Sentirsi inutili o incapaci

Matteo Maselli

Ogni anno, in Italia, sono un milione e mezzo le persone coinvolte in casi di mobbing su 21 milioni di occupati (dati Ispesl). Gli operai sembrano le vittime con la percentuale più alta.

Sono trenta gli anni da lavoratore dipendente che Francesco (nome di fantasia) ha donato ad un’azienda agricola situata a San Giorgio di Piano, un paese della provincia di Bologna. Trent’anni di impegno e sacrifici, di soddisfazioni personali e crescita. Ora si vede costretto a cambiare lavoro a causa di un “cambiamento gestionale” partito dai vertici dell’azienda.
Francesco si è formato come apprendista e, piano piano, di livello in livello, ha scalato le gerarchie interne all’azienda, assumendo un ruolo di rilievo per l’organizzazione del prodotto. Ma, quando il dipendente è arrivato a pochi anni dalla pensione, è successo qualcosa che lo ha cambiato per sempre: è diventato un peso per l’azienda. Dal racconto di Francesco possiamo riconoscere due strategie di mobbing comunemente utilizzate dalle aziende: quella del sovra lavoro e quella della riduzione repentina delle mansioni.
«Inizialmente, non ho realizzato di essere diventato un peso per l’azienda. – racconta Francesco – Quando ho iniziato a svolgere mansioni che sarebbero state impossibili per un solo lavoratore, ho capito, però, che non si trattava solo di un ampliamento della produzione». Si trattava, infatti, di una precisa tattica, chiamata “Bossing”, che mira a far perdere la fiducia in sé stessi e la propria autostima e far sentire i lavoratori inadeguati alle mansioni che devono svolgere. In un primo periodo, Francesco è stato costretto a lavorare anche 16-18 ore al giorno per far fronte alle richieste aziendali, svolgendo un elevato numero di mansioni ad alta responsabilità che lo hanno posto in uno stato di stress costante. Poi, la svolta: osservando che questa strategia non portava i frutti sperati, la direzione ha cambiato tattica iniziando a fare l’opposto, diminuendo via via gli incarichi che Francesco doveva eseguire. «Mi hanno affiancato un ragazzo nuovo – ricorda – e in poche settimane hanno smesso di comunicarmi informazioni e decisioni interne all’azienda. L’unico referente è diventato, paradossalmente, il mio assistente». Da quel momento, Francesco ha iniziato ad incontrare difficoltà sempre maggiori nello svolgimento del proprio lavoro a causa dell’incompletezza delle informazioni di cui necessitava. «Può sembrare strano – afferma – ma sentirsi inutile è peggio che sentirsi incapace». Francesco ha una famiglia, una moglie e due figli, ed è arrivato ad un passo dal rassegnare le dimissioni per evitare di entrare in un tunnel depressivo. È sostanzialmente questo l’obiettivo che chi esercita mobbing intende ottenere: se non ci sono motivazioni valide per licenziare un dipendente, si fa in modo che sia il dipendente stesso a richiedere il licenziamento.
Ogni anno, in Italia, sono un milione e mezzo le persone coinvolte in casi di mobbing su 21 milioni di occupati (dati Ispesl). Gli operai sembrano le vittime con la percentuale più alta. Una nota positiva, comunque, rimane: l’Italia appare sotto la media rispetto ad altri Paesi europei in cui si verificano casi di mobbing. Resta da accertare quanti lavoratori siano coscienti di subirlo e in quanti presentino denunce ai sindacati. Ad esempio, Francesco, nonostante tutto, non ha sporto alcuna denuncia: «Ho deciso che sarei ricorso ai sindacati solo se ne fossi stato assolutamente costretto e solo se avessi avuto coscienza che la mia situazione era oramai irrimediabilmente compromessa. Adesso mi accorgo che ho sbagliato perché l’impunità che ho concesso a quell’azienda permetterà alla stessa di potersi accanire su un altro dipendente scomodo». Un altro problema preoccupante è la paura dei lavoratori di ricorrere ai sindacati per non entrare nella lista nera delle aziende, non consapevoli del fatto che, all’interno di quella lista nera, ci sono già. Fortunatamente per il protagonista della nostra storia, un’altra azienda del settore gli ha fatto una proposta molto vantaggiosa e adesso Francesco lavora in un ambiente più sano. Purtroppo, però, molti lavoratori soggetti a mobbing non hanno la fortuna di trovare un altro lavoro così velocemente, rassegnandosi a chiedere il licenziamento e rimanendo disoccupati con una famiglia a carico. Quindi, quando si avverte il sentore di essere vittime di mobbing, la migliore pratica è quella di reagire, rivolgendosi per scopi tutelativi ed informativi ai sindacati che in seguito agiranno di conseguenza.

Matteo Maselli
Scienze della Comunicazione Pubblica e Sociale – Università Alma Mater Studiorum di Bologna

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