Bambini: cittadini, non sudditi

La buona scuola è quella che forma il buon cittadino. Dobbiamo partire da questo assunto per comprendere quale ruolo possa assumere un progetto finalizzato alla promozione della cittadinanza attiva tra i più piccoli. La scuola, di ogni ordine e grado, svolge un ruolo sociale fondamentale: permette a migliaia di bambini di imparare a leggere, scrivere, ragionare autonomamente e per loro rappresenta un nucleo di relazione. Proprio nel contesto scolastico, infatti, i minori iniziano ad incontrare la differenza. Differenza e relazione con l’altro rappresentano un nodo particolarmente problematico nel mondo di oggi. I fatti di cronaca ci ricordano quasi quotidianamente quanto sia difficile la convivenza e come il clima di tensione generalizzato stia contagiando anche i minori. È di questi giorni la notizia delle minacce ricevute da una 14enne di origine senegalese molto brillante a scuola. La sua colpa? Essere brava e sognare di diventare avvocato.

Purtroppo, queste notizie salgono agli onori della cronaca e devono farci suonare un campanello d’allarme: rimarcano, infatti, la necessità di curare non solo l’aspetto formativo in senso stretto fornito dalla scuola. In questa direzione si muove la recente riforma varata dal Governo Renzi. La “Buona scuola”, come è stato denominato il provvedimento, presenta diverse criticità, tanto che i principali sindacati hanno organizzato manifestazioni e proteste in tutto il Paese. Tuttavia, a differenza delle riforme precedenti, la “Buona scuola” si ricorda, finalmente, dell’educazione civica. Partendo da una serie di esempi virtuosi sparsi per l’Italia, frutto della lungimiranza, della passione e dell’impegno profusi da insegnanti e associazioni, vengono promosse iniziative finalizzate all’educazione alla cittadinanza. Alla base di queste attività vi è il rispetto della legalità, della sostenibilità ambientale, dei beni e delle attività culturali e dei beni paesaggistici. Appare, pertanto, necessario sostenere la creazione di spazi di dialogo all’interno dei quali bambini e ragazzi possano discutere sui temi d’attualità in maniera libera e costruttiva. Queste attività sono fondamentali per permettere lo sviluppo dello spirito critico dei cittadini di oggi e di domani: i ragazzi hanno bisogno di sperimentare direttamente limiti e possibilità dei propri diritti.

Una volta, un grande Uomo, qual era Carlo Alfredo Moro, mi avvicinò e mi chiese: “Lei considera il bambino più come suddito e cittadino?”. Una domanda molto semplice, capace, però, di spiazzarmi completamente. Grazie alle parole di questo studioso, ed anche magistrato, docente e giurista, mi sono reso conto che anche nel nostro Paese i più piccoli potevano cadere vittima di discriminazione a causa dell’età. Da allora ho assunto un impegno personale affinché ciò non si verifichi. Attivismo sociale e cittadinanza attiva rappresentano elementi che vanno coltivati sin dall’infanzia, stimolati ed incoraggiati da noi adulti. Non possiamo permettere che i nostri figli si ritrovino privi di alcuni diritti fondamentali. Dobbiamo insegnare loro che la res publica va tutelata come fosse il proprio tesoro più prezioso. Solo così riusciremo a gettare fondamenta solide per un futuro più equo e fedele ai principi in cui crediamo.

Claudio Torbinio

Rispondi