L’importanza del compromesso

Davide Giacalone

Nessuna delle forze coinvolte nei disordini dell’Ucraina può dirsi innocente, anche l’Ue ha le sue colpe. Ora è necessario pensare a cosa mettere in discussione sul tavolo delle trattative per negoziare il ritorno ad un clima più disteso tra le parti

giacaloneIl nodo ucraino può essere sciolto solo seguendo la via del negoziato. Nell’interesse dell’Ucraina, dell’Unione Europea, ma anche dell’equilibrio trovato dopo la fine dell’impero sovietico. Fuori dal negoziato possono esserci solo successi, degli uni o degli altri, illusori e passeggeri. Negoziare, però, comporta avere posizioni realistiche, assumersi delle responsabilità e sapere riconoscere gli errori commessi. Vale per tutti.
L’Unione Europea ha delle colpe per quel che accade in Ucraina. L’idea di allargare la propria influenza politica mediante l’espansionismo degli accordi commerciali ed economici è di disarmante superficialità. Per giunta trattando con un Paese guidato da opposte oligarchie corrotte. Senza contare che dentro l’Ue il consolidarsi di un federalismo tutto economico e monetario, debolissimo negli ancoraggi democratici e istituzionali, non smette di creare tensioni politiche e rigetti elettorali. Davvero i burocrati di Bruxelles, i falsi rappresentanti dell’unità non ancora realizzata e i dialettali ministri degli esteri europei pensavano di allargarsi a Kiev e  Sebastopoli senza che la Russia reagisse? Ha reagito, cinicamente approfittando della minorità istituzionale, politica e militare degli europei. Ha reagito, facendo leva su una terra che la storia colloca in Russia, non in Europa.
La controreazione occidentale è patetica, perché basata sulle sanzioni. Quelle, ove non siano una forma moderna di assedio, con blocco dei viveri, funzionano se sono l’antipasto o la metafora dell’uso della forza. È credibile? Neanche per sogno. Perché non sarebbe ragionevole, perché l’Occidente si dividerebbe e perché quella forza non c’è. Mica dettagli.
Ecco: gli F35 non sono giocattoloni per guerrafondai, ma la forza aerea con cui la Nato può presidiare i cieli non essendo più la sommatoria degli aerei nazionali, ma una forza integrata e funzionante in modo sinergico. Nei sistemi democratici (che sono bellissimi e superiori a ogni altro) la forza è sublimata nel peso elettorale: se hai buone idee e nessun voto non conti nulla. Nella politica estera non si vota, ma si pesano le forze: se non ne schieri di credibili, anche senza usarle, non conti nulla. L’Europa delle chiacchiere ha creato problemi in Ucraina, schierandovi funzionari ed intellettualoidi.
Scoppiato il problema si sarebbe dovuto lavorare per salvaguardare le minoranze, tenuto presente che in Crimea ve ne è una italiana e in Ucraina imprese e banche italiane. Invece s’è detto: l’integrità territoriale dell’Ucraina è prioritaria. E come pensavano di farla valere, per giunta contro la storia e la maggioranza della Crimea, che era già una Repubblica autonoma? Dicendo che il referendum è stato illegittimo? È stato detto ed è illegittimo. E poi?
Il grosso guaio è che l’Occidente non è già in guerra, in Siria, perché sono stati i russi a mettersi di mezzo e Putin a impedirlo, se adesso si riesce a perdere la faccia, senza neanche avere avuto, prima, un credibile disegno di successo in Ucraina, il messaggio sarà letto con preoccupazione da tutti quelli la cui sicurezza deriva dalla spendibilità della forza occidentale. Israele in testa.
La politica estera è il terreno in cui raggiunge la massima tensione ed espressione la convivenza fra ideali, interessi, storia e geografia. Non deve fare paura la politica degli interessi, perché gli ideali (specie di popoli, terre e religioni), da soli, restituiscono sangue. Né devono fare paura gli ideali, perché gli interessi, da soli, producono grettezza e decadenza. Un atlante storico aiuta, molto.
L’Ucraina è terra di confine. In quanto tale non può essere integrata da nessuna delle due parti senza che si sposti il confine. Il che creerebbe squilibri che minerebbero la pace.
Per l’Occidente non può essere l’occasione di rimediare a mancanze di coraggio e determinazione passate. Per la Russia non può essere l’occasione di soffiare sul fuoco delle reminiscenze imperiali. Per questo l’unica via è il negoziato. Che comporta costi, ma risparmia dolori. Naturalmente anche agli ucraini, che dovranno preoccuparsi della loro democrazia non solo quando rischia per l’intervento di forze esterne, ma anche quando la consegnano nelle mani delle bande interne.

Davide Giacalone
Politico, giornalista, scrittore ed opinionista di radio RTL 102,5

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