L’Europa in difesa dei propri confini

maxUn report degli inquirenti francesi all’indomani degli attentati di Bruxelles dello scorso marzo rivela il grado di sofisticatezza raggiunto dai terroristi jihadisti. Addestrati a costruire bombe e giubbotti esplosivi, sono capaci di realizzare tattiche idonee a comunicare e pianificare gli attacchi senza essere intercettati. L’uso di cellulari usa e getta, l’assenza di chat o e-mail memorizzate e la capacità di criptare e decriptare messaggi telematici in codice rendono difficile il lavoro dell’intelligence. Ma come siamo arrivati ad un’Europa sotto attacco con livelli di rischio così elevato?

Le guerre decise dall’amministrazione americana e nella “mezzaluna fertile” hanno foraggiato non solo flussi economici militari, ma anche rancore che ha permesso la nascita e lo sviluppo di gruppi estremisti come Al-Qaeda. Dopo la “Primavera araba”, nei Paesi del Mediterraneo si sono insediati Governi di estremismo culturale e religioso. In Siria la brutalità del regime di Assad ha facilitato lo sviluppo dell’Isis ed il rafforzamento del braccio armato di Al-Qaeda nell’area, Al-Nusra. Alcuni Paesi arabi sono intervenuti al fine di manipolare le forze in campo nell’ambito della secolare guerra islamica fra Sunniti e Sciiti per il predominio in Medio Oriente.
A questi fattori, scrive Le Monde, bisogna aggiungerne un altro: “Il disprezzo degli Stati Uniti per gli oppositori siriani, i cui segnali di allerta sono stati sempre ignorati”. Dopo l’arresto di Salah Abdeslam, il principale ricercato per gli attentati di Parigi del 13 novembre, e dopo gli attentati alla capitale europea Bruxelles, appare evidente come l’Isis – in difficoltà in Siria per gli attacchi subiti a Raqqa e Mosul ed in altre sue roccaforti – intenda ora riscattarsi dimostrando la capacità di attaccare a sua volta il centro dell’Europa. Le cellule jihadiste entrate in azione nei recenti attentati possono contare su molte persone legate da rapporti di amicizia risalenti all’infanzia e sull’omertà della comunità islamica. “Oltre al radicalismo, ci sono vecchi amici e solidarietà” che hanno protetto Salah Abdeslam. Esiste “un’affinità tra persone con proporzioni che immaginiamo difficilmente” ha dichiarato Philippe Moureaux, Ministro degli Interni belga. “Abbiamo 244 inchieste o procedure aperte che riguardano 772 individui” ha aggiunto il procuratore francese Molins.

Da Molenbeek – quartiere multietnico di Bruxelles, cuore del Belgio e anima dell’Europa – sono partiti gli autori degli attentati del 13 novembre a Parigi, costati la vita a 130 persone. E a Molenbeek, per quattro mesi, si è rifugiato Salah, per alcuni mente degli attentati, per altri esecutore mancato, di certo il presunto terrorista più ricercato dell’intero Vecchio continente negli ultimi mesi. Era nascosto in un alloggio del Comune e protetto dagli abitanti del quartiere. Al momento della cattura, questi hanno inveito contro le Forze dell’ordine. Siamo in Europa, nel cuore dell’Europa, a due passi dagli uffici delle più importanti Istituzioni dell’Unione Europea. Il terrore non è lontano da noi, si è insinuato così vicino da portarci a sospettare anche del nostro vicino di casa, di chiunque possa apparire, anche superficialmente, ma inesorabilmente, diverso.

Sarebbe facile cedere alla paura. Così, però, cadremmo nella trappola e faremmo il gioco di chi ci vuole larve paralizzate. E l’Europa, dove la paura scorre veemente, è ad un passo dallo sgretolarsi. Dobbiamo, piuttosto, sviluppare e rafforzare confini veramente europei. Confini che possiamo difendere con una forza di polizia europea, supportata da un sistema di intelligence continentale capace di mettere in comune forze e servizi segreti per stanare i terroristi e smantellare i progetti di stragi di innocenti.
Non possiamo fingere che non esista il problema dell’estremismo islamico anche in Europa, ma è bene unire le forze per dimostrare che questi soggetti stanno infangando l’Islam, tradendone valori e principi. Si tratta di gruppi organizzati che nulla hanno di religioso. I loro scopi ed i loro obiettivi politici sono solo violenti e distruttivi. Solo conoscendo e svelando debolezze e strategie del terrore potremo vincere la paura.

Siamo in Europa e siamo tutti Europei. Dividerci non farà altro che stare al gioco dei terroristi e porgergli il fianco debole. L’attentato all’aeroporto di Bruxelles e alle metropolitane di Maelbeek e Schuman è un attacco a noi Europei in quanto tali e alla capitale della nostra Unione. Qualunque risposta daremo, dovremo darla uniti, non divisi. Uniti dovremo difendere i nostri confini. Uniti dovremo coordinare le operazioni di intelligence. Uniti dobbiamo dare una risposta alle migrazioni e all’inclusione dei profughi e dei migranti. Uniti dovremo decidere cosa fare in Siria e in Libia, dove lo Stato Islamico sta costruendo i propri avamposti, alle nostre porte.
L’Europa spuria di oggi è un fardello impossibile di cui farci carico. E l’Europa unita – politica estera e attitudine alla cooperazione comprese – è la cosa migliore che possiamo fare per rispondere a chi odia la Democrazia, costruita in migliaia di anni di guerre e sofferenze. Se non lo capiamo oggi, non lo capiremo mai.

Massimiliano Fanni Canelles
twitter: @fannicanelles
sito: www.fannicanelles.it

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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