Mare Nostrum e poi?

Maria de Donato

Non bastano le navi che salvano le vite di chi arriva per mare ma serve istituire presidi dell’Unione Europea nei Paesi di origine e di transito per avviare l’esame delle richieste di protezione internazionale. I posti di controllo dovrebbero, inoltre, essere più attenti al rispetto dei diritti fondamentali

La tragedia di Lampedusa del 3 ottobre scorso, nella quale perirono 366 persone, ha scatenato una forte indignazione da parte dell’opinione pubblica mondiale e delle Istituzioni italiane ed europee. A seguito di tale tragedia sono state rafforzate le operazioni di intercettazione e di soccorso da parte dell’Agenzia europea Frontex, che effettua il coordinamento operativo delle attività volte al controllo e alla sorveglianza delle frontiere. Secondo l’ultimo Rapporto Generale dell’Agenzia Frontex, nel 2013 sono state condotte 683 operazioni di ricerca e salvataggio in mare, grazie alle quali sono state tratte in salvo oltre 37.000 persone. Inoltre, sono state intercettate 107.000 persone che hanno tentato di attraversare irregolarmente le frontiere esterne dell’Unione Europea, il 48% in più rispetto alle 72.500 del 2012. Tale incremento è dovuto all’aumento di cittadini siriani che arrivano per lo più in Grecia, Bulgaria e Italia, di migranti provenienti dall’area sub-sahariana che partono dal Nord Africa, principalmente Libia ed Egitto, per approdare soprattutto in Italia, e da un consistente numero di migranti rintracciato in Ungheria che avevano attraversato Serbia e Grecia. A seguito della tragedia di Lampedusa, su iniziativa italiana, il 18 ottobre del 2013 è stata lanciata l’operazione umanitaria e militare “Mare Nostrum”che ha consentito il salvataggio di oltre 30.000 persone. Secondo un comunicato del Viminale, dall’inizio dell’anno al 19 maggio sono sbarcate in Italia oltre 38mila persone, il 97% delle quali in Sicilia. Si è registrato un sensibile incremento dei flussi rispetto allo stesso periodo del 2013, in cui erano giunte via mare 4.290 persone. Nel 2013 sono stati registrati 42.925 arrivi via mare. Le imbarcazioni sono sempre più insicure e fatiscenti e partono quasi sempre dalla
Libia (93%) e dall’Egitto (4%). Quasi la metà degli arrivi è costituita da cittadini eritrei (31%) e siriani (14%).
Sulle navi militari coinvolte nell’operazione “Mare Nostrum” vengono effettuate le attività di pre-identificazione e di foto segnalamento che assumono grande rilevanza alla luce del Regolamento cosiddetto Dublino III. Questoprevede che il migrante sia preso in carico dal Paese che ha consentito l’accesso regolare o irregolare nella “Fortezza Europa”. In tal caso, lo Stato è considerato responsabile dell’esame delle richieste di protezione internazionale e del rimpatrio di persone che non hanno titolo per soggiornare nell’UE. Considerato che il suddetto Regolamento è stato adottato per soddisfare gli interessi degli Stati e non le esigenze dei richiedenti asilo, spesso accade che questi si rifiutino di essere fotosegnalati o che, dopo la presentazione della richiesta di asilo, anche se accolti nei centri di accoglienza, facciano perdere le loro tracce per raggiungere i familiari e connazionali stabilitisi per lo più nei Paesi dell’Europa centro-settentrionale. Lì fanno affidamento su un sistema di accoglienza più efficiente e benefici sociali maggiori rispetto a quelli previsti in Italia, Ungheria o Grecia. I migranti lasciano l’Italia anche per la lentezza delle procedure di esame delle richieste d’asilo, le difficili condizioni di accoglienza e le limitazioni alla libera circolazione in territorio europeo, anche dopo il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria. Molte organizzazioni del settore, tra cui il Consiglio Italiano per i Rifugiati, hanno più volte chiesto l’abolizione di questo strumento normativo che privilegia gli interessi degli Stati e non quelli delle persone in fuga.
L’operazione “Mare Nostrum” continua ad essere fortemente criticata dai paesi dell’Europa centro-settentrionale i quali si ritrovano a dover gestire migliaia di casi che “sfuggono” al controllo dell’Italia. Tale strumento, anziché scoraggiare, incentiverebbe le partenze dei migranti dal Nord Africa richiamando nuovi flussi migratori. Critiche sono state mosse anche da alcuni politici italiani i quali, oltre ad essere contrari allo stanziamento di 9 milioni di euro al mese per tale operazione, prospettano l’aumento dei migranti in Italia ed in Europa e, di conseguenza delle attività illegali delle organizzazioni criminali.
Nonostante i dissensi, il Sottosegretario Graziano Delrio ha espresso il parere favorevole del governo sulle mozioni approvate alla Camera il 16 maggio scorso in merito all’operazione umanitaria “Mare Nostrum” affermando che: “Le vite salvate in mare aperto sono un valore assoluto”. Il Governo italiano si è impegnato per promuovere un più stretto coordinamento delle attività di pattugliamento del Mediterraneo tra gli Stati membri dell’UE, in cooperazione con i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori. Il fenomeno dei massicci arrivi via mare non riguarda solo l’Italia, ma l’intera Unione Europea e deve essere affrontato secondo il principio di solidarietà e condivisione di responsabilità.
Particolare rilievo assumono le proposte di istituire presidi dell’Unione Europea nei Paesi di origine e di transito dove poter avviare l’esame delle richieste di protezione internazionale. A tal proposito, la Commissione Europea, nella Comunicazione dell’11 marzo scorso, ha sottolineato che “l’Unione Europea dovrebbe fare in modo che le persone con bisogni fondati di protezione arrivino in modo più ordinato, riducendo così il raggio d’azione del traffico di migranti e le tragedie umanitarie”. Prima di tale Comunicazione l’ECRE (di cui fa parte il CIR), ha sottolineato l’esigenza di sviluppare controlli alla frontiera nel rispetto dei diritti umani e la necessità di introdurre canali legali di accesso alla protezione. Dopo più di 10 anni di dibattito politico si ritorna a prendere in considerazione tali programmi. Infatti, già nel 2002, la Commissione Europea aveva indicato la necessità di schemi di ingresso protetto e aveva commissionato uno studio di fattibilità, i cui risultati sono stati presentati nel corso di un seminario internazionale organizzato dal CIR nell’ottobre del 2003 a Roma sotto la Presidenza italiana del Consiglio dell’UE. Si auspica che durante l’imminente Presidenza italiana si affronti la questione migratoria con spirito di condivisione di responsabilità e di solidarietà tra Stati dell’UE nel pieno rispetto dei principi umani fondamentali, in particolare del principio di non-refoulement.
Si auspica, altresì, che si giunga ad un accordo politico al fine di inserire la procedura di ingresso protetto nell’attuale legislazione europea, la quale prevede solo la possibilità di presentare la richiesta di protezione internazionale nel territorio di uno Stato membro, acque territoriali incluse.

Maria de Donato
Responsabile della Sezione Legale del Consiglio italiano dei rifugiati

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