Il decreto? Non è sufficiente

di Roberto Urizio

Secondo il deputato della Lega Nord Davide Caparini, la chiave di volta per debellare il fenomeno della violenza nelle manifestazioni sportive è l’ammodernamento degli impianti

caparini“Solo acqua fresca, servono strumenti urbanistici per ridisegnare gli stadi”. Secondo il deputato della Lega Nord Davide Caparini, la chiave di volta per debellare il fenomeno della violenza nelle manifestazioni sportive è l’ammodernamento degli impianti, e il decreto, poi convertito in legge nell’ottobre dello scorso anno, non basta. Il modello, richiamato spesso negli ultimi anni, è quello inglese, ma anche Germania, Spagna e Portogallo si sono adeguati, proponendo stadi che fanno sfigurare le strutture italiane, datate e, in certi casi, fatiscenti.
“Siamo d’accordo con la tolleranza zero contro i violenti – sottolinea Caparini – ma pensiamo anche alle famiglie e a chi il calcio lo vive come passione e divertimento. Il decreto Alfano nasce monco e non parte dai presupposti giusti”.
Quali sono questi presupposti?
“Lo stadio in cui si svolge una manifestazione sportiva dovrebbe essere un luogo di socialità. Nello stadio, lo spettatore diventa parte integrante dello spettacolo, protagonista di un rito condiviso e partecipato. Una norma sugli stadi è stata approvata, ma serve qualcosa di più profondo e articolato. Noi abbiamo presentato una proposta di legge in questo senso e siamo pronti al confronto sulla materia”.
Il modello inglese viene costantemente additato come esempio da seguire. È d’accordo?
“In Inghilterra, in particolare dopo la tragedia di Sheffield del 1989, si è assistito ad un lungo processo normativo per prevenire il fenomeno della violenza negli stadi, con interventi successivi che hanno affinato i dettami iniziali. Oggi, esiste un lungo elenco di reati connessi alle partite di calcio che possono portare all’esclusione dei tifosi dalla possibilità di accedere agli stadi: possesso di alcolici o artifici pirotecnici, turbativa dell’ordine pubblico, incitamento al razzismo, alla violenza o alla minaccia di violenza, possesso di armi, reati commessi durante il trasporto verso lo stadio o dallo stadio, lancio di oggetti, bagarinaggio. Ma si è fatto di più”.
Ovvero?
“Dopo i fatti di Sheffield è stata istituita una commissione d’inchiesta che ha prodotto una serie di raccomandazioni in termini di sicurezza: monitoraggio della densità di pubblico, revisione della capacità degli stadi – con un’immediata riduzione del 15% dei posti – eliminazione delle recinzioni all’interno degli stadi, revisione dei certificati di sicurezza degli impianti, nuove condizioni per i servizi di pronto soccorso e di emergenza in tutti gli stadi, istituzione di consigli locali con il compito di fornire pareri per migliorare la sicurezza. Non solo. La commissione d’inchiesta è stata incaricata di analizzare complessivamente i problemi relativi al calcio in Inghilterra, arrivando ad una serie di suggerimenti. Il più importante di essi riguarda l’obbligo di prevedere esclusivamente posti a sedere all’interno degli stadi, costringendo, quindi, le società, proprietarie degli stadi, contrariamente a quanto accade in Italia, salvo rare eccezioni, ad ammodernare gli impianti o a realizzarne di nuovi, con investimenti sostenuti anche dal Governo”.
In quale direzione devono andare le nuove strutture?
“La prima esigenza a cui si deve dare risposta è quella della sicurezza all’interno degli impianti. La nuova organizzazione dello stadio che vediamo in Europa ha riavvicinato al calcio moltissime persone. Non a caso, il campionato inglese è quello attualmente caratterizzato dalla più alta media di spettatori a partita.
Ha favorito il ritorno sulle tribune di numerosissime famiglie con bambini al seguito, agevolate anche dalle politiche attuate dalle società, che puntano molto ad incrementare il loro numero offrendo agevolazioni sul costo dei biglietti. Tutto ciò ha creato un’atmosfera amichevole all’interno degli impianti e le società in primis ne ricavano benefıci in termini economici. Gli stadi inglesi, nel corso di un decennio, da luoghi di violenza, quali erano, sono diventati un vero e proprio luogo di festa. Un modello positivo da imitare”.
È solo una questione di impianti?
“Non solo, naturalmente. Per rimanere al caso inglese, nel corso degli anni ’90 fu attuata un’intelligente politica di smilitarizzazione degli stadi, trasformandoli in luoghi a disposizione della collettività per tutta la settimana, non solo deputati
ad essere vissuti durante gli incontri di calcio. Prendendo spunto da questa realtà, la nostra proposta di legge mira a trasformare le strutture esistenti, o quelle di nuova costruzione, in modo che siano organizzate come complessi sportivi polifunzionali. Così come previsto da un decreto ministeriale emanato nel 2005, un complesso sportivo polifunzionale comprende spazi destinati ad altre attività, diverse da quella sportiva. Lo stadio, in quest’ottica, diventa un luogo frequentato da famiglie, di intrattenimento a 360 gradi, in cui la partita diventa la principale attrazione, ma non l’unica.
Gli stadi italiani, a differenza di quelli di Inghilterra, Germania e Spagna, non dispongono di strutture idonee a favorire un utilizzo polifunzionale, in occasione sia dell’evento sportivo, sia nell’arco della settimana. Per questo motivo è necessario ripensare la loro funzione e ridisegnarne la struttura”.
Gli impianti obsoleti sono la principale causa del calo di spettatori in Italia?
“Siamo arrivati ad un 50% della capienza degli stadi contro il 90% dell’affluenza inglese. Le cause che hanno portato gli stadi italiani a svuotarsi dipendono da diversi fattori. Tra di essi, la scomodità e la fatiscenza degli impianti giocano un ruolo fondamentale, ancor più se aggravate dalla scarsa sicurezza e dal caro-prezzi dei biglietti”.
Sul piano della sicurezza si sono succeduti numerosi interventi legislativi. Hanno ottenuto gli effetti sperati?
“Con l’introduzione della flagranza differita, gli episodi di violenza sono diminuiti, mentre il numero delle persone arrestate dalle Forze di polizia è notevolmente aumentato. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, il rischio di violenze negli stadi è cresciuto, ma il numero di partite con feriti è diminuito.
Anche la Figc, per contrastare gli atti di violenza e di teppismo negli stadi, ha deciso di approvare alcune modifiche al Codice di giustizia sportiva e alle Norme organizzative interne, introducendo la possibilità, da parte dell’arbitro, di non dare inizio all’incontro o di sospenderlo in caso di lancio di oggetti, di uso di materiale pirotecnico di qualsiasi genere o di strumenti ed oggetti comunque idonei ad offendere. I dati, però, indicano che le misure introdotte, seppur molto repressive, non si sono rivelate efficaci, né sufficienti. Oltre che sul lato della repressione, è necessario intervenire su quello della prevenzione, partendo dal luogo in cui la manifestazione si svolge: lo stadio”.

di Roberto Urizio
giornalista de Il Piccolo e City Sport

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