Le problematiche psicologiche legate all’adozione

Foto: lindipendenza.com

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Quando manca una famiglia oppure quando una sentenza del tribunale per i minorenni sancisce lo stato di abbandono di un minore, quest’ultimo può essere adottato.
Con l’atto di adozione il minore taglia definitivamente il rapporto con la sua famiglia di origine e ciò può essere vissuto come una nuova nascita, di una nuova identità che si assume. Come solitamente si fa per un figlio biologico, anche i genitori adottivi si costruiscono “immagini” di come sarà il bambino: cercheranno di pensare come sarà fisicamente e caratterialmente, anche se questa immagine è meno rassicurante in quanto ci si interroga pure riguardo a cosa ha ereditato dai genitori biologici; questi sono però dubbi che rimangono. L’immagine del bambino adottato era, è e sempre sarà il frutto delle aspettative dei genitori, che non sempre corrispondono alla realtà: può infatti capitare che l’immagine ‘pensata’ e quella ‘reale’ del bambino non siano uguali, e che l’ultima (la reale) in effetti non sia sempre la migliore. Il momento dell’adozione è vissuto dai genitori come una storia che inizia ex-novo: il bambino è anche considerato da nuovi genitori senza una storia propria, infatti questi ultimi tralasciano spesso ogni esperienza passata, che viene considerata come non facente parte della loro vita. Questi sono tutti fattori che portano alla scelta di preferire bambini molto piccoli.
Un timore per genitori adottivi è sicuramente il fatto che il figlio non si affezioni a loro: capiterà più avanti negli anni che si faccia strada nel ragazzo la “curiosità genealogica” cioè quella normalissima tappa che conduce l’adottato a ricercare notizie sui genitori naturali. Questo pensare al figlio che ricerca notizie sulle proprie ‘vere’ origine mette in competizione i genitori adottivi con i genitori naturali, facendo temere ai primi che i preferiti siano i secondi.
Non è da prendere sotto gamba il fatto che con l’adozione il bambino ha la sensazione di essere desiderato e accettato, ma pure la certezza del rifiuto da parte dei genitori naturali: non conoscendo le cause di ciò egli può ancora avere paura di essere abbandonato e, non fidandosi dei genitori nuovi, si ribella arrivando anche ad avere comportamenti aggressivi. Questi sono comportamenti messi in atto per verificare se si è amati veramente e fino a che punto.
Dal punto di vista genitoriale solitamente è la moglie che decide per l’adozione, per dare senso alle proprie giornate e alla propria vita; può capitare che il marito acconsenta all’adozione, ma che veda nel ragazzino un rivale. Se il rapporto di coppia era precario e le intese per l’adozione erano solo formali l’ingresso in famiglia del bambino potrà poi causare tensioni molto gravi.
Ma una volta passato questo momento di difficoltà, quale è l’inserimento e dell’adattamento reciproco, il bambino deve essere sicuramente reso in grado, naturalmente in maniera progressiva, di raggiungere una propria individualità attraverso un processo di ‘autonomizzazione’ da parte dei genitori adottivi.

di Mauro Farina

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