Parigi colpita al cuore

Indagini in corso tra solidarietà e collaborazione contro una minaccia globale senza precedenti. I giovani in prima linea a favore dell’ISIS. Scopriamo perché

Giovanna De Filippo

giovanna 2A poco più da una settimana dagli attentati che hanno martoriato la capitale francese, il clima di tensione si è ormai diramato in tutto il mondo, facendoci vivere in modo diverso la quotidianità, portata ai livelli più alti di allerta. Televisione, radio, web ci bombardano ripetutamente da ogni parte, fornendoci numerosi informazioni, in parte veritiere, in parte definite “bufale” che girano soprattutto su Facebook e dalle quali guardarsi bene.

Ciò che resta però sono i fatti tragici che hanno scalfito il cuore di Parigi, in quel maledetto venerdì 13, quando il fine settimana parigino era appena iniziato, seminando morte e orrore tra civili, donne e uomini che trascorrevano il loro venerdì in uno dei tanti caffè, bar, locali. Persone comuni diventate a un tratto straordinarie per le loro storie, per le loro vite, per la crudeltà subìta, per aver fatto da vero e proprio scudo, come raccontano nelle interviste e nei video disponibili sul web.

Fatti che hanno scosso e smosso le coscienze di tutti, mettendo in moto i Governi dei Paesi europei a prendere decisioni, riuniti insieme, in un clima di condivisione e solidarietà.

I controlli, le misure di sicurezza e l’utilizzo delle Forze dell’ordine sono moltiplicati, in Francia come in Europa come in Italia. Ad essere monitorate non sono solo le piazze o i monumenti delle città ma luoghi comuni e di poco conto, frequentati quotidianamente da tutti. E le indagini, a otto giorni dagli agguati da parte del commando jihadista, sono in corso, aggiungendo dettagli rilevanti sulle dinamiche degli eventi.

La mente di questa carneficina è Abdelhamid Abaaoud, morto qualche giorno fa nel raid a Saint Denis, quartiere a nord di Parigi, insieme alla cugina Hasna Aitboulahcen, 26 anni, francese di origine marocchina che in una foto mostra tutta la sua fierezza nell’essere entrata a far parte di una vera a propria organizzazione criminale.

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Ma chi sono gli attentatori? Qual è la loro identità? Perché si sono alleati all’IS? Com’è cambiata la “filosofia” e quali sono le strategie per acutizzare la paura?

ISIS non è altro che lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria, di cui fa parte un gruppo feroce jihadista che il 29 giugno 2014 ha annunciato la creazione di un califfato islamico capeggiato da Abu Bakr al-Baghdadi, “il califfo dei musulmani”, nei territori tra Siria e Iraq con l’obiettivo di ridefinire i confini del Medio Oriente. Attualmente il califfato occupa un territorio di circa 35mila km²  e più di 30mila combattenti, perlopiù giovani in cerca di lavoro, sono stati costretti o si sono arruolati consapevolmente. Molti di loro parlano inglese e sono partiti da Londra, Bruxelles, Parigi, Berlino, Spagna.

Tra questi c’era anche lui, Abaaoud, 28 anni, originario del Marocco, detto “il belga” e ritenuto il mandante degli attentati di venerdì sera a Parigi. A Bruxelles entrò a fare parte di un gruppo di invasati della guerra santa, che aveva in lui il suo principale riferimento. Riuscì a portare in Siria anche suo fratello minore, appena 13enne, secondo i media «il jihadista più giovane del mondo». Nel marzo del 2014 appare in un video: spavaldo, è alla guida di un 4×4 che trasporta dei corpi mutilati. In un miscuglio incomprensibile di francese e arabo, dice, con il sorriso sulla bocca: «Prima ce ne andavamo con le macchine in vacanza nei nostri paesi, trascinando dietro rimorchi, pieni di regali per i nostri cari. Ora trasciniamo gli infedeli, quelli che combattono l’Islam».

Ben integrato insieme alla sua famiglia in Belgio, si autodefinì su Facebook “terrorista turista”, mentre il padre, intervistato qualche mese fa, si chiedeva «perché questo desiderio di uccidere delle persone innocenti? Noi dobbiamo tutto a una nazione come il Belgio».

Abaaoud era stato precedentemente condannato a vent’anni di prigione dopo esser stato processato, nonostante la sua assenza in tribunale, per reclutamento per conto dell’Isis.

Quello che colpisce di più e che in un certo senso si differenzia nettamente dalle modalità attuate dai precedenti attentati è la propaganda terroristica, condotta principalmente dai social network: internet, video, foto, pagine social, da Twitter a Facebook, da YouTube ai semplici blog, la nuova guerra del terrore dello Stato Islamico si combatte con la propaganda in lingua inglese e non solo, secondo una precisa social media strategy. 40mila è il numero di tweet che sono stati inviati in un solo giorno dai sostenitori dello Stato Islamico.

Perché la Francia è nel mirino dell’Isis? A riguardo parla  Jean Guisnel, esperto di questioni militari e servizi segreti, il quale sostiene che «Il perché è molto semplice. La Francia è in prima linea negli affari del Medio Oriente. E’ in prima linea quasi da sola nel Mali, dove combatte gli estremisti islamici. Ed è almeno in seconda linea nella guerra a bassa intensità contro l’Isis, colpendo con i suoi aerei in Iraq e Siria. Piccolo dettaglio, sul suo territorio c’è la più grande comunità islamica d’Europa».

Gli attacchi a Charlie Hebdo e quelli del 13 novembre sono la dimostrazione che lo Stato islamico, ad oggi, rimane la più grande minaccia terroristica contemporanea. Ma dimostrano anche la forza da parte di tutti a non sottomettersi e a voler combattere affinché stragi come queste non avvengano più.

Angela Caporale

Giornalista pubblicista dal 2015, ha vissuto (e studiato) a Udine, Padova, Bologna e Parigi. Collabora con @uxilia e Socialnews dall’autunno 2011, è caporedattrice della rivista dal 2014. Giornalista, social media manager, addetta stampa freelance, si occupa prevalentemente di sociale e diritti umani. È caporedattore della rivista SocialNews in formato sia cartaceo che online, e Social media manager. 

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