Spezzare il referendum – L’opinione di Davide Giacalone

Il referendum costituzionale, previsto per ottobre, potrà essere giocato sul piano plebiscitario e ingannevole, oppure rimediare alle forzature con cui la pluriforma è stata costruita. Il difetto sta nel manico: se con un unico procedimento di revisione costituzionale si varano riforme plurime e disomogenee, così forzando il senso dell’articolo 138, è evidente che il referendum confermativo presenterà ai cittadini un quesito disomogeneo e incomprensibile. Diverso, invece, se i quesiti saranno plurimi, per capitoli coerenti. Lo spacchettamento, inizialmente proposto dai radicali, quindi, è una buona cosa.

Matteo Renzi ha ricordato che l’obbrobrio della riforma del titolo quinto (il cosiddetto “federalismo”) fu fatto dalla sua parte politica, la sinistra. Nella speranza di far concorrenza elettorale alla Lega. E’ esattamente quel che qui sostenemmo. Ragione per cui oggi sarei felice di votare a favore della retromarcia, sebbene dopo quindici anni di disastri. Ma nella stessa riforma è prevista la nascita di un Senato composto da consiglieri regionali, facendo il verso a quello tedesco, ma con la Germania che è uno Stato federale. Quindi, per la stessa ragione per cui voterei favorevolmente alla prima cosa voterò contro la seconda. Se mi mettete davanti a un solo quesito la risposta è: No. Se si proverà, come si proverà, a buttarla in caciara, dicendo cose demagogiche ed insulse, del tipo “abbiamo diminuito il numero dei senatori”, oppure “abbiamo chiuso il Cnel”, se, quindi, si utilizzeranno argomenti di rara bassezza e di nessuno spessore, a maggior ragione la risposta sarà: No. Ma se, invece, mi domandate, separatamente, senza che questo comporti l’accettazione di un monocameralismo eletto con riffa e premio di maggioranza, che sorte vorrei riservare al Cnel, allora sarà facile rispondere: è già morto da molti anni, seppelliamolo.

Che Renzi abbia voluto chiamare il plebiscito, continuando la ricerca della legittimazione elettorale senza le elezioni, è fin troppo evidente. Lo è anche, però, il fatto che, forse, questo è il solo modo che ha per riuscire a perdere quel referendum. La campagna per il Sì e più facile di quella per il No, perché sarà giocata al ritmo delle riforme finalmente fatte (se ne sono fatte 35, di riforme costituzionali, ma è vero che questa è la prima in cui il 138 viene utilizzato come un vagone merci) e del dimagrimento imposto agli odiati politici. Non è vero, ma funzionerà. A meno che non sia proprio Renzi a fornire la piattaforma per la campagna del No: se volete mandarlo via, questa è l’occasione. Inutile aggiungere che, con una campagna di questo tipo, da ambo le parti, alla bestemmia costituzionale di avere chiesto di rispondere una sola volta a molte domande, diverse fra loro, si aggiungerà quella di una campagna che con il merito della scelta non avrà nulla a che vedere.

Lo spacchettamento, in queste condizioni, sarebbe la dimostrazione di una certa saggezza e prudenza istituzionale. Darebbe l’impressione che la scena non è popolata solo da avventurieri. Restituirebbe serietà alla consultazione popolare, offrendo la possibilità di rispondere a più domande, di senso compiuto. Se solo fosse rimasto un po’ di senso di responsabilità, dovrebbero essere le forze politiche a rivolgere alla Corte costituzionale la richiesta di provvedere alla formulazione dei quesiti. E un suggerimento in tal senso, da parte del presidente della Repubblica, sarebbe un buon passo.

Pubblicato da Libero

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