Dov’è finita la voce del popolo?

Mancanza di lavoro, scarsa sicurezza e cancellazione delle identità secolari: le persone comuni provano a farsi sentire dalle istituzioni, ma vengono sistematicamente ignorate

Andrea Tomasella

Il populismo rappresenta uno degli argomenti più controversi e discussi degli ultimi anni. I media di tutto il mondo ne parlano quotidianamente e sono numerosissime le sfaccettature che contraddistinguono questo fenomeno politico-culturale tutt’altro che recente. Affonda le sue radici nella storia della Russia d’altri tempi, più precisamente degli inizi del XX secolo, quando le masse contadine si ribellavano all’oppressione zarista. Al giorno d’oggi, però, il termine assume significati molto differenti. Ferma restando la centralità del popolo, il passare degli anni ha fatto sì che tale fenomeno si espandesse in altre aree del globo e si adattasse alle differenti condizioni socio-culturali intrinseche dei vari territori. Essendo multiforme e complesso, tale fenomeno risulta difficile da definire univocamente.
Le motivazioni che si celano dietro al suo crescente successo in Europa e nel mondo sono, invece, più facilmente comprensibili.
Oggi il populismo è più vivo che mai e raccoglie sempre più consensi in ampie fasce della popolazione, sospinto da numerosi movimenti politici. Coinvolge un numero di persone sempre più ampio poiché viene ritenuto solidaristico ed inclusivo. In un’epoca in cui la voce grossa nella quotidianità delle persone la fanno le tecnocrazie, le burocrazie e le grandi istituzioni finanziarie, non sempre capaci di ascoltare le grida di aiuto degli uomini e delle donne costrette a fare i conti con la realtà di tutti i giorni, il popolo è alla strenua ricerca di qualcuno in grado di ascoltarlo e farsi portavoce delle sue sollecitazioni.
È proprio questa la chiave di volta relativa all’annosa faccenda del populismo: al di là delle istanze portate avanti, la prima vera sfida è capire i motivi per cui il populismo si sta sviluppando e i movimenti populisti crescono velocemente nei consensi giorno dopo giorno.


Occorre avere ben chiare due fra le principali motivazioni.
La prima è la sottovalutazione del fenomeno ad opera degli strenui detrattori del populismo, che sistematicamente derubricano a ignoranti, bigotti e retrogradi tutti coloro i quali in esso ripongono fiducia. Dimenticano che avrebbe, invece, molto più senso cercare un dialogo fra le parti, evitando l’etichettatura a priori e provando ad ascoltare le altrui motivazioni per trovare insieme soluzioni condivise ai problemi. In secondo luogo, l’establishment, i grandi media, i gruppi di potere
internazionalisti e globalizzanti dovrebbero recitare il mea culpa: da troppi anni il leitmotiv è stato solo e unicamente il profitto per loro e l’austerità per il popolo.
Portando avanti questa politica, tutt’altro che lungimirante, è stato ulteriormente vessato il tessuto sociale già compromesso dalla pesantissima crisi economica mondiale iniziata nel 2007. In questo modello della società, non inclusivo ed elitario, le persone comuni sono state spinte a rivolgersi altrove affinché le loro richieste fossero ascoltate.
Ecco, quindi, un’ulteriore svolta per il populismo contemporaneo: la nascita e l’ascesa dei grandi leader populisti; Nigel Farage in Gran Bretagna, Marine Le Pen in Francia, Matteo Salvini in Italia, fino al neo Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Sono state proprio queste personalità a dimostrare grande lungimiranza, uscendo dalla routine politica ed entrando nella quotidianità delle persone, vivendo con loro le piazze ed affrontando insieme le problematiche più comuni. In questo modo sono stati capaci di impossessarsi di una larga fetta dell’elettorato e di ricevere la legittimazione popolare necessaria per rappresentare alcune di quelle istanze che, altrimenti, non avrebbero ottenuto alcuna risposta dalle istituzioni tradizionali.
In conclusione, il populismo non è altro che il risultato di decenni di cattiva politica, in cui gli amministratori hanno acuito in modo sempre maggiore la distanza fra loro e il popolo, disgregando quel rapporto di fiducia assolutamente indispensabile per governare e garantire prosperità alle proprie comunità. Il populismo è un movimento popolare in piena regola, con diverse sfaccettature e leader differenti, ma rivolto al solo scopo di ricolmare quel vuoto di rappresentatività alla base del malcontento del popolo. Se e come evolverà questo fenomeno sarà il futuro a dircelo. Di certo, finché la politica penserà solo a sé, continuerà ad affermarsi.

Andrea Tomasella, blogger e collaboratore di SocialNews

 

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