L’Italia che odia Greta e Vanessa

di Michela Arnò @MhlArno

greta vanessaSu Greta Ramelli e Vanessa Marzullo se ne sono dette e lette di ogni tipo, ma quella che in pochi hanno voluto approfondire è la vera storia di queste due giovani cooperanti, mentre in molti – che magari si informano leggendo solo le faziosità di finti giornali tipo Piove Governo Ladro, al solito senza saper discernere le notizie vere dalle bufale – si limitano, nel pieno della loro inerzia, a sparare sentenze, giudizi e insulti. C’è di vero che queste due ragazze sono coraggiose, molto più di quanti sono riusciti al massimo a leggere due titoli qua e là sui social network, per arrivare a sindacare la loro opinione e definirle filo-islamiche o fidanzate dei terroristi, o pure “puttanelle” (che i commenti sessisti ci stanno sempre bene quando si tratta di giovani ragazze) e magari neanche sanno che Greta e Vanessa erano al loro terzo viaggio in Siria, supportando il progetto Horryat per portare medicinali e cibo al popolo siriano ed ai bambino che si trovano costretti, ormai dal 2011, a vivere e giocare in mezzo alle bombe, in un Paese dilaniato da una buia guerra civile che ha fatto più di 100mila vittime.
Ma “se la sono cercata, potevano fare beneficenza in Italia” dicono i benaltristi che non si alzano dal loro divano, come se amare il prossimo possa avere confini nazionali (e magari qualche mese fa si emozionavano condividendo il video di Save the Children “ Solo perché non accade qui non vuol dire che non stia accadendo”, oggi si sentono in diritto di decidere quale aiuto vale di più).
Dopo 6 mesi di sequestro sono tornate in Italia, dietro il compenso da parte del governo Italiano, secondo quanto comunicato dall’account Twitter @ekhateb88 e dalla televisione Al Aaan degli Emirati Arabi Uniti, di 12 milioni di dollari ( pari a 10 milioni di euro) e allora “avrebbero dovuto lasciarle là” grida l’italiota più cinico dalla sua tastiera, che quei soldi glieli hanno fregati dalla tasca. Un polverone che non era stato sollevato per le altre liberazioni, come quella di Giuliana Sgrena (si parlava di 6 milioni), delle due cooperanti Simona Pari e Simona Torretta (5 milioni) o della liberazione del giornalista Quirico (pare per 4 milioni), giusto per accennare tre casi più noti degli italiani rapiti nel mondo. In questo caso sarebbe da incolpare la linea politica del governo italiano che, così come Francia e tanti altri paesi, ha sempre deciso di voler contribuire a liberare i propri connazionali, cosa che invece non fanno Usa e Regno Unito.

“E i marò?”, si indigna l’italiano che ha dimenticato il significato di solidarietà, ignorando che i due militari non sono ostaggi ma in attesa di un processo per omicidio.
Se e quanto l’Italia ha pagato per liberarle (riscatto smentito dal Governo e da al-Nusra) forse non lo sapremo mai, ma l’unico punto che si può contestare nel caso, può essere imputato a questioni etiche legate al presupposto che quei soldi finanzieranno azioni terroristiche. Ma siamo sicuri che ad arricchirsi siano solo i terroristi? L’Italia è uno dei Paesi leader mondiali nella produzione di armi, bombe, velivoli, mezzi blindati e corazzati. La soluzione più ovvia da attuare per evitare il riproporsi di situazioni simili potrebbe essere bloccare l’export dell’industria bellica verso le zone tumultuose.

A pochi giorni dalla liberazione di Greta e Vanessa ci si pongono domande, dalla difficile risposta, su quanto valgono due vite, ma è giusto che queste due ventenni (che hanno chiesto scusa all’Italia) siano tornate libere.

Sulla Siria:
SocialNews Settembre 2013
I progetti di @uxilia di solidarietà alla popolazione siriana

Rispondi