Biografilm festival. In black sheep un ex musulmano racconta la rivoluzione libica

Prosegue la rubrica dedicata al Biografilm festival. Questo lunedì parliamo del documentario “Black sheep” e attraverso lo sguardo di Ausman, ex musulmano di origini libiche, scopriamo le contraddizioni della rivoluzione che nel 2014 ha abbattuto il regime di Gheddafi.

Di Maria Grazia Sanna

the black sheep_Paura, desiderio di cambiamento, delusione e voglia di libertà: sono queste le emozioni che emergono dal racconto di Ausman, protagonista del documentario The black sheep, realizzato dal regista Antonio Di Martino e in gara nella categoria “Concorso internazionale” al Biografilm Festival, terminato lo scorso 20 giugno a Bologna. Tornato da New York per vedere realizzato finalmente il sogno di una democrazia, Ausman vive gli ultimi giorni della rivoluzione del 2014 contro il governo di Gheddafi con lo stesso briciolo di speranza che contraddistingue la piccola minoranza degli amazigh: sentimento questo che in entrambi si trasforma subito dopo in rammarico per le promesse disattese da parte del nuovo governo.

La rivoluzione è finita, il regime di Gheddafi non domina più ma gli amazigh sono ancora costretti ad apprendere la cultura araba, senza possibilità alcuna che anche le proprie tradizioni possano essere liberamente insegnate ed espresse. Quello che dovrebbe essere un momento storico per il popolo della Libia, come afferma Ausman, sembra lasciare intatti i disequilibri tra i due gruppi e confermare una situazione di morte e schiavitù femminile. Nella stessa Zuara in cui Ausman è nato e cresciuto sotto gli insegnamenti di Gheddafi, si rischia di essere uccisi per sbaglio e le donne sono considerate inferiori rispetto agli uomini: tutto ciò conferma l’idea di Ausman che il governo libico non possa ritenersi democratico.

Egli afferma con convinzione che i dettami e le regole in cui i suoi stessi familiari credono sono menzogne, frutto di uno studiato lavaggio del cervello, che opprime lo sviluppo di un pensiero personale. E questo suo pensiero si regge sul continuo confronto con quel mondo occidentale in cui libertà e diritti sembrano essere rispettati e protetti ardentemente.

D’altra parte queste convinzioni vengono ridimensionate dalla voce fioca e meno convincente di un suo interlocutore, che cerca di dissuadere Ausman, pecora nera (black sheep) della storia, dalla decisione di lasciare la Libia, ma senza alcun risultato. La conseguenza è la storia struggente e a tratti commovente di un uomo che vive a migliaia di kilometri di distanza e 40° gradi in meno rispetto alla sua terra natia, in Finlandia, ma non rinuncia ad esprimere la sua contrarietà per la radicalizzazione impostasi nei secoli in Libia, a causa della strumentalizzazione della religione, sacrificando per sempre il sostegno della sua famiglia.

Il suo punto di vista è dunque utile a ricostruire frammenti di cronaca giornaliera e a comprendere alcune delle dinamiche di un paese così complesso come la Libia, in cui rivalità interne e secolari, sono tutt’ora esistenti, ma è pur sempre necessario circoscrivere le sue parole come risultato di un’esperienza che ha senza dubbi forgiato le sue idee.

 

 

 

 

 

 

 

 

Maria Grazia Sanna

Nata a Sassari il 14/08/1991, attualmente studio Comunicazione pubblica e d'impresa a Bologna e scrivo per Social News cercando di trovare connubio tra teoria e pratica. Appassionata di viaggi, cultura e politiche, ricerco sempre nuovi stimoli nelle esperienze quotidiane e in quelle all'estero. Ho vissuto in Francia come tirocinante, in Belgio come studentessa Erasmus e a Londra come ragazza alla pari ma questo è solo l'inizio. 

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