Decreto svuota carceri, il punto di vista dal basso. Intervista ad un operatore sociale

di Ornella Esposito

Passa in commissione Giustizia il decreto legge contro il sovraffollamento della carceri, approvato il 17 dicembre scorso, che dovrà essere convertito in legge. SocialNews intervista Umberto Esposito. FOTO REPERTORIO DI CARCERI PER VOTO SU INDULTO

 E’ stato uno degli ultimi atti del Governo Letta 2013, il cosiddetto decreto “svuota carceri”, misura urgente per fronteggiare il grave problema del sovraffollamento delle carceri italiane costato al Belpaese una “tirata di orecchie” da parte della Corte di Strasburgo.

Come è noto il decreto legge, entrato in vigore il 24 dicembre scorso, va convertito in legge entro 60 giorni, pena la sua decadenza.

SocialeNews ha intervistato Umberto Esposito, assistente sociale che opera presso gli uffici che curano il trattamento socio-educativo delle persone sottoposte a restrizione della libertà del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Mistero della Giustizia .

 Partiamo da una novità importante, l’istituzione del Garante nazionale per i diritti dei detenuti. Quante ce n’era bisogno di questa figura, e quali sono le cause più frequenti di negazione dei diritti dei detenuti?

 L’istituzione di una figura specifica che serva a tutelare i diritti delle persone private della libertà, è una forma indiretta di negazione dello stato di diritto, e nello specifico del sistema penitenziario della negazione dei diritti umani. Tuttavia, mi sento di dire che l’intervento di tutela dei diritti con l’introduzione del Garante da solo non basta, è necessaria una riforma strutturale del sistema penitenziario e giudiziario insieme con la revisione di alcune norme penali di settore.

Le cause di negazione dei più elementari diritti dei detenuti sono ormai alla ribalta delle cronache, come per esempio persone che muoiono in carcere, numerosi casi di suicidio  e non solo dei detenuti ma anche di agenti di polizia penitenziaria. Ma la negazione dei diritti passa anche attraverso condizioni meno note quali i tempi lunghissimi dell’Amministrazione Penitenziara nell’effettuare la regolare prassi amministrativa  per la concessione delle misure alternative, delle misure premiali,  dell’individualizzazione del trattamento adeguato per chi è affetto, a vario titolo, da patologie gravi.

Ancora aperto resta il nodo degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Nonostante la legislazione si sia orientata verso la dismissione degli istituti, nella realtà dei fatti gli internati sono una piccolissima parte del sistema penitenziario,  la categoria che più soffre della mancanza di una tutela concreta. Gli internati sono gli ultimi, quelli nei confronti dei quali la speranza è perduta, sono il “vuoto a perdere” , il costo vivo da sostenere senza alcun ritorno funzionale e diretto per la società.

Ci elenca sinteticamente le novità del decreto?

Sostanzialmente le novità sono le seguenti: liberazione anticipata ossia lo “sconto” per la buona condotta passa da 45 a 75 giorni ogni 6 mesi di carcere. La misura, che scatta sempre con l’ok del giudice, avrà valore retroattivo dal gennaio 2010 e varrà 2 anni dall’entrata in vigore della legge. Produrrà un’uscita anticipata che nel massimo arriva a 6 mesi, e  interesserà potenzialmente 1.700 persone. A questa quota si aggiunge quella relativa agli sconti più bassi, di pochi mesi o settimane, con ulteriori uscite spalmate nel tempo stimate in circa 7mila: si tratta ovviamente di persone che usciranno a scaglioni dopo valutazione del giudice, e che sarebbero uscite comunque in tempi rapidi. Affidamento in prova, viene innalzato da 3 a 4 anni il “tetto” di residuo pena da scontare per il quale si può beneficiare dell’affidamento in prova ai servizi sociali e senza più limiti alla concessione del beneficio. Tuttavia bisogna tener presente, come in ogni circostanza giudiziaria, della capacità di sintesi del giudice, in questo caso quello competente per l’esecuzione, e della discrezionalità valutativa dello stesso nell’applicazione del dettato normativo. La stima è che riguardi 1000-1500 persone.

Detenzione domiciliare, la misura che consente di trascorrere a casa gli ultimi 18 mesi di detenzione, che era già stata introdotta in maniera temporanea e sarebbe scaduta il 31 dicembre, si è dimostrata efficace, consentendo, al 30 settembre 2013, la scarcerazione di 12.109 detenuti, e ora diventa stabile.

Braccialetto elettronico, viene ampliata l’adozione di questo strumento per la detenzione domiciliare: finora i magistrati l’ hanno applicato poco, ora saranno obbligati a stendere delle motivazioni quando non lo adottano perché ritengono il soggetto troppo pericoloso. Resta fermo che il detenuto deve dare il consenso.

Espulsione extracomunitari, le procedure di identificazione dovranno essere avviate subito dopo la carcerazione e viene potenziata l’espulsione immediata in alternativa agli ultimi due anni di pena per alcuni reati minori. La platea potenziale è molto alta, teoricamente 4mila persone, ma il dato va calato nel concreto. Per fortuna il reato di clandestinità è stato abolito da pochi giorni.

Tossicodipendenti, si accresce l’affidamento in casi particolari per i detenuti tossicodipendenti per favorirne la cura nelle comunità di recupero che potranno beneficiare della misura anche in caso di recidiva per reati minori. Viene modificata la Fini-Giovanardi e arriva il reato di «spaccio lieve» con pene da 1 a 5 anni, cioè più basse che per lo spaccio tout court, e multe da 3 a 26mila euro.

Nella pratica, quali sono le ricadute sui servizi della giustizia e socio-sanitari (per esempio quelli per le tossicodipendenti) del nuovo decreto?

E’ facile intuire che in una condizione di emergenza le ricadute sui servizi penitenziari,  e su quelli socio sanitari territoriali sono pesanti. Gli uffici di sorveglianza, che sono principalmente interessati insieme con gli uffici di esecuzione penale esterna, che sovrintendono le misure alternative alla detenzione, già congestionati, rischiano la totale paralisi. L’attuazione del decreto legge è senza oneri economici aggiuntivi, e ciò fin quando non finirà la condizione di emergenza. In una situazione di assoluta sofferenza operativa dovuta alla mancanza di personale qualificato e alla obsoleta condizione tecnologica degli uffici dell’Amministrazione Penitenziaria, sarà un compito arduo rendere onore al testo normativo. Sicuramente i servizi territoriali specialisti e in particolare i Ser.T vedranno un incremento dei trattamenti sanitari e delle prestazioni relative alla concessione delle misure alternative previste per i tossicodipendenti, così come le strutture di accoglienza residenziali e semiresidenziali vedranno crescere il numero di richieste dei soggetti che vorranno intraprendere progetti riabilitativi.

Con il nuovo decreto, si evita la massiccia carcerazione delle persone che fanno uso di stupefacenti come da tempo segnalato dalle associazioni di categoria del no profit?

 Considerando che poco più del 40% delle persone detenute ha commesso violazioni relative legge sulla droga, non credo che ci saranno grosse evoluzioni circa la detenzione di coloro che usano e diffondono sostanze stupefacenti. Si è agito sulla riduzione provvedendo, come ho detto, a smussare la condizione edittale delle pene  e riducendo l’afflittività di alcuni articoli inerenti lo spaccio. Il problema dell’ utilizzo e della diffusione delle droghe e delle sue conseguenze (come appunto la detenzione), è una questione principalmente culturale che resta ancorata a logiche punitivo-repressive lontane delle evoluzioni che il villaggio globale vive.

 Rispetto invece ai magistrati di sorveglianza, pare che il decreto ne vada ad ampliare le funzioni. Ci spiega meglio? Soprattutto la magistratura di sorveglianza è attrezzata adeguatamente?

 L’intenzione normativa più che ampliare le competenze tecniche del MdS si orienta verso una semplificazione delle competenze della magistratura, sulla quale gravera’, in termini organizzativi, il peso dell’intervento d’urgenza. Gli uffici della giustizia afferenti alla fase esecutiva della pena soffrono dei medesimi mali degli istituti penitenziari: la mancanza di personale in pianta organica, la cattiva gestione dirigenziale, lo spreco delle risorse e l’eccessiva burocratizzazione del sistema. Tutto ciò, renderà sicuramente più difficile il raggiungimento degli obbiettivi prefissati.

 Secondo il suo punto di vista di operatore sociale, dedito alla riabilitazione dei detenuti, come valuta il decreto svuota carceri?

 Ad una attenta disamina della legge, considerato il contesto storico-politico che il paese vive, il DL non fa una grinza. E quasi perfetto. Ma non è ciò di cui i cittadini e i detenuti e gli internati hanno bisogno. E’ necessaria soprattutto la sostenibilità della vicenda esecutiva delle pene. Strutture detentive orientate all’effettiva rieducazione del reo, e un politica di comunity-care in grado di sostenere e accogliere le persone offrendo opportunità concrete di reinserimento.

In questo modo si fanno uscire i detenuti, certamente, ma la domanda è: quanto tempo resteranno fuori?

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