Il mondo del lavoro cambia e il Jobs Act nasce già vecchio

di Massimiliano Fanni Canelles

Negli ultimi mesi, il dibattito politico italiano si è animato in seguito all’attività del Governo guidato da Matteo Renzi supportato da una maggioranza allargata, detta delle “larghe intese”. In particolare, la proposta di riforma del mercato del lavoro ha attirato un ampio ventaglio di critiche, soprattutto da parte dei sindacati, che hanno promosso una lunga serie di scioperi in tutti i settori. Ulteriori critiche sono giunte anche da parte della minoranza interna dello stesso Partito Democratico.
Discussioni, cortei e compromessi non hanno comunque impedito l’approvazione del Jobs Act o, meglio, della legge delega del Parlamento che consentirà al Governo di concludere la riforma nelle prossime settimane. Il “famoso” articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori verrà riformato in maniera sostanziale, cambieranno le regole della cassa integrazione ed aumenterà l’importo fiscale dovuto allo Stato da freelance e titolari di partita IVA.
Nella finanziaria 2015 sarà inserita anche un’altra norma che ha fatto discutere: la liquidazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) direttamente in busta paga. Il provvedimento, che dovrebbe essere operativo a partire dal mese di marzo, consentirebbe al lavoratore di richiedere direttamente, insieme allo stipendio, parte del TFR. Ciò aumenterebbe, in capo al dipendente, il potere d’acquisto, a fronte di un trattamento fiscale meno favorevole.
Sebbene l’impatto della riforma non possa essere valutato a priori, dalla stesura del testo emerge che ci troviamo di fronte ad un cambiamento nato già vecchio. Non tanto per il tipo di dibattito Stato/sindacati che ha scaturito, quanto perché non sembra rispondere in maniera efficiente e puntuale alle richieste di chi, in questo fantomatico “mondo del lavoro”, trascorre il suo tempo.
Secondo alcune indiscrezioni riportate sui principali quotidiani nazionali, il Governo eliminerebbe definitivamente il lavoro a chiamata, sulla stessa linea della precedente riforma promossa dall’ex Ministro Fornero, le collaborazioni coordinate e continuative, nonché l’associazione in partecipazione. Inoltre, resta aperto il nodo strategico delle partite IVA che, fino ad ora, hanno rappresentato il principale autogol dei legislatori.
L’idea stessa di lavoro è ormai cambiata. Il mito del posto fisso ha perso il suo appeal, oltre ad essere diventato una pura utopia. Il concetto di flessibilità è diventato il pane quotidiano di chi si approccia ad una qualsiasi professione. Il cambiamento, però, non deve essere associato unicamente alla paura, ma anche all’opportunità. Recenti studi dimostrano come l’intero impianto manifatturiero potrà, in futuro, essere automatizzato. Da ciò deriva una sempre maggiore rilevanza del settore terziario, composto di reti e servizi gestiti da lavoratori che necessitano di una formazione adeguata. In Italia, oltre il 60% delle imprese sfrutta l’outsourcing, l’esternalizzazione della produzione, ed il lavoro autonomo è in decisa crescita.
I provvedimenti contenuti nel Jobs Act non sembrano rispondere a queste condizioni. Il Jobs Act è dedicato esclusivamente al contratto a tempo indeterminato che, per ragioni strutturali, è diventato sempre meno diffuso. Inoltre, l’introduzione del principio delle “tutele crescenti” sembra contraddire l’ambizione stessa della riforma. Con questo nuovo contratto, infatti, la procedura di licenziamento per i neo-assunti viene semplificata. Il risultato potrebbe portare ad un aumento del lavoro nero e ad una conseguente riduzione delle garanzie per i dipendenti.
Non va, poi, sottovalutata l’indole dell’uomo, portato, purtroppo, ad approfittare degli altri. In un ambito di ampie garanzie, la produzione tende a calare poiché il lavoratore riduce il proprio impegno. Al contrario, quando le garanzie diminuiscono, sono le categorie più deboli (malati, diversamente abili, donne in gravidanza) a risultare particolarmente svantaggiate. Il dilemma se scegliere di tutelare maggiormente la minoranza di lavoratori svantaggiati o la produzione dell’azienda non è di facile soluzione.
È fondamentale, infine, comprendere ciò che il Governo sta programmando per poter, consapevolmente, apprezzarne o criticarne intenzioni e conseguenze. La speranza è che l’Esecutivo sappia adattarsi sollecitamente e rispondere meglio ad un mondo del lavoro in continua evoluzione, con i suoi bisogni ed i suoi limiti.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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