Non c’è cuore senza cervello: lo stress e le emozioni

di Dott. Kira Stellato Psicologa

 Ogni stress lascia una cicatrice indelebile, e l’organismo paga per la sua sopravvivenza, dopo una situazione stressante, diventando un po’ più vecchio.

Hans Selye

L’Organizzazione Mondiale della Sanità colloca le malattie cardiovascolari al primo posto come principale causa di mortalità nel mondo. I dati raccolti dall’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro, dal canto loro, ci dicono che più di un lavoratore su quattro soffre di stress lavoro-correlato e che questo stress, oltre ad aumentare assenteismo e ridurre produttività, può determinare importanti ricadute nell’ambito della salute. La ricerca degli ultimi anni ha evidenziato come le determinanti di tipo emozionale, in gran parte collegabili a condizioni di stress cronico, contribuiscano all’aumento di morbilità e di mortalità, andando a sommarsi ai fattori di rischio tradizionali (fumo, obesità). Indicatori quali ansia, depressione, ostilità-aggressività o particolari tratti di personalità (personalità di tipo D, individui con visione pessimistica della vita, ansiosi e con prevalenza di emozioni negative) sono stati riconosciuti quali importanti fattori di rischio coronarico. Negli ultimi anni, guidati dalla ricerca, gli interventi migliorativi della componente psicologica della salute hanno iniziato a far parte di ogni efficace programma di prevenzione e/o riabilitazione in ambito cardiovascolare.

Per essere veramente efficace, tuttavia, ogni programma di prevenzione deve tener conto della dimensione mente-corpo della persona e dell’influenza dell’ambiente sul benessere psico-sociale dell’individuo che lo occupa. Quando parliamo della persona oggi, dobbiamo inserirla in un contesto fortemente influenzato e modificato dalle nuove tecnologie informatiche. Questi cambiamenti, iniziati negli anni ’80, hanno determinato un vero e proprio tsunami di dimensioni globali che ha ridotto le distanze fisiche, accelerato i ritmi di lavoro e creato forme alternative di comunicazione sociale. La razionalizzazione dei processi lavorativi e degli scambi personali doveva portare ad una liberazione di risorse personali. In realtà, la dimensione virtuale delle nostre abitudini ha determinato una frammentazione del tempo ed un impoverimento delle relazioni sociali, destrutturando il nostro vivere quotidiano. Portare attenzione al momento reale, al qui e ora, è diventato un elemento estraneo alla nostra quotidianità. Il multitasking e l’uso costante della tecnologia (sms, smartphone, pc, piattaforme sociali) sono diventati strumenti di avvicinamento virtuale, ma di allontanamento sostanziale dell’individuo dalla relazione intima con se stesso e con l’altro. I cambiamenti demografici, sociali e culturali degli ultimi trent’anni hanno creato spazi ricchi di responsabilità (ad esempio, le necessità di accudimento di genitori sempre più anziani), ma, nello stesso tempo, poveri di contenuti relazionali, lasciandoci vulnerabili allo stress.

Cos’è lo stress?

Il neuroendocrinologo Selye fu il primo a studiare il fenomeno dello stress, nel lontano 1936. Selye lo definì una ‘sindrome generale da adattamento’ (Selye, 1956). Durante la prima fase di allarme nei confronti di quello che il nostro organismo percepisce come un potenziale pericolo, l’organismo chiama a raccolta tutti i propri meccanismi di difesa, iniziando a secernere ormoni, in particolare l’adrenalina, e facendo accelerare rapidamente il ritmo cardiaco. Il fattore stressante può essere di tipo psicologico (un licenziamento, un’accesa discussione), fisico (un trauma) o biologico (un’intossicazione alimentare). Indipendentemente dalla causa, il processo chimico che ne deriva è identico. Oltre all’adrenalina, in questa fase il nostro organismo secerne cortisolo e noradrenalina in quantità fino a dieci volte superiori al normale. Contemporaneamente, si ha anche una produzione di beta endorfine, gli antidolorifici naturali dell’organismo che innalzano la soglia del dolore per permettere all’organismo di affrontare traumi e sforzi molto più intensi di quanto riuscirebbe a sopportare in condizioni normali. La pressione sanguigna si innalza, aumenta il ritmo respiratorio, le pupille si dilatano, la sudorazione aumenta, i peli si rizzano sulla cute e la funzione digestiva rallenta. Infine, le aree del cervello preposte all’elaborazione delle informazioni e al problem-solving vengono irrorate da una minore quantità di sangue. Come risultato, diminuisce la capacità di concentrazione e l’efficienza mentale.

Alla prima fase di allarme fa seguito una seconda fase di adattamento, che corrisponde all’adeguamento psicofisico alle nuove circostanze. Anche in questa fase si ha un’intensa produzione di cortisolo che porta, come conseguenza, una diminuzione delle difese immunitarie. Se la situazione stressante dura per un periodo relativamente breve, le conseguenze sul nostro organismo non sono affatto gravi. Se, però, lo stress si prolunga e diventa un’abitudine quotidiana, l’indebolimento delle difese immunitarie può rendere il nostro organismo estremamente vulnerabile alle malattie, anche gravi.

La terza e ultima fase, detta di esaurimento, rappresenta la risposta conclusiva all’evento stressante. Se la fase di adattamento termina prima che tutte le nostre energie siano state utilizzate, ne conseguirà una sensazione di stanchezza, unita, spesso, ad una sensazione di appagamento e risoluzione. Se, però, la fase di adattamento è durata a lungo, la fase di esaurimento diventa lunga e dolorosa e trova molti di noi impreparati. E’ in questo stato mentale che alcuni ricorrono all’alcool o agli psicofarmaci per attivare la fase di esaurimento.

Lo stress è una malattia?

Certamente no! Come abbiamo visto, si tratta di una risposta di reazione efficiente e ben organizzata nei confronti di un pericolo esterno. Purtroppo, però, ci troviamo a vivere ritmi di vita sempre più accelerati e innaturali. Lo stress diventa, quindi, sovente di tipo cronico. Questa cronicizzazione può portare ad una serie di problemi particolarmente seri per il nostro equilibrio fisico e mentale. Vediamo un elenco delle principali malattie che possono essere causate o esacerbate dallo stress:

Lo Stress e il Corpo

  • Malattie cardiovascolari
  • Diabete
  • Malattie autoimmuni
  • Malattie della pelle
  • Ipertensione
  • Emicranie
  • Cefalee
  • Dolore cronico
  • Asma
  • Malattie gastrointestinali
  • Sindrome premestruale

Lo Stress e la Mente

  • Depressione
  • Ansia
  • Disordini alimentari
  • Dipendenze
  • Irritabilità e tensione
  • Ipervigilanza e pensieri intrusivi

La “Mindfulness” per la salute di corpo e mente

Quando parliamo di gestione dello stress, identifichiamo una serie di tecniche finalizzate a modificare pensieri e comportamenti per costruire, nel tempo, un approccio più efficace alle situazioni ed alle emozioni negative.

Mindfulness è un termine inglese che, a sua volta, traduce la parola “sati”: in lingua Pali, significa “attenzione consapevole”, capacità di osservare, in assenza di giudizio, la nostra realtà fisica e mentale senza cadere nella tendenza umana a rimuginare sulla nostra sofferenza o a fuggire dall’esperienza stessa, perdendoci nella ricerca estenuante delle ragioni che hanno condotto a tale sofferenza, delle colpe nostre o altrui e dei mezzi che potrebbero aiutarci ad uscirne.

La mindfulness rappresenta un’efficace strategia di coping, il cui obiettivo principale è quello di sviluppare una relazione amichevole con i nostri pensieri, le nostre emozioni, le nostre sensazioni fisiche, riuscendo ad osservarli come semplici interpretazioni della realtà e non come la realtà stessa. La capacità di guardare ai pensieri ed alle emozioni negative come semplici oggetti mentali temporanei migliora la consapevolezza meta-cognitiva e sembra essere associata ad una minore vulnerabilità alla depressione (Segal et al, 2013).

Attraverso l’utilizzo della mindfulness è possibile superare la dimensione del fare per entrare in quella dell’essere. Nella prima, la nostra mente si attiva in continuazione per fuggire o trattenere un’emozione spiacevole o piacevole; nella seconda, si impara a rimanere nella dimensione fisica e temporale del momento vissuto, portando l’attenzione al qui e ora, all’unità della nostra esperienza piuttosto che alla sua frammentazione. Attraverso la pratica della consapevolezza, impariamo a stare nel presente senza cercare di modificarlo, interpretarlo o giudicarlo. Accogliendo l’esperienza come una serie di eventi mentali passeggeri e mutevoli, è possibile liberarsi dalla sofferenza legata a condizionamenti o aspettative. La pratica della mindfulness, ancorando il sé alla propria esperienza diretta piuttosto che al giudizio altrui, permette, inoltre, all’individuo di reagire con maggiore equilibrio a giudizi negativi, migliorando autostima ed empowerment.

Il training della mindfulness si focalizza sulla capacità di:

  • riconoscere, nella nostra realtà quotidiana, le emozioni ed i pensieri negativi prima che essi attivino pensieri, parole o comportamenti disfunzionali. Una migliore gestione dei nostri stati emotivi migliora la qualità del lavoro svolto e la comunicazione con gli altri;
  • imparare a stare con le emozioni più difficili, intense e/o spiacevoli senza fare nulla per trattenerle o allontanarle da noi. Lo sviluppo di una maggiore consapevolezza implica una maggiore presa di coscienza dei nostri meccanismi di risposta automatici;
  • sviluppare un allenamento mentale per dirigere e mantenere concentrazione, ricettività e vigilanza anche in condizioni di carichi di superlavoro e stress;
  • sviluppare l’empatia, intesa come disponibilità ad aprirsi verso l’altro, riducendo l’attitudine al giudizio/pregiudizio, utilizzando modalità comunicative più orientate verso la gentilezza, la non aggressività verbale, l’accoglienza e il rispetto;
  • comprendere gli altri e le loro problematiche aumentando la nostra capacità di stabilire e rafforzare dinamiche inter-relazionali efficaci attraverso l’ascolto attivo. Questo allenamento della mente permette di essere presenti ai processi interni nostri e del nostro interlocutore, allenando e sviluppando la nostra intelligenza emotiva;
  • sviluppare capacità di problem-solving e di gestione del cambiamento. Imparando ad accedere al nostro spazio interiore senza condizionamenti, possiamo sviluppare creatività e pensiero laterale al di fuori degli obsoleti schemi mentali per esplorare nuovi tipi di relazione e di risposte all’ambiente.

Meditazione e mindfulness

La pratica della meditazione accompagna e sostiene il percorso di consapevolezza. Con il termine “meditazione” si intende l’utilizzo di una concentrazione rilassata sul respiro, su una parola, un suono, un oggetto, un movimento o un’immagine per sviluppare la propria capacità di osservazione partecipante del momento presente. Le sue origini si possono ritrovare, con forme ed aspetti diversi, in tutte le principali tradizioni filosofiche e spirituali del mondo. Pratiche meditative sono, infatti, utilizzate nella contemplazione cristiana, nel buddismo, nell’induismo, nel sufismo, ecc.

Negli ultimi trent’anni, la ricerca occidentale si è focalizzata sul ruolo della mente nella prevenzione e nella cura delle malattie. La meditazione è diventata l’oggetto di numerosi studi e numerose ricerche a livello internazionale per le sue conseguenze fisiologiche sul benessere psicofisico della persona.

Cosa succede quando si medita

Il nostro cervello è un organo elettrochimico. La sua attività elettrica si esplica sotto forma di onde cerebrali che presentano ampiezze e frequenze diverse. Le onde Beta corrispondono al più alto livello di eccitazione ed attività. Quando parliamo, lavoriamo o pratichiamo un’intensa attività di pensiero logico, il nostro cervello esibisce un pattern di onde Beta. Quando, invece, meditiamo, la risposta di rilassamento innescata porta ad una diminuzione della frequenza delle nostre onde cerebrali, che passano dal ritmo Beta (13-30 cicli al secondo) a quello Alfa (7-12 cicli al secondo). Oltre al cambiamento di ritmo delle onde cerebrali, le ricerche hanno anche evidenziato un altro elemento interessante: la crescita di una consapevolezza sempre maggiore del nostro corpo, della nostra mente e dell’ambiente che ci circonda. Ciò significa che, al contrario di quanto molti pensano, la meditazione non è pura astrazione o chiusura in un mondo segreto e distante dalla realtà, ma sviluppa la capacità di vivere pienamente l’attimo presente, in piena consapevolezza (mindfulness) e con rilassata concentrazione. Questa caratteristica, utilizzata nel nostro quotidiano, significa maggiore libertà della mente e capacità di connettersi intimamente con la parte più creativa ed intuitiva del nostro essere, con una maggiore capacità di attenzione e di presenza.

Con la meditazione, la mente indaga se stessa e supera i confini della semplice tecnica di rilassamento per portare a cambiamenti profondi, permanenti e positivi del proprio modo di vivere in relazione a se stessi e agli altri. Studi e ricerche hanno dimostrato che la mente non è un’entità rigida e inflessibile, ma possiede in sé una duttilità che le permette di essere trasformata in profondità dalla pratica quotidiana.

Meditazione e salute

Gli inizi degli anni ’60 segnarono numerosi studi scientifici sugli effetti fisiologici della meditazione. I primi scienziati impegnati in questa ricerca furono James Austin, un neurologo meditatore che descrisse come la meditazione fosse in grado di ‘scolpire’ il nostro cervello e il dott. Jon Kabat-Zinn, fondatore della Stress Reduction Clinic di Worcester, Massachussets, che sviluppò per primo un metodo occidentale di insegnamento della meditazione per la riduzione di stress, ansia e dolore (MBSR Mindfulness-Based stress Reduction), oggi utilizzato in più di 200 centri in America e in Europa (Kabat-Zinn, 1992). La meditazione sembra determinare un aumento di attività nel lobo frontale sinistro, dove hanno sede le emozioni positive. Recenti ricerche suggeriscono l’ipotesi che la pratica meditativa possa aiutare a preservare la materia grigia del cervello, composta da neuroni (Luders et al, 2014).

Dalla ricerca effettuata è inoltre emerso come la meditazione influenzi il metabolismo, il sistema nervoso centrale, il sistema nervoso autonomo e il sistema endocrino (Kox et al, 2012). La ricerca futura dovrà indagare, con interventi basati sull’evidenza e metodologicamente ben strutturati, se la meditazione possa essere utilizzata come ausilio nel trattamento dell’ipertensione e dei disturbi coronarici. Lo stress deve essere, infatti, considerato alla pari di altri fattori di rischio cardiovascolare, come, ad esempio, la genetica o l’età. Tuttavia, mentre genetica ed età dell’individuo non sono fattori modificabili, lo stress può essere gestito attraverso una serie di interventi cognitivo-comportamentali, il cui potenziale di efficacia è stato da tempo identificato (Blumenthal at al, 2005).

Come ci si avvicina alla mindfulness

Nei laboratori esperienziali di gruppo, così come nelle sedute individuali, ci si esercita a vivere il momento presente attraverso pratiche di ascolto attivo sensoriale, meditazione, esercizi di consapevolezza corporea e tecniche di training mente-corpo atte a sviluppare la mindfulness intesa come capacità di vivere nel momento, con un’attenzione rilassata, consapevole e priva di giudizi all’istante vissuto. Questa concentrazione senza sforzo, così diversa da quella alla quale siamo abituati, diventa, col tempo, parte di noi stessi e produce cambiamenti nelle aree fronto-limbiche cruciali per la regolazione delle emozioni. Attraverso lo sviluppo di un maggiore controllo corpo/mente, diventiamo capaci di osservare lo svolgimento interiore di ogni evento e di decidere con libertà e chiarezza, attraverso scelte consapevoli, invece di attivare reazioni impulsive automatiche. Durante le otto settimane di training, l’osservazione consapevole viene gradualmente portata alla vita quotidiana. Camminare, lavorare, studiare, comunicare, mangiare o fare la fila al supermercato diventano momenti di presenza e di incontro. Le neuroscienze stanno continuando a lavorare per comprendere con sempre maggiore precisione gli effetti clinici della mindfulness sulla regolazione e sulla modulazione delle emozioni. Oggi, anche in Italia la mindfulness viene sempre più spesso affiancata a percorsi di benessere e/o di sostegno psicologico, ma richiede, come ogni altro serio intervento mente-corpo, una solida preparazione da parte dell’insegnante. Questi deve, a sua volta, avere acquisito non solo un’eccellente formazione tecnica, ma anche una lunga esperienza di pratica personale. La mindfulness è, essenzialmente, un cammino di pace personale, di equilibrio emozionale e di salute psico-fisica. Non è mai troppo tardi per iniziare un percorso di benessere perché, come ci dice Gianni Rodari “… sarebbe una festa per tutta la terra fare la pace prima della guerra.”

Bibliografia:

  • Selye, H, The stress of life. McGraw Hill, New York, 1956
  • Zindel V. Segal, J. Mark G. Williams, John D. Teasdale, Mindfulness-Based Cognitive Therapy for Depression, The Guildford Press, 2013
  • Kabat-Zinn J, Massion AO, Kristeller J, Peterson LG, Fletcher K, Pbert L, et al. Effectiveness of a meditation-based stress reduction program in the treatment of anxiety disorders. Am J of Psychiatry, 1992; 149: 936–943
  • Luders E, Cherbuin N, Forever KF. Young(er): potential age-defying effects of long-term meditation on gray matter atrophy. Front Psychol. 2014; 5: 1551.
  • Kox M, Stoffels M, Smeekens SP, van Alfen N, Gomes M, Eijsvogels TM, Hopman MT, van der Hoeven JG, Netea MG, Pickkers P. The influence of concentration/meditation on autonomic nervous system activity and the innate immune response: a case study. Psychosom Med. 2012; 74(5): 489-94.
  • Blumenthal J, Sherwood A, Babyak M. Effects of exercise and stress management training on markers of cardiovascular risk in patients with ischemic heart disease: a randomized controlled trial. JAMA 2005; 293: 1626-1634.

Angela Caporale

Giornalista pubblicista dal 2015, ha vissuto (e studiato) a Udine, Padova, Bologna e Parigi. Collabora con @uxilia e Socialnews dall’autunno 2011, è caporedattrice della rivista dal 2014. Giornalista, social media manager, addetta stampa freelance, si occupa prevalentemente di sociale e diritti umani. È caporedattore della rivista SocialNews in formato sia cartaceo che online, e Social media manager. 

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