Aspetti internazionalistici dei minori stranieri non accompagnati

di Giuseppe Paccione

La condizione di un minore non appartenente all’Unione Europea che si trovi sul territorio italiano è regolamentata secondo quattro fattispecie distinte. Ciascuna di esse fa riferimento al fatto che il minore ha bisogno di essere seguito e tutelato in maniera speciale. I minori non accompagnati rappresentano una categoria particolarmente vulnerabile e in costante crescita in seguito alle guerre divampate di recente

Con riferimento ai minori stranieri non accompagnati, che indichiamo con l’acronimo MSNA, è possibile evidenziare quattro diverse tipologie. La prima concerne il minore richiedente asilo o per il quale sia stata deliberata la misura della protezione momentanea per ragioni d’umanità; la seconda riguarda il minore che arriva sulle coste italiane per ricongiungersi con i suoi genitori privo dei requisiti per poter seguire l’iter per la regolare riunificazione familiare; la terza è inerente al minore soggetto allo sfruttamento delle organizzazioni malavitose; la quarta ed ultima si focalizza sul minore che arriva nel nostro Paese alla mercé di organizzazioni illecite per trovare, successivamente, un’occupazione.
In base ad una risoluzione del Consiglio Europeo del 1997, si evince che i minori stranieri non accompagnati sono cittadini appartenenti a Stati terzi che arrivano sul suolo di Stati membri non accompagnati da un adulto per essi responsabile, in base alla legge o alla consuetudine. Tale status perdura fino a quando un adulto non assuma la loro effettiva custodia. Da qui si chiarisce che non tutti i minori vengono inseriti nella categoria dei MSNA, dato che non sono inclusi i minori che fanno richiesta di asilo o protezione internazionale e quelli che arrivano sul suolo di uno Stato membro accompagnati dai loro familiari o presunti tali. Questa differenza è contenuta nel DPCM n. 535/1999, concernente le mansioni del Comitato per i minori stranieri. Tale fonte delinea il minore straniero non accompagnato, privo di nazionalità del nostro Paese o di altri Stati membri dell’Unione Europea, il quale, non avendo presentato richiesta d’asilo, si trovi sul suolo dello Stato senza assistenza e senza un adulto per lui legalmente responsabile. La definizione pone in rilievo che ai minori stranieri senza un accompagnatore spettano regole e iter procedurali differenti rispetto ai minori che presentino domanda d’asilo, ai quali, oltre alle disposizioni sulla sicurezza del minore, sono applicabili anche le norme sull’asilo e sui rifugiati.
Il decreto a cui si è accennato rappresenta un passo in avanti nella regolamentazione dei MSNA. Nel precedente Testo unico non vi era traccia di definizione, nonostante tale normativa determinasse nettamente l’inibizione di espellere il minore trovato sul suolo dell’Italia ed introducesse l’opportunità di usufruire di un permesso di soggiorno. Il decreto, infatti, comprende, nella definizione di MSNA, una categoria che include situazioni e condizioni variegate. Tuttavia, il solo parametro richiesto è quello di essere un minore concretamente solo, arrivato sul territorio italiano senza il riferimento di alcun adulto o che si trovi senza supporto e tutela e che, pertanto, abbia bisogno di orientamento e assistenza; ovvero, si verifichi l’ipotesi di un minore con parenti nel nostro Paese, a loro affidato de facto, ma privo di una concreta tutela che abbia come oggetto il suo interesse. Si menzioni, inoltre, che il Comitato dei diritti del fanciullo ha aggiunto una netta precisazione all’espressione minore non accompagnato, distinguendola da quella di minore separato. Riguardo alla prima espressione, è d’uopo intendere il fanciullo che non ha alcun tutore adulto, parente o meno, che si prenda cura di lui; per la seconda, si deve intendere il minore separato solo dai propri genitori, ma non da altri parenti. L’espressione non accompagnato sta ad indicare che il minore sia privo di qualunque genere di tutela da parte degli adulti deputati responsabili della sua cura. Quest’ultima condizione va posta in relazione a quella collegata all’espressione di minore, in base alla quale deve essere incluso ogni essere umano con età minore di diciotto anni o che non abbia compiuto la maggior età in base alla normativa ad esso associabile. Ciò è sancito all’articolo primo della Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989. Vi si enuncia che, ai sensi della Convenzione stessa, si intende per fanciullo ogni essere umano avente un’età inferiore ai diciotto anni, salvo il caso in cui abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione ad egli applicabile. Legate all’espressione di minore vigono varie disposizioni a favore del fanciullo presenti in alcuni Trattati internazionali e, anche, nella Carta costituzionale. Esse riconoscono il diritto all’istruzione, il diritto al ricongiungimento della famiglia ed altre tutele.
Si evidenzia che i minori stranieri non accompagnati appartengono alla categoria doppiamente vulnerabile e soggetta a violazione dei propri diritti fondamentali, prima perché non ancora maggiorenni e, poi, in quanto soli. Inoltre, sono soggetti a molte difficoltà, come non essere consapevoli dei diritti che possono rivendicare nello Stato di destinazione o rischiare di subire abusi a causa della loro fragilità.
La presenza di minori stranieri non accompagnati costituisce un fenomeno in aumento: molti ragazzi scappano da zone di guerra o da situazioni di profonda instabilità politica, altri sono costretti ad abbandonare il Paese d’origine a causa della fame, della povertà e della penuria di occupazione. Questa forma di flusso ha spinto a disciplinare nuove norme sul piano europeo ed interno e ha prodotto degli strumenti per circoscrivere il fenomeno stesso e contenere gli ingressi, in ossequio alla politica di contrasto all’immigrazione clandestina. Uno degli strumenti posto in atto concerne la verifica dell’età dell’eventuale minore, resasi necessaria a causa di continui ingressi di giovani che si spacciano per minorenni, privi di documenti di riconoscimento e che non dispongono di una registrazione della nascita o non ricordano la loro data di nascita. Per fronteggiare questa mancanza e verificare la vera età del migrante, vengono utilizzate le prove biomediche, esami e test specialistici. Nel nostro Paese non vi è una normativa che determini nettamente quale procedura di certificazione dell’età debba essere applicata al minore straniero non accompagnato. In aggiunta, non c’è una normativa che focalizzi le procedure da attuare per statuire la liceità dell’espulsione o della detenzione di un giovane di età non ancora accertata. Con l’entrata in vigore del Decreto legge n. 5/2007, che applica la direttiva UE sul ricongiungimento, viene chiarito, al paragrafo 7 dell’articolo 29 del T.U., che il rilascio del visto a favore del familiare che ha avuto il nullaosta è soggetto all’accertamento effettivo dell’autenticità, da parte dell’autorità consolare dello Stato italiano, della documentazione comprovante i presupposti di parentela, stato di salute e minore età. Sul punto si è pronunciata la Corte di Cassazione in una sentenza del 2005: ha statuito che l’autorità consolare può legittimante negare il visto di ingresso se non ritenga provato alcuno dei presupposti per il ricongiungimento, a nulla rilevando che il questore abbia concesso il nullaosta. Silenzio sul procedimento da seguire per il controllo della sussistenza della minore età sia nel T.U., sia nel decreto.
La sola norma che si addice è contenuta nella disciplina sul processo penale a carico di minorenni, nella quale viene evidenziato che, quando vi sia incertezza sulla minore età dell’imputato, spetta al giudice disporre la necessaria perizia. Qualora, poi, il dubbio permanga, la minore età si presume ad ogni effetto. Lo stesso codice di procedura penale determina la legittimazione della polizia giudiziaria a svolgere rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici o altri accertamenti (articolo 349, paragrafo 2 CPP). Si aggiunga anche che l’identità del minore è accertata dalle autorità di pubblica sicurezza, ove necessario, attraverso la collaborazione delle rappresentanze diplomatico-consolari del Paese di origine e mediante indagini familiari.
Gli strumenti in uso devono rispettare la dignità e la salute del minore e, di fronte alla persistenza dell’incertezza, è d’uopo assicurare il beneficio del dubbio. Fra le fonti comunitarie, assume rilievo l’articolo 17, paragrafo 5, della direttiva 2005/85/UE.
Essa enuncia le garanzie poste a favore del minore non accompagnato richiedente asilo e permette a ciascuno Stato membro di attuare visite mediche al fine di verificarne l’età. Ovviamente, l’interessato deve essere informato per poter esprimere il proprio consenso.
È interessante, inoltre, tenere in considerazione l’interpretazione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati: essa ha sancito che, nell’ipotesi di incertezza dell’età del fanciullo, la minore età si presume con il beneficio del dubbio. È poi fondamentale il grado di maturità psicologica nel contesto di oggettiva debolezza del minore. Sulla stessa linea si è espresso il Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo, chiarendo la necessità di condurre delle perizie per la verifica dell’età mediante metodo scientifico, garantendo il rispetto delle necessità del minore, in modo da evitare ogni rischio in ordine alla sua integrità fisica ed alla sua dignità.

di Giuseppe Paccione
Esperto di Diritto Internazionale dell’Unione Europea.

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