Adesso parlo io: la parola contro il bullismo

“Abbiamo compreso, contro ogni previsione, che i ragazzi vogliono parlare e raccontarsi se incontrano adulti che sanno ascoltare senza giudicare, se trovano il mezzo che permette loro di aprirsi.”

Il bullismo, una realtà spesso sottovalutata che può arrivare a creare situazioni di forte disagio e portare a risvolti drammatici. Pepita Onlus, che da anni si occupa di questa tematica così delicata, ha avviato il progetto Adesso Parlo Io. 10 pillole andate in onda su Real Time, interpretate dallo youtuber Leonardo Decarli e dalla cantante italo-marocchina Bouchra, dove i giovani raccontano esperienze reali di bullismo attivo e passivo. Gli episodi possono essere visti e rivisti online ed è stata creata una chat su WhatsApp al numero 3482574166 che ogni giorno permette ai giovani di raccontarsi e di condividere il proprio vissuto. Il racconto di queste esperienze vuole trasmettere un messaggio forte e chiaro: parlare del problema; non chiudersi in sé stessi ma aprirsi ed affrontare la difficoltà attraverso il dialogo e la condivisione.

Barbara Reverberi, ufficio stampa di Pepita Onlus, ci racconta nel dettaglio questa interessante iniziativa.

Che cos’è il bullismo? Quali sono le forme attraverso cui si manifesta oggi?

La prima definizione del fenomeno metteva in evidenza l’aspetto comportamentale: il bullismo era un atto di aggressione, consapevole e volontario, perpetrato in maniera persistente e organizzata da uno o più individui nei confronti di uno o più persone. Successivamente la definizione viene ampliata, spostando l’attenzione sulla dimensione relazionale, come sostiene Fedeli il bullismo è “un abuso di potere, premeditato e opportunistico, diretto contro uno o più individui incapaci di difendersi a causa di una differenza di status sociale o di potere” (2007).

Come è nata l’idea del progetto “Adesso parlo io”?

Da una coproduzione RealTime – Pepita Onlus è nato #adessoparloio, un progetto dedicato ai ragazzi e alle ragazze vittime di bullismo, ma anche ai bulli e a tutte le loro famiglie. Perché di bullismo si soffre, quasi fosse una malattia dell’anima. 10 pillole di 5 minuti ciascuna, in cui Leonardo Decarli e Bouchra hanno riletto e interpretato altrettante storie vere. Lui youtuber di successo, lei cantante in ascesa: insieme hanno dato voce ai tanti giovani imbrigliati nel silenzio. Ne hanno catturato le emozioni utilizzando le loro parole, i loro gesti per entrare nei loro mondi sommersi e tirarne fuori il meglio: la voglia di parlarne. Le 10 puntate – per la regia di Daniele Napolitano, autrice Sabrina Mancini, da un’idea di Mapi Danna e curate da Anna Passarini – sono andate in onda sul Canale 31. Hanno subito attirato l’attenzione di tanti ragazzi e ragazze che hanno cominciato a scrivere sulla chat di WhatsApp moderata da Pepita Onlus e istituita appositamente per dare spazio al bisogno di raccontare.

Quali obiettivi avete raggiunto e/o vi prefissate di raggiungere?

Abbiamo compreso, contro ogni previsione, che i ragazzi vogliono parlare, raccontarsi se incontrano adulti che sanno ascoltare senza giudicare, se trovano il mezzo che permette loro di aprirsi. Oggi siamo a circa 200 chat aperte sul numero whatsapp dedicato e un operatore, che poi è il Presidente di Pepita, è sempre lì a vigilare. In futuro? Un libro che possa diventare esperienza da condividere, continuare a lasciare operativa la chat e qualche finanziamento che ci permetta di creare un servizio sempre attivo e concreto per i ragazzi.

Nei vostri progetti date grande valore alla parola, in che modo questa può divenire strumento per affrontare il problema del bullismo?

La parola si è rivelata un mezzo potentissimo. Noi andiamo nelle scuole, negli oratori e nelle associazioni sportive, parliamo con i ragazzi, facciamo con loro, creiamo campagne di sensibilizzazione, ogni volta differenti, ma alla fine i ragazzi parlano, si aprono. Se siamo bravi, lasciamo un seme che poi germoglia aiutando i ragazzi a responsabilizzarsi nei confronti di se stessi e degli altri coetanei. Perchè possano dire #adessoparloio, io non ci sto, io reagisco e non ho paura.

La rete può diventare un utile strumento per poter affrontare il problema del bullismo permettendo alla “vittima” di confrontarsi con realtà simili alla sua. Dall’altra parte l’utilizzo del web a scopi denigratori e offensivi ha generato il fenomeno del cyberbullismo. In che modo i più giovani possono essere sensibilizzati su queste tematiche? Come renderli consapevoli delle conseguenze drammatiche che un semplice gesto sul web può comportare in termini di bullismo attivo e passivo? 

Nei nostri laboratori, che ci teniamo a ripetere, sono educ-attivi, cioè “fanno fare” ai ragazzi esperienza di ciò che  sentono e raccontano, lasciamo che siano i ragazzi stessi a tirare fuori le emozioni da cui partire per esplorare i vari fenomeni. Tra le attività che proponiamo vi è anche una guida al riconoscimento del valore della propria identità. Qui parliamo di bullismo, ma anche il fenomeno del sexting, ad esso correlato, gioca sulla potenza dei social network. Per questo noi non demonizziamo il mezzo, al contrario, sappiamo che se usato con criterio e responsabilità è indispensabile per vivere il nostro tempo. Rendiamo però i ragazzi più consapevoli e forti, facendoli rendere conto dei rischi e delle conseguenze dietro un post, dietro una condivisione di messaggi e immagini. A 14 anni i ragazzi sono perseguibili di reato, molti di loro non lo sanno e si sentono più forti dietro lo schermo del telefonino. Ma ogni dato è tracciato e su Internet è per sempre.

Il fenomeno del bullismo ha due protagonisti: la vittima e il “bullo” o il gruppo di “bulli”, come intervenire nei confronti di chi esercita la violenza sia questa reale o “virtuale”?

Si interviene educando, non ghettizzando o emarginando. Dalle storie che abbiamo vissuto con i nostri ragazzi, ne abbiamo incontrati più di 30.000 negli ultimi anni, ciò che è evidente è che il bullo è arrabbiato e spesso reagisce a una serie di violenze subite. Un ragazzo che abbiamo seguito ci ha raccontato che dalla rabbia per aver subito anni di soprusi, prevaricazioni, scherzi pesanti, offese ha scelto di diventare lui stesso un bullo e si è fermato il giorno in cui si è reso conto che stava generando una catena di violenza. Il bullo si ferma accogliendolo, educandolo al rispetto, magari con un percorso che lo rimetta nella prospettiva di vita che ha perduto. Per questo da un lato invitiamo le vittime a denunciare, se si tratta di azioni pesanti, e ci rendiamo disponibili per seguire il bullo e la vittima nei loro percorsi di riadattamento.

Adesso Parlo io, un progetto che riscopre il dialogo in un mondo sempre più perso nella liquidità del virtuale e che rende la parola un’arma efficace contro il complesso fenomeno del bullismo.

Aurora Tranti, collaboratrice di SocialNews

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