la gravità della situazione, José G. Márquez, giornalista con anni di esperienza, guadagna uno stipendio mensile di 15 mila bolivares, pari a circa 15 dollari.

Di conseguenza, le aziende – nonostante il Venezuela sia un paese che importa più della metà di ciò che consuma – non riescono più a procurarsi i vari prodotti e gli scaffali dei supermercati restano vuoti.

Parte della colpa può essere addossata alle politiche economiche degli scorsi anni, troppo aperte a concessioni infruttuose pur di mantenere la maggior parte dei prodotti accessibili anche ai più poveri. A tal proposito, i prezzi di vendita sono stati fissati al di sotto dei costi di produzione e i venditori non sono più stati in grado di produrre a un ritmo tale da rispondere alle esigenze di tutti. Dunque, per adottare le riforme sociali necessarie ad aumentare lo standard di vita dei ceti più bassi, il governo Chávez si è servito degli introiti delle cospicue risorse petrolifere, ma senza diversificare l’economia. Così, quando il prezzo dell’oro nero ha iniziato a scendere drasticamente per effetto della crisi petrolifera mondiale, la cassa dello Stato ha visto le sue (quasi uniche) entrate ridotte notevolmente.

 

A peggiorare la situazione si aggiungono poi anche fattori esterni quali l’aumento della siccità e la carenza di acqua nei bacini artificiali, che ha raggiunto i suoi minimi storici. L’acqua, oltre ad essere essenziale per la coltivazione, è anche una delle principali risorse energetiche del paese. La sua scarsità ha causato notevoli blackout, che hanno indotto il governo a ridurre la settimana lavorativa dei dipendenti pubblici a due giorni lavorativi e spostare indietro gli orologi di mezz’ora in modo da guadagnare luce.

La “dieta” Maduro

L’Assemblea Nazionale del Venezuela ha annunciato lo stato di crisi umanitaria in materia alimentare, mentre Human Rights Watch dichiara che il ‘’Venezuela sta affrontando una crisi umanitaria e dei diritti umani’’. Secondo un’inchiesta realizzata da tre diverse università venezuelane, l’81% degli abitanti vive in povertà. Mangiare è diventato ormai un lusso: i supermercati sono vuoti e mancano i beni essenziali quali cibo e medicine. Perfino il pane è sempre meno reperibile, a causa del razionamento della farina imposto ai panettieri. In questa situazione tragica, le persone cercano il cibo nella spazzatura e ricorrono alla caccia di animali esotici, mangiando anche alimenti velenosi come la manioca amara. I bambini a Caracas lottano con i cani per il cibo. La ‘’dieta Maduro’’ – così soprannominata dai venezuelani – ha infatti innalzato notevolmente il tasso di mortalità infantile: secondo UNICEF, il tasso venezuelano (18,6%) avrebbe superato persino quello siriano (15,4%). Inoltre, in assenza di cibo, aumentano gli acquisti nel mercato nero, in cui sono reperibili dollari e cibarie importate illegalmente.

Anche la situazione negli ospedali rimane critica, sebbene Maduro avesse elogiato, all’inizio del 2016, l’efficienza del sistema sanitario venezuelano. La realtà ospedaliera, invece, si configura come un luogo in cui non ci sono antibiotici e strumenti sterili per operare, mentre i medici utilizzano gli smartphone per analizzare le lastre a causa della mancata reperibilità di computer in funzionamento.

Nonostante la tragica situazione, i venezuelani e le organizzazioni della società civile perdurano nel far sentire la propria voce, continuando a protestare ininterrottamente ormai da più di 80 giorni, rischiando la propria vita per chiedere giustizia.

 

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