I controlli funzionano, ma attenti alle scappatoie

Pino Capua

I laboratori sono impegnati in una corsa contro il tempo per individuare nuove sostanze che possono sfuggire ai controlli. Per fortuna, anche la consapevolezza dei rischi per la salute è migliorata. Persistono le positività per le droghe comuni

Quanto è diffuso l’utilizzo di sostanze dopanti nel settore professionistico?
Per quanto riguarda il doping vero e proprio, l’ultimo riscontro positivo del laboratorio (escludendo quelli su cannabinoidi e cocaina degli ultimi anni) risale a molti anni fa.
Risultò positivo al nandrolone il calciatore Mohamed Kallon. Fra i professionisti non ci sono più riscontri di positività ormai da molti anni. Il significato può essere doppio: abbiamo trasmesso un messaggio corretto sul piano culturale, recepito in maniera altrettanto corretta dagli atleti tesserati alla FIGC, oppure, ma mi auguro non sia mai così, gli atleti hanno trovato degli escamotage per superare i controlli del laboratorio. Secondo gli addetti ai lavori, però, al momento questa ipotesi non sussiste.
Il tema del controllo antidoping va letto sotto due aspetti: la deterrenza, cioè i controlli effettuati alla fine di ogni partita, e la consapevolezza dei rilevanti danni arrecati alla salute dalle sostanze vietate. Oggi, molti atleti non intendono più correre questi rischi.

Quanto è diffuso, invece, nel settore dilettantistico?
Dal punto di vista istituzionale, la risposta è tecnicamente molto simile. Benché i controlli siano delegati al Ministero della Salute, e quindi non al CONI, né alla Federcalcio, anche fra i dilettanti i riscontri di positività sono pari a zero, salvo una minima percentuale di cannabis e cocaina. La risposta non rappresenta una mia impressione, ma un dato di fatto frutto del lavoro svolto nel tempo. Rimane sempre il timore, riferendoci non solo all’Italia, ma in generale al mondo della WADA (Agenzia mondiale antidoping) che possa evolvere un metodo per doparsi senza che ciò risulti al laboratorio.
Sottolineo un aspetto importantissimo: il laboratorio che esegue i controlli antidoping è sempre lo stesso, quello della Croce Rossa di Roma che ha rilevato tutti i casi recenti di positività nell’atletica leggera, nel ciclismo e nel pattinaggio.
Non cambia, quindi, il rapporto tecnico di analisi. Il riscontro di positività alle analisi, pertanto, non è influenzato dal laboratorio.

Esistono differenze fra i vari sport?
Sì. Il laboratorio di Roma opera le analisi nei diversi ambiti sportivi (calcio, pugilato, ciclismo, atletica, ecc.) e riscontra positività negli sport diversi dal calcio. Il caso Schwazer, per citare un celebre esempio recente, ci fa capire che, evidentemente, nell’atletica la situazione è diversa. Se un atleta ricorre a sostanze dopanti, per noi è doloroso, non certo piacevole. Esistono, però, delle differenze: intendo sottolineare che noi, nel mondo del calcio, non ci riteniamo bravi e non pensiamo di aver risolto il problema, ma siamo sempre vigili nella ricerca di eventuali sostanze che in futuro potrebbero essere usate senza che il laboratorio riesca a rilevarle.

Quali sono le politiche adottate dalla FIGC per prevenire, da un lato, e combattere, dall’altro, il fenomeno?
Questo aspetto è estremamente importante. La politica è quella di ottemperare a tutte le regole dell’antidoping mondiale. Siamo, infatti, perfettamente allineati a tutti i regolamenti della WADA che, attraverso il CONI NADO (Agenzia Nazionale Antidoping), giungono alla Federcalcio.
Dipendiamo, pertanto, direttamente dalle decisioni della WADA e, quindi, del CONI.
Il settore professionistico del calcio è controllato da CONI e FIGC. Il controllo si esegue nella totalità delle partite di serie A, in circa il 50% delle partite di serie B, in circa 1/3 delle partite di LEGAPRO e in più sono controllati a spot il torneo Primavera, il calcio femminile e il calcio a 5. Nelle manifestazioni ufficiali, oltre agli accertamenti della FIGC si aggiungono anche controlli eseguiti “fuori competizione”. Seppur in numero variabile a seconda della stagione, i controlli effettuati dalla FIGC sono circa 2.000 all’anno. La Federcalcio sostiene, inoltre, un progetto di informazione e diffusione della cultura: con “Campioni senza trucco”, stilato e organizzato insieme ad UNICEF, raggiungeremo in quattro città pilota circa 6.000 studenti di scuole medie e superiori, ai quali offriremo la possibilità di seguire i temi attinenti alla sfera della salute e dell’antidoping come materia di studio. I ragazzi cominceranno a comprendere e a digerire gli argomenti con un opuscolo creato dalla Commissione Antidoping qui a Roma. Le prime quattro città pilota sono Potenza, Firenze, Pescara e Crema. Nei prossimi anni, in collaborazione con UNICEF e con il contributo del CONI, che ci affiancherà per migliorare la qualità del lavoro organizzativo, cercheremo di estendere l’ambito del progetto. Il contributo da noi apportato è, quindi, sia culturale, sia scientifico. La Commissione Antidoping dispone, infatti, delle competenze per condurre ricerche, sempre a cura e finanziate dalla Federcalcio, per ricercare, tramite le analisi, sostanze che, per ipotesi, dal punto di vista scientifico e con le attuali regole di laboratorio, oggi non vengono rilevate.
Forniamo, così, alla WADA un contributo in più. Cerchiamo di essere propositivi e collaborativi in un mondo molto vasto, quello dell’antidoping, composto da WADA, CONI e, in questo caso, Federcalcio.
Per noi la lotta al doping non è mai conclusa. Anche se da tanti anni non riscontriamo positività, e questo ci rallegra perché può significare che il nostro lavoro ha conseguito dei risultati concreti, manteniamo sempre alta la guardia e ci sentiamo spronati a continuare la ricerca di soluzioni che possano migliorare la qualità del lavoro.

Pino Capua
Presidente della Commissione Antidoping della F.I.G.C.

Domande poste da Giacomo Ferrara

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