Guida allo studio di Torquato Tasso, La Gerusalemme liberata

di Tiziana Mazzaglia  @TMazzaglia

Guida allo studio di Torquato Tasso, La Gerusalemme Liberata

torquato-tassoTasso era figlio d’arte, il padre compone un’opera in circa vent’anni e la chiama “Amadigi”, il ragazzo segue il padre nella pubblicazione, che avviene nel 1559. I critici che analizzano le opere stimano più il figlio e malignano dicendo che le ottave venute bene al padre le ha scritte Torquato. Lui stesso racconta l’episodio, di quando il padre legge l’opera in una sala piena di lettori e al termine della lettura alza lo sguardo e vede la sala è vuota. Questo, perché ha scritto in endecasillabi sciolti. Tasso difronte al disastro del padre sceglie di scrivere in ottave e afferma che l’endecasillabo sciolto è noioso. Compone poesie in libertà senza essere retribuito, per diletto e scrive anche opere su commissione, che vengono retribuite. I suoi committenti lo sgridano di perdere tempo in attività gratuite. Nella Lettera al Tassoni, del 1565 vi sono esplicitati gli argomenti proposti per la committenza richiesta da Luigi D’Este, e sono stati tre: 1. crociata; 2. guerra Greco-gotica (VI sec. d.C.); 3. le guerre di Carlo Magno contro i Sassoni e i Longobardi. Quindi, non è Tasso a sceglie l’argomento, lui si limita a proporre una scaletta di argomenti, ma chi sceglie è il committente che ha uno scopo personale e vuole dare risalto alla religione cristiana a discapito dei pagani, per propaganda culturale. Sceglie, infatti, il tema delle crociate. Come mai gli sta a cuore questo argomento? Perché i D’Este sono feudatari dello Stato della Chiesa, perdono Ferrara e mantengono Modena che ha un feudo imperiale. Si incrocia la storia di Renata di Francia, figlia del re di Francia, protestante, quindi, Ferrara diviene un rifugio dei protestanti e il vescovo definisce Ferrara un covo di eretici. Nel 1559 scrive le 116 ottave della Gerusalemme, in cui il particolare è quello della storia, intesa come vero storico. Quando Tasso compone la poesia, e in particolare l’Orlando Furioso tratta elementi di magia, come: armi fatali, castelli incantati. Nella Liberata non può e trova la strategia di tramutala, non si parla più di magia, ma di stregoneria. Tasso sa benissimo che la magia affascina il lettore per dare diletto. Ma, la magia viene reintegrata sotto l’insegna del meraviglioso cristiano e diventa miracolo, intervento divino, invece, la magia dei pagani diventa elemento demoniaco. In la Gerusalemme Liberata vi è l’assedio come nell’Iliade. Sia in Iliade sia in Odissea gli eserciti hanno divinità che intervengono. Un poema ha bisogno di questo tipo di intervento, per catturare l’attenzione del lettore.

Indica un’immagine molto negativa che si ha sull’uomo. Nel ’75 la Libertà è finita e inizia la commissione romana con a capo Scipione Gonzaga coordinatore, ma lieve. Ci sono quattro personaggi, i primi due sono: Dè Nobili ed è il filosofo; Borgeo che è un poeta. I primi due sono figure secondarie. Gli altri due sono figure imponenti, il primo Sperone Speroni, teorico aristotelico, amico del padre e professore Universitario di Tasso, è estremamente rigido, non è un poeta e come tutti i teorici non accetta alcun allontanamento dalla teoria. Impone norme molto rigide e cerca di resistere. Poi, abbiamo Antoniano, che è un religioso, segretario di Carlo Borromeo impegnato nel pieno della riforma Cattolica, un impianto estremamente penetrativo nei confronti della società. Questo è autore di un’opera molto importante “Dell’educatione cristiana” scritta in italiano, perché il suo destinatario è il padre di famiglia che deve essere istruito su come educare cristianamente i propri figli. La poesia deve essere educativa ed è assolutamente bandita quella che parla d’amore e suscita pensieri peccaminosi. Tasso ha queste due figure forti che intervengono nella sua opera. Quando manda a Roma il blocco di carte, Gonzaga le sottopone alla commissione, ognuno di loro apporta modifiche, poi viene spedito tutto a Tasso, così lui rimette mano, poi spedisce poi ricorregge, alla fine diventa matto e va in manicomio, l’opera non viene mai conclusa. Alcune edizioni della Gerusalemme Liberata pubblicano la presentazione in cui Tasso promette parti che poi non sono state scritte. Nell’opera c’è caos e non esiste fisicamente un manoscritto unico. Fanno un collage di epoche diverse. Le ottave sono un sedimentato di questioni teoriche. La prima ottava è sviante, non corrisponde alla Gerusalemme Liberata sembra parlare di un altro testo: “le donne i cavalier l’arte e gli amori” i cavalier sono un plurale indefinito. Il capitano è un soggetto molto chiaro (con poi una relativa) è lui non ci si può sbagliare. Il protagonista sembra Goffredo da Buglione, ma non è così, Tancredi e Rinaldo mancano in questa prima ottava e li troviamo nei compagni erranti che chiudono l’ottava. I due compagni erranti sono coloro che sbagliano e coloro che sono dediti all’erranza, in quanto attività dei cavalieri, tipici personaggi dei romanzi. Il problema è il tradimento della volontà di Dio. L’incipit I, 1 “L’armi pietose e i cavalier i’canto/ che tolse il giogo a la città di Cristo”.  I tre personaggi maschili sono l’allegoria dei tre aspetti dell’animo umano. Tancredi dell’ anima concupiscibile (amore); Rinaldo dell’anima irascibile (guerra); Goffredo dell’anima razionale, la superbia difronte alla bellezza femminile, rimane gelido (razionalità). Infine Gerusalemme è il simbolo delle virtù da conquistare e liberare. Ancora, si ha allegoria nella VI ottava: siamo al sesto anno di guerra. Tasso si avvicina al modello dell’Iliade, ma non parla della guerra, ne parla solo degli ultimi episodi. Fa cominciare l’episodio in Primavera (cosa non vera) la fa finire in autunno (non è vero! Gerusalemme cade a Luglio). Tasso lo sa, ma costituisce allegoria. Si rifà ad unità di tempo che è un anno. La primavera è simbolo di rinascita, l’autunno indica il momento del raccolto in cui si portano a conclusione le cose.

Importante è anche la similitudine del miele. Nella II ottava tasso parla ancora con una Musa. La similitudine è molto interessante: “il miele dolce della Musa” questo episodio si ricollega alla presenza di Antoniano come revisore convinto  che i fanciulli devono conoscere la filosofia morale per poterla applicare e affinché la conoscano bisogna scrivere favole che devono essere come il miele utile a far passare la medicina (medicina=filosofia morale, istituzione morale).

Tancredi e l’amore: Le truppe passano in rassegna davanti a Goffredo e in questo episodio viene descritto Tancredi che è eroico, ma poi cambia. Si tratta di un personaggio con una vita interiore confusa in cui si dirama la follia d’un amore nato tra le armi e in un breve incontro. Si parla di questo incontro attraverso una sorta di ricordo e di flash bach, ci racconta qualcosa del giorno in cui i Franchi avevano visto i Musulmani. Cerca rifugio in un’oasi ed è stanco e travagliato. Ha bisogno di pause, la stanchezza malinconica non è feroce come in Rinaldo. Il termine “Appare”: riferimento ad apparire, inaspettato, improvviso, che viene da altro mondo. Donzella armata, di bella sembianza. Lei si compiace di essere guardata. Ancora non si sa chi sia ed è Clorinda, ma viene svelato dopo. Ha la testa scoperta e si copre con l’elmo che è simbolo della negazione di sé. Clorinda nega se stessa ed è ignota a se stessa. Donna, ma guerriera; etiope, ma bianca. Tutta una negazione, ma ancora è nata cristiana e combatte contro i Musulmani. Nega anche la sua femminilità indossa un’armatura e poi sapremo, anche, che dorme nello stesso letto di Erminia, la quale si ingelosisce, infatti ci sono parole di sanguinaria vendetta di Erminia. Clorinda appare bionda, con i capelli al vento e si ha riferimento a Petrarca e all’incontro con Lura. Il narratore parla con il personaggio e viene rotta l’oggettività. Nell’Eneide, Odissea e Iliade, il narratore non parla mai con i personaggi, scompare non c’è è una dimensione oggettiva. Nel Furioso al contrario continua a saltare fuori dicendo “anche io sono innamorato”. Nella Liberata succede solo con Tancredi. Tasso interagisce solo con Tancredi. Di dove era Tancredi? Era campano come Tasso. Tasso ricorda e cita i grossi colli che sono sul Tirreno. Rompe l’oggettività nei momenti più importanti, quando Tancredi sta per uccidere Clorinda gli dice “fermati, di cosa gioirai dopo”. Tancredi e Clorinda sono descritti come in una sorta di bolla all’interno della battaglia, dialogano, ma arriva un’ondata di pagani e cristiani e un cristiano cerca di ucciderla. Tancredi si accorge e para il colpo con la sua spada, quando in realtà lei è nemica e lui ha il dovere di ucciderla. Clorinda ha una ferita al collo e il sangue che sgorga viene visto come una sorta di gioiello rosso che macchia anche i capelli biondi. Il gioiello è un elemento tipico femminile, una sorta di monile, che rievoca la dimensione femminile negata e che viene risaltata sul punto di morte.  Qui non si parla più di armatura, ma viene dimenticata per dare risalto alla femminilità. Solo con la morte viene riconquistata l’identità naturale femminile. Poi accade che a Gerusalemme ci sono molti cristiani, qualcuno prende un’icona della madonna e la porta nella moschea. La vergine cristiana Sofonia si presenta come colpevole. Uno innamorato di lei, Olindo, il colpevole per poterla salvare dice di essere lui. Cosi, devono morire tutti e due. I due sono sul rogo, questo fuoco è significativo, dovrebbe essere un rogo di passione e invece lo è di morte. Vi è anche una metafora del laccio d’amore: I due sono legati di schiena, originariamente erano legati di testa, faccia a faccia, ma Antoniano lo reputa troppo malizioso e fa correggere, quindi, questo episodio chiedendo a tasso di legarli schiena a schiena e Tasso lamenta che Antoniano richiede troppo pudore. Clorinda li vede si commuove e li fa liberare. Solo in questa scena vediamo direttamente Clorinda, perché prima era un ricordo, un flash bach, qui invece è azione diretta. Lei arriva e permette la salvezza e il loro matrimonio, questa è l’unica coppia dell’opera che ha un futuro insieme.

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