Dal 1870 al 1970 ci fu un’intensa emigrazione di Italiani verso l’Argentina, con una forte presenza proveniente dalle regioni del Nord Italia per tutto l’800 e una maggior presenza dalle regioni del Sud nelle epoche successive. Si calcola che circa il 50% della popolazione argentina attuale sia rappresentata da discendenti di Italiani, di seconda e terza generazione in possesso della doppia nazionalità, riconosciuta da entrambi i paesi, grazie al fatto che l’Argentina utilizza il principio dello jus solis che concede la nazionalità a chi nasce sul territorio argentino, contrariamente all’Italia che ancora –purtroppo- si avvale dello jus sanguinis che riconosce la cittadinanza solo ai figli di Italiani. Lo scrittore Jorge Luis Borges affermava che: “L’Argentino è un Italiano che parla spagnolo”. O, come diceva Giuseppe Mazzini: “L’Argentina è l’unica Repubblica italo-spagnola del pianeta”.
Il libro “HUELLAS Y RECORRIDOS DE UNA UTOPIA La emigración italiana en la Argentina” racconta e analizza l’emigrazione italiana in Argentina dal XIX secolo agli inizi del XXI, argomento a lungo trascurato o trattato superficialmente dai nostri storici e intellettuali, dimentichi di un fenomeno che ha interessato circa tre milioni di persone. Nel 2016 gli è stato attribuito il Premio Flaiano per l’Italianistica.
La sua autrice, Fernanda Elisa Bravo Herrera, argentina di origine italiana, è una ricercatrice del CONICET (Consejo Nacional de Investigaciones Cientificas y Técnicas – Consiglio Nazionale delle Ricerche Scientifiche e Tecniche), con un dottorato in Letteratura Comparata e in Traduzione di Testi Letterari, un Master in Conservazione e Gestione dei Beni Culturali e in Letteratura Comparata presso l’Università di Siena, una laurea in Lettere presso l’Università Nazionale di Salta.
L’analisi della dottoressa Bravo Herrera prende in esame sia i dibattiti politici e ideologici e le diverse posizioni che hanno accompagnato il fenomeno migratorio, così come i contesti socio-culturali in cui questo aveva origine, le cause e le conseguenze, le aspirazioni, i modelli, il confronto con un “mondo nuovo” e l’immaginario che l’accompagna, gli spazi della memoria e della nuova realtà; il contatto, il raffronto, l’intercambio con l’ “altro”. Tutti questi aspetti, ed altri ancora, scaturiscono dallo studio e dall’analisi accuratissima di molteplici materiali letterari “alti” e “bassi”, racconti, romanzi, narrazioni, canti popolari ma anche lettere e autobiografie, riconoscendo ad ognuno il suo valore letterario o comunque documentale. La ricerca è supportata da metodologie approfondite come l’analisi semiotica di Umberto Eco, quella sociocritica di Edmond Cros e il ricorso al teorico, critico letterario e linguista Mijail Bajtin.
Nel libro vengono esposte le posizioni antiemigrazioniste motivate da gruppo di destra, come nel caso dei proprietari terrieri che si vedevano privati di mano d’opera a basso costo, cui fanno riscontro, per esempio, quelle proemigrazioniste degli armatori genovesi che potevano solo lucrare dall’incremento di passeggeri per le loro traversate transatlantiche; quelle antiemigratorie basate però sulla critica a una società e a una politica incapaci di garantire il benessere e i diritti delle popolazioni contadine o quelle proemigrazioniste di stampo colonial-imperialista che aspiravano a un’espansione italiana in altri territori. Ma quasi sempre, per troppo lungo tempo, il marchio è stato quello dell’indifferenza – e qui l’autrice cita Antonio Gramsci – che investe non solo il fenomeno migratorio in sé ma anche le cause, le condizioni di vita che determinano l’esodo di tanta parte della popolazione italiana. Fra le tante cause analizzate risaltano naturalmente anche il “cammino della speranza”, l’Utopia, aspirazione e sogno di molti verso un futuro migliore. Sogno che spesso si volge in incubo nella realtà quotidiana e nella lotta per la sopravvivenza che molti devono affrontare una volta giunti a destinazione e che si trasforma spesso in nostalgia, quella presente in tanti canti popolari e in tante lettere e racconti autobiografici.
Non sempre però la partenza e il viaggio sono determinati da difficoltà economiche bensì da difficoltà del vivere, dall’incapacità di riconoscersi in un paese e in una cultura e nel desiderio di una scoperta di sé, dal bisogno di costruirsi una nuova identità, da un anelo alla libertà.
Non c’è causa, motivazione all’emigrare di cui l’autrice non trovi riscontro in testi letterari, più o meno diffusi e conosciuti, che vanno da Nievo a De Amicis, Campana ma anche Collodi per arrivare ai più recenti Magris, De Luca, Pariani, o in cronache di viaggio o racconti autobiografici come quelli del Padre De Agostini o del francescano Geroni. O nei canti popolari o nelle canzoni di cantautori come Paoli, Fossati, Guccini.
Il ruolo marginale di tanta produzione letteraria e non, il suo confinamento e persino l’oblio corrispondono, dice l’autrice, all’emarginazione, al rifiuto, di quel “malessere, una ferita, que doveva essere dimenticata, prodotta dal fenomeno dell’emigrazione, della miseria, del fracasso dell’unificazione e del progetto del Risorgimento in quegli anni di esodo di massa” (p. 334). E aggiunge che “l’emigrazione ha svolto un ruolo fondamentale nella configurazione delle rappresentazioni identitarie degli italiani, e non solo degli emigranti, cioè, nella conformazione della nazione, attraverso l’evidenza dell’alterità, della differenza, delle coincidenze negli incontri-disincontri con gli –altri-, con quelli che partivano, con quelli che restavano in Italia, con quelli che accoglievano – o rifiutavano- gli emigranti in America”.
Riflessione utile per la nostra storia di ieri ma forse, ancor più, per quella di oggi, per il nostro paese divenuto da terra di emigranti a terra di immigrati, da gente che doveva essere accolta a coloro che oggi devono imparare ad accogliere.
Un libro, questo di Fernanda Elisa Bravo Herrera di cui auspichiamo presto una traduzione in italiano perché possa contribuire allo studio, all’approfondimento e, ci auguriamo, al desiderio di cambiamento della nostra società e a un’apertura maggiore verso le ragioni e le aspirazioni di chi è costretto, ancora oggi, a migrare, inseguendo quell’utopia che favorisce il senso della vita e del movimento degli umani. Sperando che divenga realtà.
Huellas y recorridos de una utopia – la emigración italiana en Argentina di Fernanda Elisa Bravo Herrera, si apre con le due introduzioni di Romano Luperini e Antonio Melis che hanno accompagnato l’autrice nel corso del suo Master presso l’Università di Siena e si avvale delle illustrazioni di Arnaldo Ferraguti (1862-1925).
Fernanda Elisa dedica il suo libro ai suoi nonni che per primi emigrarono in Argentina, alla sua famiglia:
“In memoria di tutti quelli senza volto e senza nome che vissero un’utopia lacerata dall’emigrazione e gravida di speranze e lavoro”.