Legge elettorale: cos’è e come funziona

Archiviato il referendum l’argomento del giorno è la legge elettorale, prima di occuparci di quella attualmente vigente in Italia e delle problematiche ad essa connesse, cerchiamo di capire insieme cos’è e come funziona in generale la legge elettorale.

La legge elettorale: che cos’è?

Le democrazie sono rette da un principio rappresentativo in base al quale i cittadini, non potendo far parte direttamente del Governo e del Parlamento, scelgono i propri rappresentanti attraverso le elezioni.

Il sistema elettorale è quindi l’insieme di regole che trasformano le preferenze o voti espressi dagli elettori durante le elezioni in seggi da assegnare all’interno del Parlamento o, più in generale, di un’assemblea legislativa.

Perchè queste regole siano certe e condivise esse sono consacrate in una legge che appunto prende il nome di legge elettorale.

Ogni stato  possiede un proprio sistema elettorale che in qualche modo risponde alle caratteristiche stesse del paese che lo adotta: in pratica non esiste un sistema elettorale migliore o peggiore di un altro, ma solo un sistema che meglio risponde al comune sentire di un popolo ed alle sue dinamiche politiche.

Gli  elementi fondamentali che costituiscono un sistema elettorale sono due:

  • il sistema di votazione
  • il metodo per l’attribuzione dei seggi

L’attribuzione dei seggi presuppone l’applicazione di una formula matematica predefinita, che viene detta “formula elettorale”.

legge elettorale

I sistemi elettorali

A sua volta anche la formula elettorale è classificabile in due grandi categorie:

  • formule maggioritarie (le più antiche, tendenzialmente rivolte a premiare candidati o partiti vincitori in collegi uninominali o plurinominali);
  • formule proporzionali (elaborate a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, tendenzialmente orientate a stabilire un rapporto proporzionale tra i voti ottenuti da un partito e i seggi a esso assegnati).

Entrambe le formule hanno pregi e difetti.

Il sistema maggioritario 

Il sistema maggioritario cerca di creare una maggioranza netta attraverso il voto, pertanto limita o impedisce la rappresentanza delle minoranze. In questo sistema il territorio nazionale viene suddiviso in  collegi ed all’interno di ciascuno di essi i cittadini debbono scegliere un unico candidato che li rappresenti. Ogni collegio, infatti, esprime tendenzialmente un solo deputato, pertanto viene eletto chi in un singolo collegio prende più voti, escludendo a priori gli altri candidati, anche se votati da una parte consistente di popolazione.

Questo sistema non rappresenta tutti: potrebbe anche accadere, in caso di vittoria di un partito in più collegi, che la popolazione sia mal rappresentata; oppure potrebbe accadere che nella metà dei collegi vinca un partito e nell’altra metà un partito con una identità opposta venendosi cosi a creare una situazione di stallo.

Nelle forme moderne viene utilizzato generalmente il collegio uninominale, ma in passato e in alcuni casi sporadici odierni, viene utilizzato anche il collegio plurinominale.

Il sistema uninominale

Nei sistemi uninominali vi sono tanti collegi quanti sono i seggi da coprire, ed in ciascun collegio vi sarà un unico candidato per partito.

In questi sistemi va comunque individuata una maggioranza in base alla quale assegnare il seggio il che avviene attraverso uno di questi criteri:

  • nel sistema a turno unico (usato ad es. in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Canada) viene eletto il candidato con la maggioranza relativa
  • nel sistema a doppio turno (tipico della Francia) per vincere è necessaria la maggioranza assoluta, altrimenti si ricorre a una nuova votazione fra i candidati che hanno superato la soglia di sbarramento. Nella forma più classica tuttavia, passano il turno solo i due candidati più votati, e così il secondo turno assume il nome di ballottaggio.

Il sistema plurinominale

Il sistema plurinominale è il più antico, e dà all’elettore tanti voti quanti sono i candidati da eleggere. Qualora il voto sia libero, si può operare un mix fra partiti diversi, mentre se si è obbligati a votare i candidati tutti di uno stesso partito si ha quello che si chiama un listino.

Per attenuare gli effetti ultradistorsivi di questo sistema, sono state create alcune varianti, tra cui il voto cumulativo che permette  agli elettori di minoranza di far eleggere un proprio rappresentante concentrando su di lui tutti i voti a loro disposizione, o il voto limitato che dava agli elettori meno voti di preferenza di quanti fossero i seggi in palio.

Il sistema proporzionale 

Il sistema proporzionale fotografa alla perfezioni i rapporti di forza nel paese, trasferendoli in Parlamento: il paese viene diviso in circoscrizioni ed i seggi vengono assegnati in modo strettamente proporzionale in base a liste; potenzialmente, con questo sistema qualsiasi  schieramento politico potrebbe entrare in parlamento, anche chi ha ricevuto l’1% dei voti; ciò garantisce  un’ampia rappresentatività ed una significativa tutela delle minoranze, ma comporta inevitabilmente anche un’ampia frammentazione del parlamento, con una conseguente difficoltà decisionale ed un rallentamento delle funzioni politiche: la formazione di un governo, soprattutto, finisce per essere subordinata alla creazione di una coalizione di più partiti, con il rischio conseguente di una forte instabilità, in qualche caso questo sistema può portare anche a sistemi consociativi e di governi di grosse coalizioni che tendono a tenere sotto controllo il conflitto (es. è l’attuale situazione tedesca).

Per arginare il problema della frammentazione, nel sistema proporzionale è stata introdotta la c.d. “soglia di sbarramento “: come dice la parola stessa, è una soglia minima di rappresentatività che permette l’entrata al Parlamento solamente a chi ha ricevuto – ad esempio – più del 2% dei voti; in altri casi, sempre per ovviare a questo problema, si è limitata la dimensione delle circoscrizioni elettorali: riducendo l’ampiezza delle circoscrizioni, infatti, si riduce il numero dei seggi assegnabili in ciascuna di esse e di conseguenza il tasso di proporzionalità del sistema, diminuendo le probabilità dei partiti minori di ottenere i pochi seggi disponibili in ciascuna delle succitate circoscrizioni.

Voto di preferenza

Collegata al sistema proporzionale è la previsione, per altro non obbligatoria, della possibilità per l’elettore di esprimere una o più preferenze per un candidato all’interno della lista votata. In questo caso, vengono eletti nell’ambito di ogni lista i candidati che hanno ottenuto il numero maggiore di preferenze. Se invece non è previsto il voto di preferenza, i candidati vengono scelti secondo l’ordine in cui compaiono in lista, delegando ai partiti l’individuazione degli eletti: si parla in questo caso di lista bloccata.

Anche per il voto di preferenza vi sono aspetti positivi e negativi:

  • sicuramente positiva è la maggiore possibilità di scelta per l’elettore;
  • negativo è il fatto che il singolo candidato, per assicurarsi le preferenze degli elettori, è costretto a una costosa campagna elettorale personale, e la necessità di raccogliere i fondi necessari può potenzialmente stimolare episodi di corruzione o di voto di scambio.

I sistemi misti

Attualmente è molto diffusa una terza via, quella dei sistemi misti.

Le formule appartenenti a questa categoria combinano elementi maggioritari ed elementi proporzionali, talvolta relazionati tra di loro (come nei sistemi italiani per Camera e Senato del 1993), talvolta assolutamente indipendenti (come nel sistema russo o in quello giapponese, entrambi del 1993) .

Governabilità e rappresentatività

In estrema sintesi la differenza fra proporzionale e maggioritario si può riassumere così: il maggioritario favorisce la governabilità, il proporzionale favorisce la rappresentatività; col primo in parlamento arrivano pochi partiti, col secondo il parlamento ha una composizione abbastanza fedele all’orientamento degli elettori. Spetta al legislatore decidere quale dei due utilizzare.

E’ la legge elettorale, infatti, che determina il sistema di voto e può essere approvata come legge ordinaria oppure come legge costituzionale.

L’approvazione tramite legge ordinaria espone al rischio di continui cambiamenti in vicinanza delle elezioni, in contrasto con la stabilità che dovrebbe caratterizzare questo tipo di regole e con un’effettiva rappresentatività del Parlamento rispetto al paese: difatti questo tipo di cambiamenti viene promosso da parte delle forze che hanno la maggioranza dei voti in un dato momento in Parlamento, e a seconda di quanto è previsto dai sondaggi o di come si sono espressi gli elettori in altre tornate elettorali, come le amministrative o le europee .

Le leggi elettorali approvate con legge ordinaria sono poi soggette al vaglio di costituzionalità il che può portare che Parlamento e Governo vengano nominati applicando una legge poi dichiarata illegittima.

D’altro canto approvare una legge elettorale come legge Costituzione introduce un elemento di rigidità nel sistema: infatti, nel  caso in cui nell’applicazione pratica della legge si rinvengano delle criticità, è necessario un lavoro parlamentare di modifica generalmente molto più lungo e complesso per la sua correzione o abolizione.

Ma in Italia come funziona la legge elettorale? quali sono i vincoli costituzionali del nostro sistema elettivo? Siamo per la governabilità o la rappresentatività?

Appuntamento alla prossima rubrica.

 

Gea Arcella, notaio e responsabile editoriale di Auxilia

Gea Arcella

Nata a Pompei, dopo gli studi classici svolti a Torre Annunziata, si è laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Trieste nel 1987. Nel 2007 ha conseguito con lode un master di II livello presso l'Università “Tor Vergata” di Roma in Comunicazione Istituzionale con supporto digitale. E' notaio in provincia di Udine e prima della nomina a notaio ha svolto per alcuni anni la professione di avvocato. Per curiosità intellettuale si è avvicinata al mondo di Internet e delle nuove tecnologie e dal 2001 collabora con il Consiglio Nazionale del Notariato quale componente della Commissione Informatica . Già professore a contratto presso l'Università Carlo Bò di Urbino di Informatica giuridica e cultore della materia presso la cattedra di diritto Civile della medesima Università, attualmente è docente presso la Scuola di Notariato Triveneto e Presso la Scuola delle Professioni legali di Padova di Informatica giuridica e svolge attività formative sia interne che esterne al Notariato. E' socia di diverse associazioni sia culturali che orientate al sociale, crede che compito di chi ha ricevuto è restituire, a partire dalla propria comunità. 

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