Fuga dal Medio Oriente

I ribelli perdono terreno di fronte all’avanzata del regime siriano. Qualcuno potrebbe pensare che la fine di questa guerra sia vicina, con Putin alla testa delle milizie del regime di Assad. Potremmo, invece, assistere ad un allargamento dello scontro su scala mediorientale. Da tempo la Siria è diventata il campo di battaglia del conflitto tra Sciiti e Sunniti, le due correnti dell’Islam, e i loro rispettivi paladini, Iran e Arabia Saudita, le potenze egemoni della regione.

resizeNel frattempo, famiglie ed intere popolazioni fuggono dal terrore della guerra, dal dramma della povertà, in preda ai morsi della fame. Nel 2015 centinaia di migliaia di persone hanno tentato di raggiungere l’Europa, circa 900.000 attraverso le isole greche ed un numero solo leggermente inferiore puntando alle coste italiane.
Milioni di Siriani, Afgani, Iracheni sono però bloccati in Turchia e si accalcano ai confini dell’Europa.
Centinaia di migliaia di giovani Africani, invece, non sono nemmeno riusciti a raggiungere la Libia attraversando l’Africa Sub-sahariana, rinunciando a migrare, morendo.

La crisi provocata da questa ondata migratoria esiste solo nella misura in cui siamo noi a percepirla come tale, mentre le nostre soluzioni mostrano tutta la loro fallibilità. La rotta della “salvezza” si è spostata da quella, pericolosissima, via mare a quella via terra attraverso i Balcani. Un viaggio che, negli ultimi mesi, è diventato anche più “sicuro”, vista l’organizzazione di trasporti velocizzati da parte delle autorità greche, macedoni, serbe, croate, ungheresi e slovene. Anche la scelta di Berlino di aprirsi ai richiedenti asilo provenienti dalla Siria ha incoraggiato molte più persone a partire, e molte altre a far carte false pur di accalappiarsi un passaporto siriano e cercare le strade per l’Europa allarmando in misura sempre maggiore gli Europei.

Vorrei chiedere, allora, di immaginare, di fermarci un istante durante la lettura ed immedesimarci.
Viviamo a Damasco, ad Aleppo, a Homs. Il nostro Paese viene sconvolto dalla guerra civile. I nostri figli rischiano di contrarre malattie, soffrire la fame, rimanere uccisi nei bombardamenti o finire vittime dei tagliagole.
Non ci resta che la fuga. Se siamo fortunati finiamo in un campo in Giordania, in un villaggio in Libano, nella Turchia di Erdogan. Non possiamo lavorare, studiare, a volte manca l’acqua corrente o l’elettricità. Ci troviamo bloccati in questa situazione e gli anni passano. Uno. Due. Tre. Quattro. Una situazione transitoria si trasforma in permanente. Non sembra esserci via d’uscita, mentre, all’entrata del campo, la calca cresce. Pensiamo ad un’altra fuga? Una fuga illegale perché, di anno in anno, è sempre più difficile ottenere un visto per scappare dal Medio Oriente. Per non parlare dei visti per l’Europa, un’utopia. Di corridoi umanitari, neanche l’ombra.
Ma dall’ombra emergono i trafficanti, contrabbandieri di uomini che hanno fatto della disperazione altrui un business.

Abituati all’eurocentrismo, anche noi ci troviamo spesso dalla parte dei trafficanti, naturalmente non nello sfruttamento del fenomeno, ma di sicuro nella spersonalizzazione dello stesso. Anche noi parliamo di migranti, richiedenti asilo, rifugiati, dando per scontato che essi siano poveri, disperati. C’è anche chi li reputa potenziali terroristi o criminali. Pensiamo mai, invece, che si tratta di Persone? Che abbiamo di fronte una marea umana fatta di talenti, ambizioni, pregi, difetti? Ci chiediamo mai cosa succede nel viaggio? Cosa significa migrare? Forse, la nostra unica attenzione è solo quella di preservare il nostro benessere, la nostra opulenza, il nostro egoismo.

Claudio Torbinio

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