‘Il tumore al seno è più diffuso ma minore è la mortalità’: intervista alla dott.ssa Faralli

Il tumore al seno può essere sconfitto ma solo se si agevola la prevenzione. Da questo obiettivo di sensibilizzazione parte l’iniziativa Race for the cure che, giunta alla 10° edizione a Bologna, ha totalizzato numeri straordinari. Ne discutiamo con la presidente del Comitato Emilia Romagna, la dottoressa Carla Faralli

Di Maria Grazia Sanna

Credits photo: bologna.virgilio.it

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Il tumore al seno, come si è dimostrato, è ancora una delle prime cause di mortalità per le donne ma ci sono ampie possibilità di ridurre questo destino, che sembra quasi segnato, se si interviene in tempo e non si sottovaluta il rapporto tra prevenzione e possibilità di sconfiggere la malattia. Su ciò insiste la Susan Komen, organizzazione senza scopo di lucro che opera dal 2000 nella lotta contro i tumori al seno, organizzando tra le altre iniziative, giornate dedicate alla valorizzazione dello sport come elemento chiave per mantenere salute e benessere.

Una di queste è la Race for the cure, competizione che si svolge annualmente in diverse città d’Italia, tra cui Roma, Bologna e Brescia e che vede tra i protagonisti persone di tutte le età affiancati dalle donne in rosa, che hanno superato o stanno affrontando la patologia del tumore al seno. Abbiamo parlato con la dott.ssa Faralli, presidente del Comitato Emilia Romagna, che ha messo in luce alcuni aspetti chiave di questa iniziativa, che a Bologna lo scorso 25 settembre ha raggiunto il numero più elevato di adesioni tra tutte le edizioni.

Con oltre 20.000 partecipanti la Race for the cure Bologna ha battuto ogni record, vi aspettavate un successo simile?

Indubbiamente lo speravamo perché Bologna ha sempre risposto con grande enfasi a questo incontro, siamo partiti 10 anni fa con 5 mila persone, l’anno scorso siamo arrivati a 17 mila, quindi se non proprio a 20.000, indubbiamente ci aspettavamo di aumentare ed è aumentato a 20.000

Qual è stato l’elemento chiave che ha reso questa 10° edizione così partecipata?

Non so. Forse sono stati vari gli elementi. Indubbiamente dopo 10 anni c’è una partecipazione più generalizzata nel senso che noi abbiamo visto che funziona molto il passaparola.. “ah ci sei stata, allora vieni anche quest’anno” poi abbiamo fatto varie iniziative sul territorio di preparazione a questa edizione

La tecnologia comunque ha aiutato a renderla più partecipata?

Indubbiamente, noi siamo sui vari social quindi da una parte il passaparola, dall’altra la partecipazione ai social

Il legame tra sport e salute è evidente, come si potrebbe favorire sempre di più uno stile di vita non sedentario?

Anche attraverso iniziative come queste che tra l’altro si inseriscono in un percorso che anche a livello di enti sanitari è molto sviluppato a Bologna. Pensiamo a tutte le iniziative di Muovi Bo. Indubbiamente da un po’ di anni sembra che la medicina stia insistendo su questo aspetto cioè l’importanza dell’attività fisica da parte di vari enti e associazioni sembra andare in questo senso.

Perché sarebbe importante dare sempre più valore ad eventi come questi?

Io credo soprattutto perché servono a sensibilizzare le persone sull’importanza della ricerca e in questo caso della prevenzione. I dati dimostrano che il tumore al seno, ahimé, è sempre più diffuso ma sempre minore, grazie alla prevenzione, è la mortalità per questo tipo di patologia.

Voi avete dato molto valore alle donne in rosa che appunto hanno sconfitto stanno lottando contro il tumore al seno, che tipo di ruolo hanno avuto nella gara e che tipo di messaggio vorrebbero dare?

Allora hanno un’importanza fondamentale: le donne in rosa dimostrano che attraverso la cura e la prevenzione è una patologia dalla quale si può uscire conducendo poi uno stile di vita normale, normalissima. L’altro messaggio altrettanto importante è un messaggio sul piano psicologico: “nel momento della malattia, nel momento della patologia non ti chiudere in casa ma grazie alla solidarietà con le altre donne potrai rendere meno difficoltoso il percorso di cura”.

Che tipo di supporto avete cercato di dare voi come Susan Komen Emilia Romagna alle donne in gara?

Intanto, favorendo dei momenti d’incontro e soprattutto attraverso i grants, che noi con i fondi raccolti ogni anno distribuiamo quindi supportando le associazioni che lavorano a stretto contatto con le donne operate al seno in attività di vario genere, quindi un supporto diretto e indiretto. Abbiamo supportato molte associazioni in questi anni che organizzano corsi di yoga, di scrittura creativa, di cucina quindi tutte attività che indubbiamente non si possono chiedere al servizio sanitario ma che sono altrettanto importanti quanto le cure sanitarie.

La Race for the cure è terminata ma la lotta contro i tumori al senso continua, quali sono i progetti della Susan Komen Comitato Emilia Romagna per favorire la sensibilizzazione, la prevenzione e la cura?

Noi continueremo con le nostre attività di sensibilizzazione e poi è appena uscito il bando rivolto alle associazioni e quindi cercheremo di selezionare quelle associazioni che sono appunto maggiormente attive in questi ambiti

Guardiamo al futuro. Quali sono gli obiettivi prossimi che, come Susan Komen Emilia Romagna, vorreste raggiungere per diminuire il rischio di morte dovuto al tumore al seno?

Naturalmente quello che noi possiamo fare è insistere, insistere, insistere sulla prevenzione perché solo grazie alla prevenzione il rischio di morte legato al tumore al seno diminuisce. Nell’ultima il dott. Fioritti, responsabile dell’Asl ha portato dei dati che mostrano che grazie allo screening regionale, ogni anno le morti legati al tumore al seno diminuiscono del 2% e non è poco e ovviamente l’altro obbiettivo è quello di sviluppare la ricerca su questa patologia e una parte dei fondi non solo del Comitato dell’Emilia Romagna ma della onlus vengono destinati a questo fine.

Tra le donne in rosa che hanno partecipato vi erano anche giovanissime dai 25 anni in su e in quale percentuale?

Si, effettivamente guardando a questo mare di donne in rosa, che erano in questa edizione più di 1300, si vedono molti visi giovani di ragazze. Spesso sono colpite perché c’è una predisposizione diciamo genetica, ma ad esempio la nostra regione ha in atto appunto dei programmi proprio per quelle donne che hanno appunto una familiarità.

Ringraziamo la dott.ssa Faralli che ci ha concesso l’intervista e, come sottolineato dalla stessa, consigliamo di osservare il programma di screening riservato a donne, anche over 25, per la prevenzione di ogni forma di tumore. Qui un aggiornamento utile per prevenire i tumori del collo dell’utero.

Maria Grazia Sanna

Maria Grazia Sanna

Nata a Sassari il 14/08/1991, attualmente studio Comunicazione pubblica e d'impresa a Bologna e scrivo per Social News cercando di trovare connubio tra teoria e pratica. Appassionata di viaggi, cultura e politiche, ricerco sempre nuovi stimoli nelle esperienze quotidiane e in quelle all'estero. Ho vissuto in Francia come tirocinante, in Belgio come studentessa Erasmus e a Londra come ragazza alla pari ma questo è solo l'inizio. 

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