Una storia patrimonio dell’umanità

di Massimiliano Fanni Canelles

Nonostante il quadro politico e giuridico del dopoguerra appaia pienamente orientato al mantenimento della pace, ciò non ha impedito all’America Latina di essere testimone, nella seconda metà del ‘900, di una serie di dittature e di abusi che ne hanno caratterizzato la storia. Non facciamo riferimento soltanto ai casi non paragonabili fra loro di Castro a Cuba e Pinochet in Cile ma a una molteplicità di fenomeni più o meno contemporanei. È interessante, per esempio, guardare alla Repubblica Dominicana, dove sono intervenuti direttamente i marines per impedire che emergessero le stesse condizioni della rivoluzione castrista anche in quest’isola. Questo caso ci permette di evidenziare un elemento fondamentale per comprendere a fondo il ‘900 latinoamericano: l’influenza degli Stati Uniti rappresenta un elemento costante. Da un lato, ha sostenuto direttamente i Governi locali, dall’altro ha agito spesso anche militarmente per evitare qualsiasi influenza sovietica sul proprio continente. La guerra fredda e gli stretti rapporti de L’Avana con Mosca giustificavano la preoccupazione di Washington per ogni tipo di ingerenza sui territori a sé limitrofi. Negli anni ’60 e ‘70 il fenomeno delle dittature militari è letteralmente esploso, coinvolgendo gran parte del continente: Brasile, Paraguay, Argentina, ma anche Paesi portatori di consolidate tradizioni democratiche, come Cile e Uruguay. Particolarmente complessa è la storia dell’Argentina, il Paese che ha intrattenuto il rapporto più altalenante con gli USA. Le radici di questo scontro sono da rintracciare nell’atteggiamento di Buenos Aires durante la seconda guerra mondiale. Nel giugno del 1943, infatti, mentre le forze politiche erano impegnate a dividersi tra interventisti ed isolazionisti, i militari ordirono un golpe che portò al potere il generale Juan Domingo Peròn. Peròn perseguì l’obiettivo di rendere l’Argentina una Nazione “economicamente libera, politicamente sovrana e socialmente giusta”. Il messaggio del Presidente fu così forte da dare avvio ad un vero e proprio movimento sociale e politico, denominato “peronismo”. La forza della sua leadership fu rappresentata dall’identificazione tra Presidente ed intero Paese. Riuscì, inoltre, a sottrarre l’Argentina all’influenza statunitense ed europea fino al 1955, quando sempre i militari lo fecero cadere. Lasciò in eredità una lacerazione interna dovuta alla polarizzazione tra i settori popolari ed il fronte anti-peronista. L’esito finale fu la dittatura di Rafael Videla, insediatosi al potere nel 1976, tre anni dopo il golpe di Pinochet in Cile. Videla, Pinochet, Stroessner, leader del Paraguay, sono stati perseguiti e condannati per crimini contro l’umanità per la loro condotta e la partecipazione all’operazione Condor, alla quale è dedicata parte di questo numero di SocialNews. Il ‘900 latinoamericano non è, tuttavia, caratterizzato solo da storie di soprusi e violazioni dei diritti umani, ma anche dall’emergere di alcune figure positive che hanno permesso ad intere generazioni di identificarsi in esse. Ad esempio, il Presidente uruguaiano Pepe Mujica ed Eva Peron. Quest’ultima è stata la seconda moglie del Presidente argentino e fu First Lady dal 1946, un anno dopo il matrimonio, al 1952, anno della sua precoce morte a causa di un tumore. Soltanto una manciata di anni che, però, non hanno impedito all’attrice, politica, sindacalista e, a suo modo, filantropa di lasciare un segno nel cuore degli Argentini. Accanto al marito, si è impegnata in prima persona affinché fossero garantiti maggiori diritti ai lavoratori e alle fasce sociali più deboli. Uno dei suoi successi più significativi riguarda il riconoscimento di pari diritti civili e politici a uomini e donne, introdotto con la legge 13.010 del 1947. Il suo impegno in questo senso la portò a fondare il Partito Peronista Femminile in un periodo in cui le quote rosa in politica rappresentavano una vera e propria utopia. In generale, l’impegno di Evita, come venne affettuosamente chiamata, era orientato alla lotta contro ogni forma di povertà e disagio sociale. Nel 1948 creò la Fondazione Eva Peròn, attiva nella tutela di bambini, anziani, ragazze madri e altre donne ridotte in povertà. La sua immagine divenne di culto nel suo Paese tanto che le furono dedicate città, una provincia e la sua biografia divenne materia obbligatoria nei programmi scolastici. Evita fa parte anche dell’immaginario politico come emblema della sinistra peronista argentina, invisa alle classi più abbienti, vicine agli Stati Uniti. La vicenda di Evita ci mostra la molteplicità di sfumature del vasto continente latinoamericano. Abbiamo, infatti, assistito alla crudeltà di cruente dittature militari, ma anche ad esempi di umanità e attenzione ai diritti delle persone senza eguali. Le storie raccolte in questo numero di SocialNews hanno l’obiettivo di valorizzare queste esperienze per coltivare la Memoria di quanto accaduto, imparando dagli errori del passato e dagli esempi virtuosi patrimonio di ognuno.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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