L’Europa oltre il rigore

Silvia Costa

È stato abolito il fondo straordinario istituito dal Governo Prodi per il piano nazionale per gli asili nido, e i bambini italiani di età compresa tra 0 e 3 anni sono coperti solo per il 15%, contro il 33% previsto dall’Europa nel 2012.

È un momento molto difficile per l’Europa. La crisi sta creando nuova povertà, sta riducendo l’occupazione e sta rendendo marginali molti strati sociali. Si impone, dunque, da parte del Parlamento Europeo, l’elaborazione di una strategia contrapposta a quella che indica il rigore quale unica ricetta praticabile.
I più recenti dati Eurostat e la ricerca presentata da Caritas Europa confermano l’aumento significativo della povertà e reclamano una riforma adeguata del welfare che passi attraverso il reddito minimo di cittadinanza, misure di inclusione attiva nel mercato del lavoro e maggiori opportunità per i soggetti maggiormente a rischio.
In Italia, il dato reale è allarmante tanto quanto la sua percezione. Lo testimonia il recente rapporto BES ISTAT-CNEL, che indica un tasso di occupazione per i lavoratori di età compresa tra i 20 ed i 64 anni del 61,2%. Situazione reale che determina sfiducia verso le istituzioni ed il futuro, in particolare tra i giovani.
Nel nostro Paese, la povertà è aumentata per il contrarsi dell’occupazione, per il conseguente drastico ridursi della tradizionale propensione al risparmio delle famiglie italiane (l’Italia ha il più basso debito privato in Europa) e per la speculazione sull’euro praticata in misura superiore rispetto agli altri Paesi membri, con una durata troppo breve del regime di doppia valuta ed in assenza di una reale vigilanza sui prezzi. Contemporaneamente, ha agito a danno del Paese la stretta su tre pilastri basilari della spesa sociale: l’aumento dei tickets nelle regioni con il sistema sanitario in condizione di maggiore dissesto economico, la drastica riduzione, a partire dal 2007, del fondo per le politiche sociali da 2,7 miliardi a 300 milioni, con conseguenti ed insostenibili tagli ai servizi ed ai trasferimenti a Regioni e Comuni ed i tagli alla scuola, con la riduzione del tempo pieno e delle attività integrative extracurriculari.
Le situazioni di maggiore difficoltà riguardano le famiglie con più figli o con un genitore disoccupato e gli anziani soli. La fragilità familiare diventa, poi, anche fragilità economica nel caso dei padri separati.
È stato abolito il fondo straordinario istituito dal Governo Prodi per il piano nazionale per gli asili nido, e i bambini italiani di età compresa tra 0 e 3 anni sono coperti solo per il 15%, contro il 33% previsto dall’Europa nel 2012. Si allarga la forbice tra Nord e Sud del Paese e in questo contesto divengono sempre più difficili le condizioni delle famiglie numerose, monoreddito o monoparentali.
Negli altri Paesi dell’Unione, la crisi ha indotto molti Governi, come, per esempio, il Belgio, ad aumentare la protezione sociale e le detrazioni familiari per le spese di casa, scuola e alimentari nelle famiglie con minori.
Il Parlamento Europeo, intanto, lavora su più fronti. La risoluzione 2010 sul ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa ha sostenuto l’introduzione di sistemi di questo tipo in tutti gli Stati membri quale modo più efficace per combattere la povertà, garantire un adeguato standard di vita e favorire l’integrazione sociale.
Nella stessa direzione vanno la misura per l’inclusione sociale prevista dal Fondo Sociale Europeo 2014-2020 ed il nuovo strumento di micro-finanza per le piccole imprese e le attività autonome rivolto, in particolare, alle persone che incontrano difficoltà di accesso al credito tradizionale (disoccupati o lavoratori a rischio ed imprese dell’economia sociale).
Ancora, è al varo un nuovo programma europeo per l’istituzione di un fondo per aiuti alimentari e misure integrative per le persone indigenti, per il quale, in qualità di relatore ombra, ho presentato emendamenti in Commissione FEMM ed in Commissione EMPL.
Sul versante nazionale, a questo si aggiunge il significativo contributo che il FSE, tramite l’Accordo Stato-Regioni 2009, ha fornito alla cassa integrazione in deroga, l’ammortizzatore sociale per i dipendenti delle imprese con meno di 15 addetti che non possono accedere alla CIG ordinaria. Queste risorse sono in esaurimento con la fine del settennio 2007-2013, ma vengono comunque contemplate nella nuova programmazione.
La sola via possibile, oggi, appare quella degli investimenti. Nell’informazione, nella formazione e nell’innovazione tecnica e sociale, per la creazione di nuova occupazione anche attraverso infrastrutture, materiali, immateriali e tecnologiche che possano aprire la strada alla ripresa e ad uno sviluppo reale.

Silvia Costa
Deputato al Parlamento Europeo
Membro della Commissione Cultura e Istruzione e membro supplente della Commissione Diritti della Donna e Uguaglianza di Genere e della Commissione per le Libertà Civili, la Giustizia e gli Affari Interni.

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