Bambini soldato a casa nostra

Conoscere la storia di Pratheepa, riconoscere la fragilità passata nel suo sguardo scuro e luminoso, sentire la necessità di agire affinché almeno lei potesse ricominciare a vivere. Non so se chi non ha mai conosciuto un bambino soldato potrà mai capire l’urgenza che assale e impedisce di rimanere indifferenti di fronte a queste persone di dieci, dodici o quindici anni. Il fenomeno dei bambini soldato rappresenta un dramma in ogni guerra, in passato come oggi, nello Sri Lanka, nell’Africa Sub-sahariana, in Siria.

Il fenomeno dei baby killer, i bambini addestrati per uccidere ed ai quali viene anestetizzato il cuore, non è, invece, qualcosa da noi distante. Forse, ci sorprenderà scoprire, grazie a questo numero di SocialNews, che esiste un mondo, proprio nel nostro cortile di casa, in cui dei ragazzini imbracciano le armi e lottano, con violenza, per ottenere la propria vittoria. Nemmeno il più fantasioso dei videogame saprebbe inventare quello che succede in Campania, Puglia, Sicilia, dove le efferate organizzazioni criminali che ben conosciamo marcano il territorio.
Nei luoghi in cui povertà e abbandono scolastico rappresentano la quotidianità, la criminalità fa proseliti. Tutti coinvolti, nessuno escluso. L’argomento è dei più delicati: difficile parlarne, complicato accedere a fonti dirette, impossibile stabilire un contatto. Eppure, si tratta di una storia che dobbiamo raccontare.


E’ urgente, ci riguarda direttamente. Punta alle nostre coscienze affinché non ci uniamo anche noi alla compagine degli ignavi e decidiamo di agire. Un bambino non dovrebbe mai imbracciare un fucile carico. Tanto meno, sapere come utilizzarlo per uccidere. Ha destato scalpore la notizia che i narcos messicani avessero assoldato un gruppo di baby sicari come veri e propri “testimonial” dei vari cartelli. Adolescenti armati fino ai denti hanno posato fieri di fronte alle macchine fotografiche a sottolineare quanto sia “cool” far parte di un gruppo criminale, quanto ciò faccia sentire forti, invincibili.

Il significato della campagna è quello di “smascherare” i sicari mostrandone i volti. Generalmente, i killer agiscono a volto coperto per non farsi riconoscere ed agire indisturbati. La scelta di mostrare giovani membri dei clan sembra associata ad un doppio messaggio: sottolineare la capacità del proprio cartello di coinvolgere ragazzini disposti a morire per ottenere denaro e la totale mancanza di scrupoli delle organizzazioni, serene nel mandare al massacro degli adolescenti. In che modo le dinamiche dei baby sicari messicani si replicano in Europa? Si tratta di Latinos che “conquistano” spazi nelle nostre città o ci troviamo di fronte ad un fenomeno tutto figlio del Belpaese?
Quali sono le responsabilità dello Stato, incapace di garantire a migliaia di bambini un futuro di istruzione, opportunità, sicurezza e benessere? Cosa può spingere un ragazzino a scegliere le pistole, gli scontri tra gang, il rischio del carcere minorile?

Domande che non possiamo soffocare di fronte a fatti di cronaca che ci riportano alla realtà: i “bambini soldato” esistono anche a casa nostra.

Massimiliano Fanni Canelles

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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