Abbiamo visto in questo articolo cos’è e come di forma una convezione internazionale: il complesso procedimento che porta alla firma di un trattato non è solo il portato consuetudinario di tante prassi consolidatesi nel tempo, ma è a sua volta disciplinato da regole ben precise che in epoca contemporanea sono state a loro volta ricomprese in una convezione, per l’esattezza nella Convenzione di Vienna del 1969.
La Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati è a sua volta un trattato internazionale che regolamenta gli accordi (stipulati in forma scritta) fra gli stati; essa si occupa della formazione dei trattati, della loro validità ed efficacia, è stata adottata il 22 maggio 1969 ed è entrata in vigore il 27 gennaio 1980. A gennaio 2013 il trattato vincolava 113 Stati.
La Convenzione si applica solo ai trattati conclusi tra Stati, quindi essa non può essere invocata con riferimento agli accordi tra Stati e organizzazioni internazionali o tra organizzazioni internazionali. Allo scopo di regolamentare gli accordi tra organizzazioni internazionali o tra stati ed organizzazioni internazionali, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato nel 1986 la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati tra Stati e organizzazioni internazionali o tra organizzazioni internazionali, che però non ancora entrata in vigore.
La Convenzione di Vienna del 1969
Il testo della Convenzione di Vienna del 1969 può essere assimilato ad un vero e proprio codice: essa è divisa in 8 parti, ciascuna a sua volta divisa in sezioni.
La prima parte contiene le definizioni, le altre si occupano del ciclo di vita delle convenzioni, dalla loro conclusione ed entrata in vigore, al loro rispetto ed alla loro applicazione, a come possano essere emendate e modificate, sino alla loro nullità, estinzione e sospensione della loro applicazione; concludono la Convezione una serie di disposizioni diverse e di chiusura, relative anche ai depositari, alle notifiche ecc.
Uno dei principi fondamentali, ispiratori della convenzione di Vienna è quello dei “pacta sunt servanda”,(art. 26): i patti, i trattati, le intese o più in generale gli accordi degli Stati vanno rispettati, e «Ogni trattato in vigore vincola le parti e deve essere da esse eseguito in buona fede».
Al di la delle articolate regole dettate dalla Convenzione su come giungere alla firma di un trattato, su chi e come possa prima negoziarlo e poi ratificarlo o aderirvi, su quali siano ed in che misura siano ammissibili le riserve ai trattati, ancor oggi una delle parti più interessanti della Convezione è l’Allegato all’atto finale della conferenza che contiene la solenne dichiarazione sul divieto della coercizione militare, politica e economica in sede di conclusione dei trattati con la condanna espressa del ricorso alla minaccia o all’impiego di tutte le forme di pressione, sia militare che politica o economica, da parte di qualsivoglia Stato, allo scopo di costringere un altro Stato a compiere un qualsiasi atto connesso alla conclusione di un trattato, in violazione dei principi di sovrana eguaglianza degli Stati e della libertà del consenso.
L’aver riaffermato la piena uguaglianza tra gli stati deplorando la violenza e la coercizione anche economica quale strumento per costringere uno stato ad accettare un qualsiasi trattato è ancor oggi un principio attuale che dovrebbe essere ricordato più spesso nelle relazioni internazionali.