Capovolgere il problema per essere tutti più sicuri

Massimiliano Fedriga

Il degrado e l’isolamento dei Rom sono figli di una precisa scelta, tutta loro, di rifiutare ogni tipo di integrazione. Si tratta di persone che non hanno, e nemmeno cercano, un impiego. Da parte del nostro Paese non vi è, dunque, alcuna discriminazione nei loro confronti

fedrigaCome l’immigrazione clandestina, anche il fenomeno del nomadismo rappresenta un nodo difficile da sciogliere, in ragione dei complessi rapporti intercorrenti tra l’Unione Europea e gli Stati membri e dello scontro politico che regolarmente prevarica il buon senso quando si affrontano quelle che alcuni definiscono “violazioni dei diritti” delle minoranze etniche.
È notizia di un paio di giorni fa che l’Unione Europea ha ipotizzato l’avvio di una procedura d’infrazione contro il nostro Paese per la mancata applicazione dei contenuti della Comunicazione della Commissione Europea n. 173/2011.
Secondo questa fonte di diritto, ogni Stato membro deve farsi carico dell’integrazione dei Rom – termine usato per riassumere qualsiasi forma di nomadismo, inclusiva, dunque, anche di Sinti e Camminanti – in vista di un loro totale assorbimento nel tessuto sociale entro il 2020.
Il nostro Paese ospita circa 120-150.000 Rom, metà dei quali – circa 70.000 – in possesso della cittadinanza italiana. Secondo il più recente censimento condotto dal Viminale, essi vivono in 167 accampamenti, 124 dei quali abusivi e appena 43 autorizzati. Il totale europeo ammonta, invece, a 9-10 milioni di persone.
Da questi pochi dati emergono alcuni interessanti spunti di riflessione. Da un lato, è fuori discussione che l’Italia non sia uno dei Paesi maggiormente toccati dalla questione; non si può, però, sottovalutare il fattore abusivismo. A dispetto delle dichiarazioni ufficiali della Commissione Europea e delle leggi regionali che impongono la creazione di spazi adatti a ospitare campi nomadi, non ci troviamo di fronte ad una violazione dell’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. Da parte del nostro Paese non vi è, dunque, alcuna discriminazione nei confronti delle minoranze nomadi, siano esse stanziali o in transito.
Si percepisce la distanza tra il palazzo e la strada nel momento in cui si effettuano sopralluoghi negli insediamenti: personalmente, ne ho condotti cinque nel corso del mio mandato di parlamentare e la realtà nella quale mi sono imbattuto è ben diversa da quella che vuol far credere l’Unione Europea. Il degrado e l’isolamento che caratterizzano l’esistenza dei Rom sul nostro territorio sono figli di una precisa scelta, tutta loro, di rifiutare ogni tipo di integrazione nel tessuto sociale e urbano, con evidenti ricadute sulla salute pubblica e sulla sicurezza. Si tratta di persone che, il più delle volte, non hanno, e nemmeno cercano, un impiego, giovani che non ricevono neppure un’istruzione elementare e donne ridotte in schiavitù da un sistema fortemente patriarcale. Tutt’altro rispetto a ciò che vuole dipingere l’Unione Europea: essa vede la comunità rom discriminata dalla noncuranza o, peggio, dall’intolleranza degli Stati membri.
L’unica soluzione praticabile, sebbene di difficile attuazione, sarebbe quella di imporre – proprio in considerazione della citata Comunicazione della Commissione Europea – l’obbligo per i Rom di abbandonare gli accampamenti ed accettare le norme di buona convivenza a cui sottostanno gli altri 60 milioni di cittadini che popolano il nostro Paese e l’immediato allontanamento di quelli privi di permesso di soggiorno.
Senza sgomberi non vi sarà mai integrazione e il timore, spesso fondato, della nostra gente nei loro confronti non verrà mai meno. Purtroppo, però, la nostra idea viene avversata dal buonismo di una sinistra la quale, pur di ampliare il proprio bacino elettorale, non solo è disposta ad aprire le porte a chiunque, ma intende anche, attraverso l’introduzione dello ius soli, garantire la cittadinanza facile a persone prive di requisiti fondamentali, tra i quali, appunto, l’integrazione.
Capovolgendo, dunque, il paradigma della UE, il mantenimento dello status quo favorirebbe la discriminazione, non dei Rom, ma dei cittadini onesti degli Stati membri. Questo, secondo la Lega Nord, è assolutamente inaccettabile.

Massimiliano Fedriga
Capogruppo Lega Nord alla Camera dei Deputati e segretario regionale della Lega Nord FVG

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