L’ingerenza cinese

Giulia Angelon

Il mondo è come una partita di Go…e il ruolo di Pechino nella crisi in Medio Oriente ne è un esempio evidente.

Due le principali strategie che dominano il campo: da un lato l’hard power occidentale alimentato dall’utilizzo di missili e operazioni militari, dall’altro il cold power orientale che distoglie l’attenzione dall’azione ponendo l’accento sulla consapevolezza internazionale e locale della presenza cinese nel Paese. Per la Cina, l’unica soluzione possibile al conflitto sembra essere quella politica, non tanto per una difesa disinteressata della Siria, quanto per garantire una generale stabilità al Medio Oriente. Tra le conseguenze di un possibile disequilibrio nell’area, infatti, vanno presi in considerazione l’effetto ‘contagio’ della Primavera Araba in territorio cinese e la diffusione del terrorismo islamico attraverso i confini occidentali. L’allargamento del conflitto o delle strategie rivoluzionarie islamiche o, comunque, la manipolazione delle coscienze da parte del fondamentalismo musulmano sono vissuti dalla Cina come rischio concreto. Ed è opinione condivisa dagli osservatori internazionali che la posizione neutrale di Pechino voglia nascondere anche le controversie internazionali e di violazioni dei diritti umani, Tibet in testa. Non essere più in grado di controllare la popolazione, monitorarne il pensiero, penetrare ogni network e negare diritti umani universalmente riconosciuti…è questa la grande paura del sistema monopartitico cinese. Ma Pechino si preoccupa anche degli aspetti economici, considerando la Siria come il principale fornitore energetico e anche uno dei più validi importatori dell’Impero. Allora è in atto una precisa strategia: “Vincere senza combattere”.
L’impegno di Pechino, svincolato da contingenze politiche, rientra in un puntale piano strategico: far dimenticare la paziente ascesa dell’Impero cinese e lasciare i riflettori puntati sul resto del mondo.

Come recita il secondo comandamento del Go:
“Si penetra la sfera avversaria gentilmente e semplicemente”.
“Una giocata non è mai buona o cattiva – è il modo in cui ci si serve di quella pietra che è buono o cattivo”.

di Giulia Angelon
Collaboratrice SocialNews, responsabile area studi, analisi e ricerche @uxilia onlus

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