Sport, doping e Università

Angela Caporale

Sempre più spesso il tema delle sostanze d’abuso viene inserito nei programmi accademici con la finalità di trasmettere un’idea “pulita” dell’attività e dell’educazione fisica, mezzi eccellenti per promuovere l’educazione, la salute e il rispetto dei più basilari valori sociali

Lo sport e gli atleti sono, oggigiorno, degli esempi di condotta e comportamento per i giovani ed è quindi particolarmente importante che diventino veicoli di messaggi positivi. Per questo motivo anche le principali organizzazioni internazionali come ONU e UNESCO, ma anche continentali come Unione Europea e Consiglio d’Europa hanno dato impulso alla costituzione di un ventaglio di norme e regole di comportamento uniformi ed il più possibile condivise.
Lo sport può così diventare uno strumento di promozione dei diritti umani, intesi in senso ampio ed inclusivo: questa visione è supportata anche a livello accademico, tant’è che, da alcuni anni, presso la Scuola di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Padova è attivo un insegnamento denominato, prima, “Diritti Umani e sport nel diritto dell’UE” e, ora, “Diritto e Politica Europea dello Sport”. Il corso, tenuto dall’Avv. Jacopo Tognon, componente italiano del Tribunal Arbitral du Sport di Losanna, si occupa di molteplici temi, tra i quali spiccano la normativa nazionale ed internazionale contro il doping nello sport, il rapporto tra sport e discriminazione, la tutela della donna atleta, la tutela della salute, la protezione dei minori nello sport e non soltanto da un punto di vista esclusivamente europeo.
Al di là di questo caso specifico, è sempre meno raro che il tema del doping, declinato nelle maniere più varie, entri tra le aule universitarie. Nello scorso autunno, l’Università degli Studi di Udine in collaborazione con l’Istituto “Maritain” ha, infatti, organizzato una serie di incontri dal titolo “Over the top. Prestazioni, doping e limiti: il senso dello sport e il senso della vita”. Il professor Luca Grion, titolare della cattedra di Filosofia Morale e responsabile scientifico delle conferenze, sintetizza così su controcampus.it l’input dal quale è partito:
“Vogliamo veramente che i nostri figli si formino nel mito della vittoria costi quel che costi? Se questa strada non ci piace e riteniamo utile e saggio coltivare un’idea, romantica, ma non antiquata, di sport come buona pratica di vita e come palestra di vita buona, allora è urgente fermarci e riflettere sul senso della pratica sportiva e sui pericoli che lo insidiano, doping, innanzitutto”.
Un elemento significativo è che studi, conferenze e lezioni per approfondire il tema non sono realizzate e seguite soltanto da studenti e professori di Scienze motorie e affini, ma anche da quelli di scienze politiche e di ambito letterario. Ciò dimostra come il doping sia percepito quale problema trasversale della società e vada quindi affrontato, anche a livello accademico, come tale, coinvolgendo il maggior numero di energie possibile.

Angela Caporale
Collaboratrice SocialNews

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