Rapine ed emoji: cosa cercano i giovani?

La micro criminalità, in Puglia, corre su WhatsApp. Questo è quanto emerge da una recente indagine che mette in luce le nuove frontiere del fenomeno in Italia.

Mohamed Maalel

Quando si parla di criminalità, l’errore più comune è riferire questo termine ad un fenomeno sociale che riguarda i soli adulti. Nel corso degli ultimi anni, invece, la criminalità è diventata un fenomeno comune anche ai più giovani. Le cause ruotano attorno al concetto di evoluzione sociale: maggiore è lo sviluppo di una società e più la criminalità ne segue il percorso ed i progressi. Siamo passati da una criminalità minorile di carattere mafioso ad una criminalità, spesso, di carattere puramente ludico, tipica delle bande giovanili.


Riguardo alla devianza minorile intesa come atto imposto, i giovani coinvolti sono spesso cresciuti in realtà sociali povere e malfamate. Secondo i dati estratti da documenti ufficiali, dall’inizio del nuovo millennio, nel nostro Paese, 41.542 minorenni sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per avere commesso uno o più delitti. Dal punto di vista territoriale, la distribuzione è poco uniforme. Le grandi metropoli sembrano rappresentare il luogo più adatto per la proliferazione del fenomeno, oltre ad una sua marcata presenza lungo le coste (ad esempio, la dorsale adriatica o le coste della Sicilia orientale). L’attività dei giovani criminali divampa dove maggiore è la concentrazione delle potenziali vittime, come nelle aree ad alta densità, costante o stagionale, tipiche di centri urbani e zone turistiche.

Dal punto di vista prettamente culturale, il fenomeno è spesso legato all’emarginazione: la maggior parte dei minori coinvolti vive in situazioni di degrado urbano e sociale, in famiglie in stato di disagio spesso caratterizzate da scarso livello culturale.
In molti casi, i giovani delinquenti provengono da Paesi poveri, quali quelli africani, l’Albania e le Repubbliche della ex Jugoslavia. Spesso, questi minori non possiedono neppure una famiglia e sono costretti a vivere in una situazione marginale continua, nella quale il crimine rappresenta l’unico mezzo per garantirsi la propria fetta di pane quotidiano. Qual è, dunque, il destino dei minori deviati? I ragazzi abbandonati dalla propria famiglia ed ulteriormente penalizzati da esperienze in riformatorio perdono progressivamente il contatto con la realtà e con i valori condivisi della società.
Tendono, invece, ad affinare la propria strategia criminale sotto la guida di ragazzi più esperti. Di conseguenza, i casi di pieno recupero si prospettano come molto rari, oltreché estremamente difficili.
Molti di più, invece, quelli in cui la scarcerazione è semplicemente temporanea. I giovani criminali, dunque, crescono accumulando denunce e condanne.


I reati spaziano dal furto alla rapina, dalla violenza contro le persone alla ricettazione, fino a detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti ed omicidio. Come reagisce a questo dramma la nostra società? Dimostra un sostanziale distacco ed un’irritante indifferenza, salvo, poi, gridare allo scandalo e invocare pene severe in presenza di vicende particolarmente cruente o eclatanti. L’ideale sarebbe che l’intera collettività si preoccupasse di restituire solidi valori etici ed esistenziali ad una gioventù che appare sempre più in agonia, immersa in facili ricompense.
E’ profondamente ingiusto ghettizzare i minori a rischio se non si fa nulla per evitare la marginalità e non si rimuovono le condizioni in cui i giovani incontrano la criminalità.

Mohamed Maalel, collaboratore di SocialNews

Mohamed Maalel

Metà pugliese, metà tunisino. Classe 1993, studia Scienze della Comunicazione presso l’Università degli studi di Bari. Blogger, divoratore seriale di libri ha cercato sempre di tenersi le mani ed il cervello occupati diplomandosi in un alberghiero, acquisendo un B2 in inglese presso il Trinity College di Londra nel 2011 e partecipando ad un progetto formativo che l’ha portato due mesi a Dublino, la terra delle grandi opportunità per i piccoli sognatori . Ed è proprio a Dublino che l’amore per la scrittura ed il giornalismo è maturato, grazie alla collaborazione con il giornale italo-irlandese “Italia Stampa”. Dalla madre italiana ha imparato il significato dei sacrifici, dal padre tunisino che la guerra è puro nutrimento spinto da interessi altrui. 

Tags:

Rispondi