La prevenzione passa per lo sport

Dati recenti riferiscono che il 31% della popolazione mondiale non si attiene alla raccomandazione di svolgere un’attività fisica minima. In Italia addirittura il 40% degli adulti si considera sedentario

di Pier Luigi Temporelli

“Corro perché è bello, mi rende ottimista, più calmo, meno ansioso. Riesco a concentrarmi più a lungo nel lavoro e ho conquistato un miglior controllo della mia vita”. Così Jimmy Fixx nel suo best seller “The complete book of running”. Di fatto, già duemila anni prima, Ippocrate stesso, nel suo “Regime”, raccomandava con lungimiranza l’attività fisica: “Non si può mantenersi in salute basandosi soltanto sul tipo di alimentazione. A questa bisogna affiancare anche degli esercizi fisici”. Oggi, supportati da un’ampia evidenza scientifica, sappiamo che una regolare attività fisica sottomassimale, nel contesto di uno stile di vita corretto, riduce in modo significativo la mortalità e la probabilità di eventi cardiocerebrovascolari, in prevenzione primaria e secondaria. In aggiunta, è scientificamente provato che l’esercizio fisico è in grado di ridurre l’incidenza di altre patologie, tra le quali diabete, osteoporosi, depressione, tumore della mammella e tumore del colon. L’esercizio fisico è stato correttamente definito una straordinaria terapia cardiovascolare, a bassissimo costo e con pochissimi effetti collaterali. Purtroppo, nonostante questa consapevolezza, la sedentarietà rimane un’abitudine diffusa nel mondo occidentale.

La sedentarietà: una piaga del terzo millennio

Dati recenti riferiscono che il 31% della popolazione mondiale non si attiene alla raccomandazione di svolgere un’attività fisica minima. Anche in Italia, l’istituto Superiore di Sanità e i registri di società del settore confermano che la popolazione adulta dimostra scarsa attitudine alla regolare attività fisica: una percentuale di circa il 40% degli Italiani adulti è sedentaria, con una prevalenza di inattività da parte del sesso femminile. Ancora più allarmante un’indagine condotta in ambito scolastico: documenta un’inaccettabile prevalenza di sovrappeso e obesità nei bambini della scuola primaria, dovuta ad uno stile di vita scorretto nel quale gioca un ruolo primario la sedentarietà.

La necessità di contrastare l’inattività fisica a livello mondiale è amplificata dal rischio in termini di salute che ciò comporta. Recentemente, è stato dimostrato che il 6-10% di tutti i decessi da malattie non trasmissibili in tutto il mondo può essere attribuito ad inattività fisica. La percentuale è ancora più alta per malattie specifiche (ad esempio, 30% per cardiopatia ischemica). Nel 2007, circa 5,5 milioni di decessi nel mondo dovuti a malattie non trasmissibili potevano teoricamente essere evitati, se le persone inattive fossero state, invece, sufficientemente attive.

Diffondere la cultura della regolare attività fisica

Parlare di attività fisica non significa riferirsi allo sport in generale o ad un particolare esercizio fisico. Vuol dire ricominciare (o continuare, per chi non ha mai smesso) ad usare il nostro corpo nel modo per cui è stato progettato: camminare, correre, a volte, essere fisicamente attivi in tutte le nostre esperienze quotidiane, al lavoro, a casa, negli spostamenti da e per i luoghi che frequentiamo o durante il tempo libero. E’ ampiamente noto che la sedentarietà rappresenta un fattore di rischio importante di morte e invalidità derivanti da malattie non trasmissibili in tutto il mondo industrializzato. A differenza, però, di altri fattori di rischio di malattie non trasmissibili, quali tabacco ed alcol, l’importanza dell’attività fisica quale antagonista alla sedentarietà è stata solo marginalmente riconosciuta. Il problema, inoltre, non è stato finora correttamente affrontato a livello di popolazione, non solo nelle Nazioni a basso o medio reddito, ma anche in molti Paesi occidentali, come l’Italia. L’attività fisica viene spesso percepita solo come strumento per controllare l’obesità. Pertanto, l’inattività è considerata un fattore di rischio minore. Eppure, i benefici dell’attività fisica sono di vasta portata e si estendono ben oltre la sola salute. Essere fisicamente attivi garantisce un importante contributo al benessere fisico e mentale. Ulteriori aspetti positivi sono una migliore qualità della vita, il miglioramento del sonno, la riduzione dello stress ed una maggiore socializzazione.

L’attività fisica va intesa come “naturale” farmaco cardiovascolare

Per molti anni, i medici, in generale, ed i cardiologi, in particolare, sono stati fortemente influenzati da errate congetture secondo le quali andava raccomandato un prolungato riposo alla maggior parte dei loro pazienti. All’inizio degli anni ’80, un famoso studio dell’Università di Harvard su 17.000 allievi seguiti dal 1916 al 1950 mostrò come la curva di rischio cardiovascolare diminuisse all’aumentare dell’esercizio fisico praticato, fino ad un minimo di 6-8 ore settimanali. All’aumentare dell’attività fisica, il rischio di morte tornava leggermente a salire. Lo studio di Harvard è stato una pietra miliare perché ha convinto la classe medica che l’attività fisica non è solo consigliabile, ma, addirittura, necessaria. Di conseguenza, negli ultimi decenni si è assistito ad una rivoluzione culturale. Una regolare attività fisica “moderata” viene ora prescritta non solo per la prevenzione della cardiopatia ischemica, ma anche come componente fondamentale della terapia post infarto miocardico, angioplastica, bypass aorto-coronarico e, addirittura, scompenso cardiaco cronico in fase di stabilità. Per tali ragioni, l’esercizio fisico si propone come mezzo preventivo e terapeutico fisiologico, economico ed efficace in numerose condizioni cliniche.

L’attività fisica esercita effetti diretti ed indiretti sul sistema cardiovascolare: entrambi possono potenziare la capacità funzionale e ridurre la probabilità di eventi cardiovascolari.

I benefici indiretti includono la riduzione dei fattori di rischio, il rafforzamento della muscolatura scheletrica e i cambiamenti di alcuni stili di vita scorretti, in particolare attraverso la riduzione dello stress.

I benefici diretti includono la riduzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, a riposo e sotto sforzo, il potenziamento del tono venoso periferico, l’espansione del volume plasmatico e l’incremento della contrattilità cardiaca. E’ stato documentato anche un incremento del flusso coronarico e della soglia di induzione di fibrillazione atriale. La riduzione della frequenza cardiaca a riposo rappresenta, forse, l’effetto più evidente di una regolare attività fisica. I meccanismi che veicolano tale effetto sono l’aumento del tono parasimpatico e della gittata sistolica. Anche la pressione arteriosa, a riposo e sotto sforzo, si abbassa dopo regolare attività fisica, per una riduzione del post carico che induce un aumento della frazione d’eiezione e della gittata sistolica. (Tabella)

Rapporto rischio/beneficio dell’attività fisica

Sulla base delle evidenze a favore, l’attività fisica sottomassimale viene attualmente proposta in tutti i programmi di prevenzione cardiovascolare, primaria e secondaria. In alcuni contesti è stato obiettato che, a fronte di effetti positivi, l’attività fisica possa comportare anche alcuni rischi, in particolare a carico dell’apparato cardiovascolare: se praticato ad elevata intensità, l’esercizio fisico può rappresentare il trigger di eventi acuti cardiovascolari, quali infarto miocardico, angina pectoris e morte improvvisa. Inoltre, l’attività fisica, soprattutto se caratterizzata da un elevato impegno cardiovascolare, potrebbe essere potenzialmente responsabile di un’evoluzione sfavorevole del quadro clinico di alcune cardiopatie (cardiomiopatia ipertrofica, displasia aritmogena del ventricolo destro e alcune valvulopatie) e di alcune patologie aritmiche (fibrillazione atriale). Pertanto, ogni individuo adulto che si appresti ad iniziare un’attività fisica ad intensità medio-elevata, tanto più se precedentemente sedentario, cardiopatico noto o con multipli fattori di rischio cardiovascolare, dovrebbe essere sottoposto preventivamente ad un’attenta valutazione medica con la raccolta di alcuni semplici dati clinici (anamnesi, obiettività, ECG a riposo) ed eventuale approfondimento in casi selezionati (ecocardiogramma, test ergometrico) per verificare l’esistenza di cardiopatie clinicamente silenti nei soggetti apparentemente sani e stratificare il rischio associato alla pratica dell’attività fisica in caso di cardiopatia accertata. Va, tuttavia, fortemente ribadito che il livello minimo di attività fisica (efficace come strumento di salute cardiovascolare) raccomandato da tutte le società scientifiche e da tutte le Linee Guida (es. camminare a passo spedito 30 minuti al giorno 3/5 giorni a settimana) è di intensità tale da non richiedere, nella stragrande maggioranza dei casi, nessun approfondimento specifico rispetto a quanto già accertato in prevenzione primaria e secondaria.

Tabella – Meccanismi alla base della riduzione della mortalità totale e cardiaca mediante regolare esercizio fisico

Riduzione della frequenza cardiaca a riposo e sotto sforzo

Riduzione della pressione arteriosa a riposo e sotto sforzo

Riduzione della richiesta di ossigeno ai carichi sottomassimali

Espansione del volume plasmatico

Incremento della contrattilità miocardica

Incremento del tono venoso periferico

Effetti favorevoli sul sistema fibrinolitico

Miglioramento della vasodilatazione endotelio-dipendente

Incremento del tono parasimpatico

Incremento dei circoli collaterali coronarici e della densità capillare miocardica

di Pierluigi Temporelli,

Divisione di Cardiologia Riabilitativa

Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS

Istituto Scientifico di Veruno

Angela Caporale

Giornalista pubblicista dal 2015, ha vissuto (e studiato) a Udine, Padova, Bologna e Parigi. Collabora con @uxilia e Socialnews dall’autunno 2011, è caporedattrice della rivista dal 2014. Giornalista, social media manager, addetta stampa freelance, si occupa prevalentemente di sociale e diritti umani. È caporedattore della rivista SocialNews in formato sia cartaceo che online, e Social media manager. 

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